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23 MAGGIO 1992 23 MAGGIO 2008

23 MAGGIO 1992 23 MAGGIO 2008. 16° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI CAPACI. STRAGE DI CAPACI.

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23 MAGGIO 1992 23 MAGGIO 2008

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Presentation Transcript


  1. 23 MAGGIO 1992 23 MAGGIO 2008 16° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI CAPACI

  2. STRAGE DI CAPACI • La Strage di Capaci (chiamato in siciliano "l'attentatuni") fu un attentato mafioso in cui il 23 maggio 1992, sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci (ma in territorio del comune di Isola delle Femmine) e a pochi chilometri da Palermo, persero la vita il giudice antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anch'ella magistrato, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro.

  3. STRAGE DI CAPACI • Gli esecutori materiali del delitto furono almeno cinque uomini, tra cui Giovanni Brusca, che fu la persona che fisicamente azionò il telecomando da grande distanza al momento del passaggio dell'auto blindata del giudice, che tornava da Roma. Avevano riempito di 500 kg di tritolo un tunnel che avevano scavato sotto l'autostrada nel tratto che collega l'aeroporto di Punta Raisi (oggi "Aeroporto Falcone-Borsellino") a Palermo.

  4. STRAGE DI CAPACI • A tutt'oggi sono conosciuti soltanto i nomi degli esecutori materiali della strage, poiché le indagini mirate a scoprire i mandanti ed eventuali intrecci di natura politica non hanno prodotto risultati significativi. • La strage di Capaci ha segnato una delle pagine più tragiche della lotta alla mafia ed è strettamente connessa al successivo attentato di cui rimase vittima il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone.

  5. GIOVANNI FALCONEEPAOLO BORSELLINO • Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano due giudici siciliani che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia.Di loro si racconta infatti che quando erano ancora adolescenti giocavano a pallone nei quartieri popolari di Palermo e che fra i loro compagni di gioco c'erano probabilmente anche alcuni ragazzi che in futuro dovevano diventare uomini di "Cosa Nostra".

  6. GIOVANNI FALCONEEPAOLO BORSELLINO • E forse proprio  il fatto di essere siciliani, nati e cresciuti a contatto diretto con la realtà di quella regione, era la loro forza: Falcone e Borsellino infatti capivano perfettamente il mondo mafioso, capivano il senso dell'onore siciliano e capivano il linguaggio dei boss e dei malavitosi con cui dovevano parlare. Per questo sapevano dialogare con i "pentiti" di mafia, sapevano guadagnarsi la loro fiducia e perfino il loro rispetto. • Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano coetanei: il primo è nato a Palermo nel 1939, il secondo nel 1940.

  7. GIOVANNI FALCONEEPAOLO BORSELLINO

  8. GIOVANNI FALCONEEPAOLO BORSELLINO GIOVANNI FALCONE PAOLO BORSELLINO

  9. IL POOL ANTIMAFIA • Paolo Borsellino nel 1963 entra in Magistratura: lavora in diversi tribunali e nel 1975 è trasferito al tribunale di Palermo, dove entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici.Lavora con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile alla sua prima indagine sulla mafia e nel 1980 fa arrestare un primo gruppo di sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile viene assassinato. Per la famiglia Borsellino la vita cambia e da quel momento in poi tutti vivranno blindati e continuamente protetti da una scorta. Continua a lavorare senza tregua nel pool anti-mafia guidato da Rocco Chinnici, a stretto contatto anche con il suo amico Giovanni Falcone che nel 1979 era entrato anche lui all'Ufficio istruzione processi penali.

  10. IL POOL ANTIMAFIA • Ma nel 1983 anche Rocco Chinnici viene assassinato dai mafiosi. Sembra la fine di un'esperienza che stava dando qualche risultato. A Palermo, al posto di Chinnici, arriva Antonino Caponnetto che è assolutamente deciso a portare avanti il lavoro del suo predecessore. Con Falcone e Borsellino e altri bravi magistrati comincia allora l'avventura del pool anti-mafia.  • In pratica i magistrati di Palermo cercano di combattere la mafia così come negli anni precedenti si era combattuto, e vinto, il terrorismo. Nel 1983 altri due funzionari di Polizia Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, sono uccisi dalla mafia

  11. LOTTA ALLA MAFIA ROCCO CHINNICI ROCCO CHINNICI Rocco Chinnici Nato a Misilmeri (Palermo) il 19 gennaio 1925 è entrato in Magistratura nel 1952 con destinazione al Tribunale di Trapani. Poi è stato pretore a Partanna per dodici anni, dal 1954. Nel maggio del 1966 è stato trasferito a Palermo.

