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Laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa

Laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa. Anno Accademico 2008-09 Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03 Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo. Lezione III Istituzioni politiche a Roma

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Laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa

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  1. Laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa Anno Accademico 2008-09 Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03 Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo. Lezione III Istituzioni politiche a Roma Dott. Ferruccio di Paolo

  2. Istituzioni politiche a Roma • Introduzione • La Monarchia • La Repubblica • Il Principato • Il Dominato

  3. Roma:una società ascrittiva o acquisitiva? • pur con le sue indubbie peculiarità, anche quello della Roma della monarchia, della repubblica e del principato, prima e dopo l’avvento del Cristianesimo, è e resta un mondo intimamente ascrittivo, come all’ascrittività appartengono, sin dalle più remote origini, anche le sue istituzioni politiche.

  4. I fondamenti di una società ascrittiva • Eteroriferimento del singoload un superiore principio religioso, metafisico o tradizionale, che disciplina ogni aspetto della vita sociale e individuale • L’ordine romano è riconosciuto dalle divinità, le quali immettono simbolicamente il proprio sangue nella stirpe romana. • Religione romana permea ogni attività • Religione pubblica e religione privata • Statue viventi degli dei • Indigitamenta • Case History: comizi consolari. «un uomo molto saggio ha preferito ammettere la propria colpa, pur potendola nascondere, piuttosto che vedere la repubblica affetta da una contaminazione religiosa, e i consoli preferiscono rinunciare immediatamente al potere sovrano, anziché conservarlo un attimo in più in contrasto con la religione » Cicerone • Cristianesimo • Conferma della supremazia dell’aspetto religioso • Case History: strage di Tessalonica e prostrazione dell’imperatore

  5. I fondamenti di una società ascrittiva • forte identificazione dell’individuo nella sua comunità, che è vissuta come “condivisione necessaria” • prima comunità l’Urbs • poi si dilata divendo l’appartenenza alla cittadinanza romana • disuguaglianza tra gli uomini (per etnia, religione, nascita, casta, gruppo sociale) sia dentro che fuori dal gruppo

  6. I fondamenti di una società ascrittiva • “corso di vita” e “destino sociale” degli individui in gran parte stabilito da una volontà superiore o collettiva e dal loro status. • Dinamica evidente sin dall’inizio della storia romana (diritto di nascita)il patriziato dava i suoi uomini tanto alle cariche politiche, come consoli e dittatori, che a quelle religiose, quali auguri e pontefici massimi.L’alleanza tra lo spirito politico e quello religioso così costituita è stata perfetta fintanto che sia l’auspicium che l’imperium erano stati gestiti da uno stesso ceto. • Le grandi famiglie.

  7. La società romana • Grande lavoro di razionalizzazione e codificazione di una società ascrittiva, al punto da renderla intellegibile anche a chi come noi vive nell’era della soggettività e ha difficoltà ad immedesimarsi nelle diverse dinamiche quotidiane. • Una razionalizzazione che noi troviamo anche nei momenti di eccezionalità. Le forme di potere tradizionale e carismatico tipiche di una società ascrittiva sono entrambe presenti e codificate dalle norme romane: i consoli, con il loro portato di tradizione, appartenenza al ceto dominante, ed il dictator , il capo carismatico che subentra nei momenti di crisi. • Tutto questo sempre nell’ambito di un costante riconoscimento di un superiore principio metafisico e religioso (es. nomina del dictator di notte, in silenzio, con la persona rivolta verso oriente, e in territorio romano).

  8. La società romana • Meglio che da chiunque altro, il precipuo carattere assunto dall’ascrittività presso i Romani viene spiegato da Theodor Mommsen attraverso il concetto di res publica, vale a dire di “cosa pubblica”, che noi traduciamo con “stato”. • In particolare, afferma l’autore che il concetto di stato dei romani poggia sull’attribuzione ideale della capacità di agire alla cittadinanza, il populus, e sulla sottomissione della volontà particolare di ogni persona fisica che fa parte della collettività a questa volontà generale, per cui l’annullamento della indipendenza individuale di fronte alla volontà generale è il criterio dell’associazione statuale.

