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Spazio libero

SPAZIO LIBERO. Giornalino mensile della. Sanpaolo Banco di Napoli. Anno III. Numero 26 – luglio 2006. RUBRICHE: Editoriale Mondo filiali Attualità C’era una volta Cinema e cultura Flash. Spazio libero. EDITORIALE. UNA VERTENZA “ESEMPLARE”

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Presentation Transcript


  1. SPAZIO LIBERO Giornalino mensile della Sanpaolo Banco di Napoli Anno III Numero 26 – luglio 2006 RUBRICHE: EditorialeMondo filialiAttualitàC’era una voltaCinema e culturaFlash Spazio libero

  2. EDITORIALE UNA VERTENZA “ESEMPLARE” Una delle novità sostanziali che ha interessato il nostro settore negli ultimi tempi è stata la battaglia che si è scatenata per il controllo della Bnl e della Banca Antonveneta, in seguito alla quale Bnp Paribas e Abn Amro hanno acquisito il controllo delle due banche italiane. Questi episodi rappresentano l’inizio di un processo di consolidamento del settore finanziario su basi continentali, da cui presumibilmente nasceranno player globali in grado di competere con i colossi americani e giapponesi. La ricerca delle dimensioni è essenziale se si vogliono avere dei campioni europei, non concentrati soltanto sul retail, ma anche nei servizi specialistici alle imprese. Questo processo mette all’ordine del giorno l’esigenza di una contrattazione continentale, per affrontare un futuro che sarà sempre di più caratterizzato da riorganizzazioni su scala sovranazionale. Si deve assolutamente evitare che queste ristrutturazioni mettano gli uni contro gli altri lavoratori di nazionalità diverse. A dire il vero il futuro in precedenza tratteggiato è già diventato presente e lo vediamo nella paradigmatica vertenza che hanno affrontato i lavoratori di Unicredito e che ha riguardato la cessione dell’attività di Banca Depositaria ad un gruppo bancario estero. Il nodo del contendere era rappresentato, ovviamente, dalle garanzie normative e salariali per i lavoratori coinvolti. Di fronte all’indisponibiltà iniziale del gruppo Unicredito ad assicurare un accordo soddisfacente, le organizzazioni sindacali hanno risposto proclamando scioperi di gruppo, peraltro riuscitissimi. Il risultato è stato positivo con durevoli garanzie occupazionali che prevedono in caso di necessità il rientro alla “casa madre”, il mantenimento del contratto del credito e delle agevolazioni per il personale interessato, oltre alla previdenza complementare e all’assistenza sanitaria integrativa. Questa, però, è stata una vertenza di carattere collettivo: non dobbiamo pensare che quello che sta accadendo riguardi soltanto i lavoratori direttamente coinvolti o quelli del gruppo Unicredito. Si tratta, invece, di un problema generale, che interessa l’intera categoria, perché per la prima volta si è affrontata una riorganizzazione del genere nel nostro settore ed è in questo senso che la vertenza è stata “esemplare”. Un accordo al ribasso avrebbe significato un indebolimento complessivo, perché avrebbe rappresentato un pericoloso precedente, un varco all’interno del quale le aziende non avrebbero tardato ad infilarsi.

  3. MONDO FILIALI STOCK OPTION DEI DIRIGENTI E TASSE Ho assistito a diverse discussioni tra colleghi sul cosiddetto “decreto Bersani” e in particolare su quella parte dove le “stock option” (classico sistema di incentivazione per dirigenti aziendali) vengono considerate redditi da lavoro e quindi sottoposte al normale regime fiscale invece che a quello agevolato. C’’era un lavoratore - molto impegnato nel sociale con gruppi ecclesiali di base, attentissimo alla redazione dei bilanci sociali, in primis a quello della sua azienda – che ha portato una serie di ragionamenti. Nel riparto 2004 del valore aggiunto globale lordo, che era pari a 6,188 miliardi, ad elargizioni e liberalità (beneficenza, tema molto caro al collega), il San Paolo ha destinato ben(?) 3 milioni di euro pari allo 0,04%, mentre le somme delle stock option ai dirigenti “super” a fine 2005, erano a bilancio 15.305.500 di diritti esercitabili al prezzo medio di 12,2362 per un ctv. di 187 milioni di euro e, solo nel 2005, a 31 soggetti i compensi corrisposti ammontano a 12,074 milioni di euro. Ogni comparazione con il VAP, in pagamento in questi giorni, è puramente casuale non voluta, ma soprattutto impossibile. Infatti le distanze sono incommensurabili: il rapporto tra l’utile netto pro capite ed il vap di un capo ufficio è pari al 4,85% e sale al 15,96% per un ruolo chiave due e balza al 277% di un dirigente che abbia esercitato una stock option di 125.000 euro, dirigente che dovrebbe dare un contributo individuale all’utile netto non dei 45.412 euro pro capite ma, rapportato al suo premio, di oltre 2,5 milioni di euro ! La convincente lucidità delle cifre che il collega esponeva aveva un duplice pregio: la denuncia della follia e irrazionalità economica di un tale meccanismo, accoppiato ad una sana indignazione morale che fatica sempre di più a farsi strada nelle nostre menti, abituate ormai a tutto e a far passare tutto. Che almeno si paghino le tasse giuste !