  12. ROCCO CHINNICI • Il primo grande processo alla mafia, il cosiddetto maxi processo di Palermo, è il risultato del lavoro istruttorio svolto da Chinnici, tra l'altro considerato il padre del Pool Antimafia, che compose chiamando accanto a sé Magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, ecc. • Rocco Chinnici è stato ucciso il 29 luglio 1983 con una Fiat 126 imbottita di esplosivo davanti alla sua abitazione in via Pipitone Federico a Palermo. Accanto al suo corpo giacevano altre tre vittime raggiunte in pieno dall'esplosione: il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico Stefano Li Sacchi.

  13. LOTTA ALLA MAFIA EMANUELE BASILE EMANUELE BASILE Emanuele Basile è stato un carabiniere italiano, ucciso da Cosa Nostra mentre ritornava a casa con la moglie Silvana e con la figlia Barbara di quattro anni la sera del 4 maggio 1980.

  14. EMANUELE BASILE • Prima di essere ucciso, aveva condotto alcune indagini sull’uccisione di Boris Giuliano, durante le quali aveva scoperto l'esistenza di traffici di stupefacenti. In memoria dell'ufficiale, è stata concessa la Medaglia d'oro al valor civile.

  15. LOTTA ALLA MAFIA ANTONINO CAPONNETTO Entrò in magistratura nel 1954, la sua carriera ebbe una svolta nel 1983 quando ottenne il trasferimento a Palermo, successivamente all'uccisione di Rocco Chinnici capo dell'Ufficio istruzione di Palermo. Seguendo la strategia studiata da Giancarlo Caselli per la lotta al terrorismo, realizzò un gruppo di magistrati con il compito di occuparsi a tempo pieno solo della lotta alla mafia.

  16. ANTONINO CAPONNETTO • Il pool, che vide la partecipazione di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta, istruì il primo grande processo contro la mafia e si servì delle dichiarazione di pentiti come Tommaso Buscetta. • Concluse la sua carriera nel 1990 e dovette assistere alla morte prima di Falcone e poco dopo di Borsellino, assassinati dalla mafia (straziante il suo commento alle telecamere subito dopo la Strage di via d'Amelio: «È finito tutto!»). Da allora, finché poté, si dedicò in un'opera di testimonianza contro l'illegalità. E’ morto nel 2002.

  17. LOTTA ALLA MAFIA NINNI CASSARA’ NINNI CASSARA’ Fu Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato in forza presso la questura di Palermo e il vice dirigente della squadra mobile. Fu ucciso dalla mafia il 6 agosto 1985, all'età di 37 anni, sul portone di casa, insieme a Roberto Antiochia, uno degli agenti della scorta.

  18. NINNI CASSARA’ • Tra le numerose operazioni cui prese parte, molte delle quali insieme al commissario Giuseppe Montana, la nota operazione "Pizza Connection",in collaborazione con forze di polizia degli Stati Uniti. Cassarà fu uno stretto collaboratore di Giovanni Falcone e del "pool antimafia" della procura di Palermo e le sue indagini contribuirono all'istruzione del primo maxiprocesso alle cosche mafiose.

  19. LOTTA ALLA MAFIA GIUSEPPE MONTANA GIUSEPPE MONTANA Giuseppe Montana, nato ad Agrigento nel 1951, si trasferì poi a Catania dove crebbe. Ottenne la laurea in Giurisprudenza e successivamente vinse il concorso per entrare nella Polizia. E’ stato un commissario della squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia.