  9. Lo spazio latino • Identificabile da un asse ideale che partendo dalla cima più alta dei Colli Albani (il Monte Albano, odierno Monte Cavo) arrivava alle falde di un bosco sulla riva del Lago di Nemi. • Le due estremità dell’asse erano dedicate a Giove Laziare e a Diana Nemorense (da nemus, bosco). • Simbologia: dialettica cosmica: maschile/femminile, alto/basso, luce/tenebra, aria/acqua, costituendo per le diverse, e differenti, città latine un mondo comune. • Popoli latini “quelli che prendevano parte al banchetto sacrificale del Monte Albano” partecipavano a questo incontro rituale in cui, in uno spazio e in tempo festivo si componeva una momentanea unità politico-culturale. • Realizzava in nuce e in un tempo limitato l’idea di uno stato interetnico, come sarà poi quello romano

  10. Lo spazio latino • Regnum, la più antica istituzione politica dello stato romano, dove la rappresentanza è attribuita a un membro della comunità stessa: il REX. • REX. • la durata della carica • attribuita mediante un ordine di successione stabilmente regolato • La sua rappresentanza è piena, e vale di fronte agli dèi, ai cittadini, ai popoli stranieri, tanto in funzione di supremo sacerdozio, che nell’esercizio della giustizia, nel comando degli eserciti o nell’amministrazione del patrimonio pubblico • Né di diritto, né, di fatto, si tratta di una potestà illimitata, dovendo essere sottomessa alla legge, e ove la legge lo richieda, al consiglio della comunità e della cittadinanza. • solo gli atti compiuti dal rex come rappresentante della comunità sono atti della comunità.

  11. Lo spazio latino • Con la cacciata dei Re (autonomia dai Sabini prima e dagli Etruschi poi) i Romani procedono definitivamente alla esautorazione del re. Ciò che i Latini facevano ogni volta che convenivano al complesso cultuale di Giove Laziare • Lo spazio latino si sposta dentro la città di Roma: erezione sul Campidoglio di un tempio a Giove, che, in quanto venerato con il titolo di Ottimo e Massimo, era da considerare “migliore” e “maggiore” del Giove Laziare • Ciò pone le basi per portare a termine quel percorso egemonico messo in campo da Servio Tullio con la costruzione del sacrario federale di Diana sull’Aventino

  12. Res publica • 510 a.C. iniziala res publica, termine che designa lo stato in quanto tale, • denota l’abolizione dell’unità e della durata vitalizia nella rappresentanza comune. • La carica del rex rimane associata esclusivamente ad alcune funzioni religiose in qualità di rex sacrificulus

  13. Populus e senatus • I termini del potere • Auctoritas qualità proprie di una istituzione alle quali gli individui si assoggettano in modo volontario per realizzare determinati scopi comuni. • Potestas indica la rappresentanza della volontà generale con limitata competenza. E’ è una manifestazione di un potere socialmente riconosciuto • Imperium Il diritto di esprimere la volontà dello stato e di comandare in nome della comunità come forma di potestas legata al potere militare • il magister, da cui magistratus, è titolare dell’imperiun che ne costituisce elemento essenziale • console, • dictator, • magister equitum • Praefectus urbis • In seguito anche l’imperator che risulta titolare di imperium solo allorché egli è stato salutato come vincitore o dai soldati sul campo, o dal senato

  14. Populus e senatus • I COMITIA possono essere intesi come delle camere basse, che agivano collateralmente al Senato • Rispondevano a diversi modi di ordinare il popolo romano • comitia curiataordinati in base ai raggruppamenti gentilizi. L’appartenenza è legata alla discendenza di sangue. • comitia centuriata ordinati in base al censo e all’età; ricalca l’organizzazione militare. • 188 centurie di cittadini obbligati al servizio alle armi • 6 composte da patrizi * • 12 composte da plebei con alto reddito * • 85 seniores • 85 juniores • 5 centurie di mestieri legati all’esercito • comitia tributa suddivisione del popolo in base alle circoscrizioni domiciliari. Criterio della residenza. Inizialmente 20 circoscrizioni, che arrivarono fino a 35. *solo le prime 18 centurie sono mantenute alla loro dimensione nominale di 100 membri