  20. GIUSEPPE MONTANA • Entrò a far parte della squadra mobile di Palermo e, nell'estate del 1985, il giorno prima di entrare in ferie, venne ucciso a colpi di pistola da un killer mentre era con la fidanzata nei pressi del porto dove era sito il suo motoscafo. Importante la sua collaborazione con il giudice Rocco Chinnici non solo nella "sfida" con Cosa Nostra, ma anche per il contributo all'educazione dei giovani in materia di legalità

  21. LOTTA ALLA MAFIA • Ma grazie alla capacità dei magistrati di indagare e all'intelligenza di Falcone nel ricostruire la "geografia mafiosa" di quel periodo, un gran numero di mafiosi finisce in galera. E finalmente Falcone e Borsellino riescono a mettere in piedi il famoso maxi-processo, un processo in cui sul banco degli imputati siedono ben 475 mafiosi che nel 1987 saranno condannati.

  22. LOTTA ALLA MAFIA • Antonino Caponnetto deve lasciare il pool per motivi di salute. Al suo posto, invece di Giovanni Falcone, che ne era il naturale erede, va a finire un altro magistrato che in breve tempo scioglie il famoso pool antimafia. Comincia una stagione di veleni (Falcone è accusato di "protagonismo" e alla fine chiederà il trasferimento a Roma; a Borsellino vengono tolte le indagini sulla mafia a Palermo e gli vengono assegnate quelle di Agrigento e Trapani). L'unità delle indagini che aveva dato grandi risultati è così definitivamente distrutta.

  23. LOTTA ALLA MAFIA • Ma i due magistrati non abbandonarono la lotta: Falcone dopo il1988 collabora ancora con Rudolph Giuliani, procuratore distrettuale di New York(in seguito è stato sindaco della città), e riesce a colpire le famiglie mafiose dei Gambino e degli Inzerillo, coinvolte nel traffico di eroina. E quando è trasferito a Roma progetta la creazione di una Direzione Nazionale Antimafia per coordinare tutta la lotta alla mafia che si svolge in Italia. Falcone doveva esserne il Direttore

  24. STRAGE DI CAPACI • Ma il 23 maggio 1992 con un gravissimo attentato, la macchina di Falcone viene fatta esplodere sull'autostrada che collega Palermo e Trapani: 500 chili di tritolo che tolgono la vita a Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta.

  25. STRAGE DI CAPACI • La sera stessa dell’attentato a Falcone Paolo Borsellino capisce che non gli resterà troppo tempo. Lo dice chiaro: “Devo fare in fretta, perché adesso tocca a me”.

  26. STRAGE DI VIA D’AMELIO • Il 19 luglio dello stesso anno un'autobomba esplode sotto casa di sua madre mentre Paolo Borsellino sta andando a trovarla.

  27. IL RICORDO • Ogni anno, il 23 maggio, si tiene a Palermo e Capaci e in tutta Italia, una lunga serie di attività, in commemorazione della morte del magistrato Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo. Inoltre è stata creata anche una fondazione di nome "Giovanni e Francesca Falcone" guidata da Maria Falcone, la sorella del magistrato

  28. IL RICORDO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA • Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del 16° anniversario della strage di Capaci, in un messaggio alla prof.ssa Maria Falcone, sorella di Giovanni e Presidente della Fondazione "Giovanni e Francesca Falcone", ha rivolto il suo solidale saluto a tutti i partecipanti alle iniziative organizzate per ricordare il barbaro agguato di Capaci che, il 23 maggio di sedici anni fa, causò la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.

  29. LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA • "Le immagini della strage - ha scritto il Presidente della Repubblica- restano incancellabili nella memoria degli Italiani e rinnovano l'angoscia e l'allarme di quel giorno, in cui la mafia colpì un magistrato di eccezionale talento e coraggio, che aveva saputo contrastarla anche individuando nuovi e più efficaci strumenti in grado di combatterla. Con quell'attentato e con gli altri che ad esso seguirono, la mafia portò un terribile attacco alle istituzioni repubblicane. Lo Stato seppe però reagire adeguatamente. La battaglia e l'esempio di Giovanni Falcone innescarono nel Paese una reazione ferma e diffusa. All'azione della Magistratura e delle Forze dell'ordine si accompagnarono l'impegno di tutte le forze politiche e la partecipazione convinta dei cittadini. L'impegno e la partecipazione di allora non possono subire flessioni.

  30. LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA • Non è consentito ridurre il livello di attenzione rispetto a un fenomeno pervasivo, pronto ad attuare le strategie più sofisticate per insinuarsi nella società minandone la vita democratica, la coesione e il progresso. • In questo momento ogni deciso sviluppo nell'azione di contrasto da parte dei pubblici poteri va salutato e valorizzato."

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