  15. Populus e senatus • I COMITIA • I comitia tributa • continua pressione anti-gentilizia da parte della plebe. • In principio essi rappresentarono uno strumento della organizzazione plebea e configurandosi giuridicamente come concilia, ossia non avevano il potere di emettere leges, ma plebiscita • A cavallo tra il IV e il III secolo a.C. si cominciò a riconoscere a questa assemblea la facoltà di produrre deliberazioni che avessero potere vincolante su tutti i cittadini, e quindi essa non poteva più essere limitata alla sola plebe, ma doveva raccogliere anche la componente patrizia della civitas romana, trasformandosi a tutti gli effetti da concilia a comitia.

  16. Populus e senatus • I COMITIA • In queste assemblee i voti non venivano mai computati in rapporto all’espressione del singolo cittadino partecipante, bensì per unità (ogni centuria o ogni tribù rappresentava un voto). • La differenza tra le due assemblee, era data dalle rispettive competenze. • Centuriata: elezione di • Consoli • Pretori • Censori • In materia giudiziaria: compiti di “appello” per i reati che comportavano la pena di morte • Ratificazione delle dichiarazioni di guerra • Tributa: elezione delle magistrature minori • Edili • Questori • In età tardo repubblicana anche l’elezione dei pontefici • In materia giudiziaria: compiti di “appello” per i reati puniti con pene pecuniarie

  17. Populus e senatus • IL SENATO • Il nome senatus deriva da senex “consiglio degli anziani”, • costituita da: • i patres originario senato patrizio, che godono della pienezza dei diritti • dai conscripti i membri aggregati di origine plebea, (vi hanno avuto accesso, a seguito della Lex Licinia Sextia, del 367 a.C. che prevedeva inoltre l’accesso dei plebei ad uno dei due seggi del consolato, magistratura sino ad allora tipicamente patrizia). • Possono accedere al Senato solo coloro che hanno superato i 46 anni di età e sono dunque liberi dal servizio militare • Il numero dei membri del Senato è considerato ab antiquo come fisso, passato da quello di cento della comunità primitiva, ai trecento della Roma repubblicana, finché Silla lo portò a seicento e questo numero fu pure mantenuto dall’imperatore Augusto.

  18. Populus e senatus • IL SENATO • L’entrata dei plebei in Senato crea una nuova élite • I nuovi elementi plebei non creano uno schieramento “avverso” al fronte patrizio, ma ascrittivamente “aderirono in pieno al loro sistema di valori, alla loro mentalità, come e forse anche più degli aristocratici di più antico lignaggio. • nel loro moto di rivolta, i plebei avevano sempre rivendicato una partecipazione al potere, non una volontà di osteggiarlo e quindi si capisce bene che la loro integrazione nel sistema patrizio non contraddicesse gli intenti della loro ribellione . • solo nelle società industriali capitalistiche, caratterizzate dalla rottura dei vincoli corporativi, dalla venalità e mobilità dei fattori produttivi, dall'equiparazione giuridica degli individui e dal trionfo del principio meritocratico-acquisitivo su quello ascrittivo, le classi si costituiscono oggettivamente e soggettivamente, determinando la natura dei conflitti sociali e politici. (Giddens A.)

  19. Populus e senatus • IL SENATO • Il diritto di convocare il senato spetta ai magistrati titolari di imperium, al console, al pretore urbano e successivamente al princeps. • L’atto di convocazione non deve riportare gli argomenti di discussione • prima delle riunioni del senato, si interrogano gli dei attraverso prima l’osservazione degli uccelli e successivamente l’ispezione delle viscere di una vittima sacrificale. • Nell’interrogazione su una singola questione, ogni senatore esprime la sua sententia, sulle misure da adottare. Se il discorso del magistrato contiene una proposta, si può giungere anche subito alla votazione, ovvero al senatus consultus per discessionem.

  20. Populus e senatus • IL SENATO • anche quando gradualmente il potere dei patres venne ridotto a favore di altre magistrature, il Senato rimane l’organo ispiratore della politica repubblicana vagliava le proposte di legge del magistrato e collaborava alla loro stesuraa volte elaborava con un senatus consultum proprie proposte da far presentare ai comizi dal magistrato. aveva inoltre l’assoluto governo della politica estera e quindi dei rapporti diplomatici e della condotta della guerra

  21. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia

  22. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia • QUESTORE • Il termine quaestor linguisticamente richiama l’attività svolta dall’istituzione della quaestura, e cioè il “quaerere”, la “provocazione obbligatoria”, nell’ambito dei processi penali, gli iudicia populi innanzi alle giurie, le quaestiones. I quaestores hanno una posizione di aiutanti rispetto ai consoli e questa magistratura minore sembra sia stata da sempre accessibile anche ai plebei. • I candidati dovevano avere almeno 30 anni, solo i patrizi potevano anticipare la loro candidatura di due anni, sia per questa, sia per la altre cariche. • Dal 421 a.C. a ciascun console furono assegnati due questori, uno per l’amministrazione cittadina ed uno per quella militare. • Dal 267 a.C. il numero totale salì a otto. Inizialmente i questori erano nominati liberamente dai consoli, mentre successivamente fu introdotto l’obbligo di ottenere l’assenso del popolo sui nominativi proposti mediante interrogazione dei comizi tributi

  23. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia • EDILE • Il termine significa letteralmente “portiere” o “sovrintendente alla casa”. • Gli Edili avevano responsabilità amministrative principalmente di carattere infrastrutturale; erano dunque una magistratura con una partecipazione minore all’imperium, che dava loro • facoltà di multare e pignorare, • con compiti di polizia delle strade e dei mercati, • si occupavano della manutenzione dei templi e degli edifici pubblici della città, • sovrintendevano alle forniture di acqua e cibo • vigilanza delle feste popolari ed all’assegnazione dei danari pubblici ad esse destinati. • A 36 anni, gli ex questori si potevano candidare per l'elezione ad una delle quattro cariche di Aedilis.

  24. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia • PRETORE • Per le elezioni dei pretori e la durata della loro carica valgono le stesse regole stabilite per il consolato. • La competenza del pretore non è in alcun modo autonoma, ma anzi è e resta subordinata alla consolare. Nonostante il suo proprio imperium, egli funziona come aiutante del console in sua presenza, mentre nel resto la carica pretoria è legalmente uguale nell’essenza alla consolare. • A differenza dei consoli non ha facoltà di tenere comizi consolari e pretori • Ad esempio, se i consoli non sono presenti in Roma, il praetor urbanus tiene la presidenza del senato e disimpegna le altre funzioni consolari

  25. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia • CONSOLE • consules, “coloro che camminano insieme”, o “coloro che siedono (e quindi deliberano) insieme” (collegialità). • La carica, riservata in origine ai soli patrizi, dal 367 a.C. è divisa tra patrizi e plebei e dal 342 a.C. anche il secondo posto è aperto ai plebei, (sebbene non si abbiano di fatto due consoli entrambi plebei fino al 172 a.C.) • L’elezione è compiuta dai comizi centuriati e successivamente da quelli tributi e la durata della carica è annuale • Ai consoli spettano nel governo civile • la direzione dell’amministrazione, • i compiti di polizia, • il tenere i comizi consolari e pretori • il trattare con il senato e con il popolo • tutta la direzione della guerra • Il Console aveva diritto di veto sulle decisioni dei Questori, degli Edili e dei Pretori, mentre non aveva alcuna autorità sui Tribuni della Plebe e sui Censori.

  26. Cursus Honorum 180 a.C., Lex Villia • CENSORE • il Censor, l'unico ufficio durata di 18 mesi anziché i 12 usuali • L'ufficio di maggior prestigio anche se non dotato di imperium militare • I censori venivano eletti tra gli ex consoli ogni cinque anni • Erano i responsabili dello stato morale della città, • avviavano grandi lavori pubblici • selezionavano i membri del Senato e potevano decretarne l'espulsione. • Anche l’istituto politico del censore ha risvolti di carattere religioso, che lo connotano ascrittivamente: terminata infatti la rilevazione dei dati occorrenti, uno dei censori, dinanzi al popolo adunato, chiude il census con il lustrum o purificazione, mediante il triplice sacrificio del suovetaurilia, e cioè di un maiale, una pecora ed un toro. Il principio del dovere rituale e sacrificale da parte del censore è serbato dai romani con tale fermezza che le operazioni di diritto comprese nel censo dipendono da questo atto, che se è omesso, non sono valide.

  27. Altre Magistrature • TRIBUNO DELLA PLEBE • il nome deriva da quello del grado di tribunus, il comandante militare di una coorte legionaria • assoluta inviolabilità e sacralità: lo Stato si accollava il dovere di difendere i tribuni da qualsiasi tipo di minaccia fisica • Dal 449 a.C. acquisirono lo Ius intercessionis, ovvero il diritto di veto sospensivo contro provvedimenti che danneggiassero i diritti della plebe emessi da un qualsiasi magistrato, compresi altri tribuni della plebe. • L’elezione dei tribuni avviene nei comitia tributa • Non faceva parte del cursus honorum • La carica di Tribuno della plebe era un passo importante nella carriera politica di un plebeo. Negli ultimi periodi della repubblica questa carica aveva assunto un'importanza ed un potere talmente grandi che alcuni patrizi ricorsero ad espedienti per riuscire a conseguirla.

  28. Altre Magistrature • PONTEFICE MASSIMO • La missione principale del Pontefice Massimo era quella di mantenere la pax deorum • supervisionando la correttezza dei riti e la congruità delle leggi al volere e al disegno degli dèi • preparava il calendario annuale (fasti annales), che regolava la vita dei Romani fissando i giorni in cui era considerato lecito svolgere attività pubbliche (dies fasti) e quelli in cui non era possibile (dies nefasti). • Con cadenza annuale redigeva gli Annales Pontificium che contenevano i codici di procedura e applicazione delle varie leggi, la registrazione delle guerre, i trattati di pace, le azioni e i nomi dei magistrati. • Capo del collegio di sacerdoti che presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso. Nominava le Vestali, i Flamini e il Rex sacrorum.

  29. Cicerone • DE RE PUBLICA • LIBRO I - Espone la dottrina aristotelica delle tre forme di governo, monarchia, aristocrazia e democrazia, e delle loro rispettive degenerazioni, tirannide, oligarchia e demagogia, e del necessario passaggio dall’una all'altra di esse, evitabile solo grazie alla stabilità assicurata da una costituzione mista, che contemperi in sé gli elementi fondamentali delle tre forme di governo. • Cicerone si riallaccia allo storico Polibio, • afferma che una tale virtuosa organizzazione dello stato si era compiutamente realizzata nella res publica romana, dove le tre principali istituzioni politiche, • consoli, • senato • comizi • riproducevano le tre forme di governo aristoteliche • Di fatto quello romano era piuttosto un regime aristocratico-oligarchico.

  30. Cicerone • DE RE PUBLICA • Libro II - Esamina la costituzione romana nel suo sviluppo storico • Libro III - Affronta il tema della giustizia all’interno dello stato e nei rapporti tra i popoli. • Libri IV e V - Rappresenta la figura dell'uomo di governo ideale, che Cicerone chiama di volta in volta princeps, vale a dire primus cives, “primo cittadino” .

  31. Cicerone • PENSIERO POLITICO • contrario per principio ad ogni forma di governo in senso autoritario e tanto più a quella che nei fatti si sarebbe realizzata a conclusione delle lotte civili della tarda età repubblicana, con l’avvento del principato. • Egli intendeva esprimere un modello ideale di uomo politico, incarnazione degli specifici caratteri dell’ascrittività romana • disposto a sacrificare ogni interesse personale per il bene della comunità • Capace di assicurare la stabilità della repubblica senatoria, espressione di una classe dirigente colta e illuminata capace di garantire il sistema proprio perché il suo grado di consapevolezza le permetteva di identificarsi completamente nei suoi valori più sacri e profondi. • Il pensiero politico di Cicerone esprime al meglio la continuità esistente tra l’ascrittività del mondo greco e di quello romano, e in particolare mette in evidenza come il mondo romano ritenesse di incorporare nel quadro delle proprie istituzioni politiche una efficace e virtuosa sintesi dell’esperienza maturata in quello greco.

  32. La transizione al Principato • L’istituzione del principato con Ottaviano Augusto porta di fatto all’abolizione della repubblica, intesa come regime fondato sulla collegialità e l’annualità delle supreme magistrature. • Silla e Cesare si affidarono all’unica carica che poteva dare loro un potere pressoché assoluto: la dittatura.

  33. La transizione al Principato 240 a.C. 140 a.C. 90 a.C. 50 a.C.

  34. La transizione al Principato • La figura del dictator era parte integrante del sistema di poteri che caratterizzava la repubblica, • Era dotato di imperium maximum, ossia le sue prerogative non potevano essere limitate da nessuno. • Non veniva eletto dalle assemblee popolari, come tutti gli altri magistrati, ma veniva dictus, • Non aveva colleghi, • Non era soggetto al veto dei tribuni • I consoli non potevano avere alcuna influenza su di lui. • Era accompagnato da un subordinato magister equitum, • Unico vincolo: poteva durare al massimo sei mesi, e in ogni caso il suo mandato si concludeva con il termine del mandato del console che lo aveva nominato.

  35. La transizione al Principato • Silla e Cesare ne modificano radicalmente il principio, soprattutto il limite temporale che costituiva l’unico vincolo a cui il dictator era tenuto, creando una situazione in cui la loro carica dittatoriale divenisse permanente. • Silla divenne dictator legibus scribundis et rei publicae constituendae, particolare forma di dittatura al fine di “riformare la repubblica” • Cesare arrivò ad assumere un tipo di dittatura molto più esplicita, ottenendo la nomina di dictator perpetuus, ossia dittatore a vita. Cesare inoltre era anche pontefice Massimo e aveva assunto la potestà tribunizia.

  36. La transizione al Principato • La carica di imperator conserverà il carattere di eccezionalità negli istituti romani; la sua forza inizialmente starà nel non negare alcun potere alle strutture governative repubblicane (o perlomeno non negarlo in teoria). • Il passaggio al principato è graduale, Caio Giulio Cesare Ottaviano, una volta restituita al Senato e al popolo romano la res publica salvata dalle profonde crisi dell’ultimo secolo, ottenne “come nuovo fondatore di Roma, il nome di Augusto, basato appunto sull’augurium degli auspicia che erano stati di Romolo”. • Dal punto di vista giuridico i fondamenti del potere sono imperniati sull’imperium, e sulla tribunicia potestas • imperium proconsolare: potere sulle province, di rango superiore rispetto ai governatori delle province stesse (maius) ed esercitato al di fuori del vincolo della collegialità • tribunicia potestas veto su qualsiasi decreto del Senato, tenendo così questa assemblea sotto il proprio totale controllo. Poteva esercitare l'intercessione e comminare la pena capitale oltre a godere dell'immunità personale.

  37. La transizione al Principato • Caratteristiche dell’imperium dell’Imperatore • 1. l’imperium infinitum, ovvero l’estensione nello spazio a tutti i territori al di fuori dall’Italia posti sotto la sovranità romana, mentre l’imperium proconsolare è rigidamente delimitato nel territorio; • 2. l’imperium maius, vale a dire la superiorità nei confronti di qualunque altro imperium in caso di conflitto, in linea di principio escluso dal limes territoriale tra governatori provinciali; • 3. l’imperium militareesteso a tutte le truppe romane, mentre quello dei proconsoli era limitato alle guarnigioni provinciali ed agli eserciti eventualmente loro affidati.

  38. La transizione al Principato • Quella dell’imperator non è una magistratura. • Le magistrature romane erano definite in tutti i loro aspetti dalla sfera superiore del diritto, entro la quale era necessario che esse restassero per evitare usurpazioni ed arbitri. • La dignità imperiale non si basava su di una carica istituzionale “regolarizzata”: tale regolarizzazione avrebbe causato uno stravolgimento dell’ordine costituito e avrebbe leso il rispetto nei confronti degli déi e delle tradizioni. • Nonostante il suo perpetuarsi nei secoli ed il suo divenire sempre più centrale nel dominio dell’impero, rimarrà qualcosa di non previsto dal diritto. Paradossalmente la principale istituzione di Roma rimarrà un’istituzione formalmente illegale.

  39. L’organizzazione territoriale • Il nucleo centrale, la cellula base costitutiva dell’organizzazione territoriale periferica, era costituito dalla città. • Il termine città indicava il complesso del territorio circostante, il centro urbano principale, e l’insieme del corpo dei cittadini. • Essa rappresentava, di fatto, una entità giuridica specifica con la sua costituzione e il proprio diritto di legiferare. • A parte alcune metropoli, le città avevano una popolazione estremamente contenuta, che può essere mediamente quantificata intorno alle mille persone, ma la loro solidità è confermata dal fatto che esse durarono a lungo con ordinamenti e organizzazioni autonome, che mai, neppure a seguito delle grandi politiche di accentramento del Tardo Impero, furono guidate da una amministrazione diretta di emanazione imperiale.

  40. L’organizzazione territoriale • La città svolgeva un ruolo di mediazione tra i vertici dell’Impero e i cittadini, consentendo il primo stadio di integrazione nel sistema romano. • La strategia del potere romano prevedeva un iniziale coinvolgimento interessato delle élite locali, a cui veniva affidata l’organizzazione delle città, coinvolgimento che gradualmente confluiva in una adesione convinta agli interessi dell’Impero, che spesso si concretizzava nell’ottenimento della cittadinanza romana.

  41. L’organizzazione territoriale Mantenevano sostanzialmente le istituzioni preesistenti - Duumviri - Consiglio dei Decurioni - Curie

  42. L’organizzazione territoriale • CITTÀ PEREGRINE, • federatearantite nella loro autonomia amministrativa da un trattato (foedus) in cui si precisavano tanto gli obblighi quanto i diritti • libere le città liberae, come le precedenti vedevano garantita l’inviolabilità del territorio, la necessità da parte del governatore locale di passare attraverso l’autorità dell’imperatore per qualsiasi intervento nella città; potevano utilizzare il proprio diritto e i propri tribunali; i loro abitanti erano esentati dagli arruolamenti e dal versamento di alcuni tributi. Un atto di concessione unilaterale da parte di Roma garantiva tale condizione alle città libere, a differenza delle federate per le quali essa lo era grazie a un trattato. • soggette a tributiLe città sottoposte a tributo (stipendiariae) dipendevano dall’autorità del governatore della provincia ed erano obbligate al rispetto della legge provinciale. All’interno dell’osservanza di queste leggi conservavano le proprie istituzioni, il proprio diritto, riscuotevano le imposte e alcune battevano moneta. (Efeso)

  43. L’organizzazione territoriale • CITTÀ ROMANE • La distinzione più rilevante è data dalle diverse origini. • Il municipio viene costituito su una realtà preesistente, che al momento della creazione viene in molti casi mantenuta nelle forme giuridiche pregresse. È generalmente guidato da un collegio di quattro magistrati (quattuorviri) e solo le élite acquisiscono il titolo di cittadino romano. • Le colonie, ovvero fondazione, • colonie di popolamento città costituite dal nulla che nascevano a seguito della deduzione di gruppi di cittadini o di veterani, e venivano consacrate con un preciso rito religioso di fondazione. A volte il popolamento poteva avvenire anche su città preesistenti i cui abitanti venivano espropriati, sostituiti dai coloni, e poi, eventualmente reintrodotti come semplici residenti (incolae). Ad esclusione degli incolae, tutti coloro che avevano contribuito alla fondazione della nuova città avevano diritto al titolo di cittadini romani. • colonie di promozione Il titolo di colonia poteva anche essere concesso, per meriti speciali, a municipi o a città peregrine senza l’invio di coloni

  44. L’organizzazione territoriale • CITTÀ ROMANE • piccole copie di Roma guidate da due duumviri • Il mandato del duumviro era annuale, aveva il diritto di coercizione, • la possibilità di arrestare le persone, • sequestrare beni, infliggere ammende e di giudicare. • Disponeva di una serie di schiavi pubblici che lo assistevano nelle procedure amministrative, • era accompagnato da due littori e sedeva sul seggio curule. • Analogamente ai Consoli di Roma dava il proprio nome all’anno in corso • titolare del diritto d’intercessione che gli permetteva di opporsi alle decisioni del collega o di un magistrato inferiore.

  45. L’organizzazione territoriale • CITTÀ ROMANE • organizzazione amministrativa: il senato cittadino, detto ordine dei decurioni • si riuniva su convocazione dei duumviri, • riscuoteva delle imposte locali • Provvedeva al versamento dei contributi alla città di Roma, • Sorvegliava alla costruzione dei templi e di tutti gli edifici pubblici, • Provvedeva alla cura e il mantenimento delle strade; il rifornimento dell’acqua • Organizzava la vita religiosa • l numero dei decurioni variava a seconda delle città, l’ordine era composto da 100 componenti che venivano scelti tra i cittadini, a volte anche tra gli incolae.

  46. L’organizzazione territoriale • CITTÀ ROMANE • I cittadini erano ripartiti in unità di voto, chiamate, come a Roma, tribù, o più frequentemente curie. • Le elezioni si svolgevano con votazione a scheda segreta in ciascuna curia. Otteneva il riconoscimento dell’assemblea chi aveva ottenuto la maggioranza nella maggioranza delle curie. • Lamilizia localeera autorizzata esclusivamente con compiti di polizia o di primo soccorso, al fine di sedare eventuali tumulti o di combattere il brigantaggio. Era agli ordini di un prefetto dei vigili e delle armi, figura peraltro presente solo negli ordinamenti di alcune città.

  47. L’organizzazione territoriale • TENTATIVI DI CENTRALISMO AMMINISTRATIVO • nessuna ingerenza del potere centrale poteva interferire nella gestione delle città. • Consuetudine sicuramente valida per le città d’Italia, e per le colonie, i municipi e le città peregrine libere. • L’ampia autonomia lasciata alle città richiedeva in cambio la capacità da parte di queste ultime di autogestirsi in modo da non mettere in discussione gli interessi dell’Impero. Quando l’ordine era minacciato esso era ristabilito, con la forza dell’esercito, dall’autorità centrale, che poteva giungere a comminare pesanti ammende alle città, eventualmente retrocederle di rango, ad arrestare i cittadini o inibire pesantemente l’autogestione.

  48. Diocleziano • Con Diocleziano (284-305 d.C.), ci troviamo di fronte ad una vera e propria rifondazione dell’Impero. • Azione che permetterà all’Impero romano in quanto tale, di continuare a funzionare per un altro secolo e mezzo nella sua parte occidentale, sopravvivendo poi nelle strutture e nelle istituzioni dei regni romano-barbarici, ed in Oriente di vivere per un altro millennio

  49. Diocleziano

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