  4. ATTUALITA' L’ITALIA VINCE IL QUARTO MONDIALE DI CALCIO Dopo 24 anni dal terzo mondiale, vinto in Spagna nel 1982, la nazionale di calcio italiana è riuscita a vincere il quarto mondiale in Germania mantenendosi così in termini di vittorie appena dopo il Brasile, che ne ha vinti cinque. Abbiamo vissuto tutti le partite, il clima ed il modo con i quali l’Italia ha raggiunto questo risultato: intanto, la squadra italiana ha ribadito ancora una volta che in Europa, se non nel mondo intero, è senz’altro la nazionale che produce il gioco più redditizio, cioè quello che riesce a coniugare il minimo sforzo di gioco con il massimo risultato. Questa caratteristica si è sempre esplicata attraverso una fortissima applicazione tattica sul campo, condizione peculiare del campionato italiano nel quale le squadre non concedono spazio all’avversario nel fare gioco e per questo ogni partita non è mai scontata; squadre considerate inferiori possono fare risultato in partite con squadre considerate molto più forti. E’ la “competitività” specifica del campionato italiano che permette tutto questo. Questa caratteristica fa sì che il gioco sia redditizio ma spesso considerato poco spettacolare perché si bada soprattutto a difendersi e non ad attaccare; si aspetta che faccia gioco l’avversario e poi, appena si ha la palla e gli spazi lo permettono, si ribalta velocemente il gioco con le ripartenze in “contropiede”. Qui ci vuole un po’ di chiarezza: il “contropiede”, quando è fatto bene, è rapido ed efficace e molto spesso è bellissimo da vedere. Con pochi passaggi si giunge rapidamente al goal e questo avviene per il movimento smarcante e congiunto dei giocatori che si liberano per il tiro a rete (vedi ad es. il 2° goal di Del Piero alla Germania). Rapidità ed efficacia: cosa c’è di più entusiasmante? Quindi, il gioco italiano non è che non sia bello da vedere, in assoluto. Si tratta solo di applicarlo al meglio, tanto è vero che anche il Brasile, individualmente e tecnicamente la squadra più forte nel mondo, ha imparato ad usare poi l’organizzazione tipica del gioco italiano, quando nel 1982, perdendo appunto con l’Italia, ha imparato a sue spese che, senza organizzazione tattica sul campo, tutte le squadre possono perdere, anche la migliore. %

  5. ATTUALITA' Segue: “L’Italia vince il quarto mondiale di calcio” Ancora, nel mondiale di Germania ha avuto forte impatto motivazionale, per i giocatori della squadra italiana, lo scandalo sulla gestione degli arbitri dominati dalla Juventus di Moggi. Certamente molti di loro, appartenenti alle squadre coinvolte, hanno voluto fortissimamente dimostrare il loro valore di giocatori per cercare “moralmente” di tirarsi fuori dallo scandalo. Hanno cioè voluto dire al mondo: “i giocatori italiani sono cosa diversa” da tutto ciò che gravita loro attorno. Ci sono riusciti. Resta da dire qualcosa sul comportamento dei tifosi italiani nel giorno della vittoria mondiale. L’entusiasmo è stato sicuramente molto grande per un esito inaspettato (da noi che scriviamo, però, sperato). Allo stesso tempo, non si possono condividere le esagerazioni avutesi nelle “intemperanze” che si sono verificate, nelle quali frange di giovani (e non) hanno dato sfogo a comportamenti violenti, nei quali volevano “dimostrare la loro forza”, soprattutto la forza del gruppo di appartenenza. E’ questo, secondo noi, un aspetto da non sottovalutare in quanto rende palese la condizione di “non cultura” in generale (sportiva, in particolare) di tali persone perché ciò che è mancato, in questi casi, è il rispetto dell’altro, fondamento di società civili ma anche di situazioni legate allo sport, dove il rispetto per l’avversario è fondamentale, all’interno della competizione. Bisogna, allora, cercare di aumentare il tasso di cultura delle giovani generazioni (anche della cultura sportiva) se si desidera che tali penose esagerazioni non si ripetano. Comunque, Campioni del Mondo!

  6. C'ERA UNA VOLTA La flessibilità nella tradizione partenopea: dalla pizza al cocomero (I parte) Nel rileggere i diari di vari autori nel loro peregrinare per l’Italia, moda in voga tra sette e ottocento, mi ha colpito un brano di A. Dumes, perso nella mia memoria, che tratteggia senza pari una Napoli e le sue tradizioni per gran parte perse e che dimostra però, senza dubbio, che la flessibilità è nata a Napoli. LA PIZZA “..Si crede che il lazzarone viva di maccheroni: è un grande errore cha va finalmente rilevato. E’ vero che i maccheroni sono nati a Napoli; ma oggi i maccheroni sono una pietanza europea, cha ha viaggiato come la civiltà e che, al pari della civiltà, si trova molto lontano dalla culla. D’altra parte i maccheroni costano due soldi la libbra, il che li rende accessibili alla borsa dei lazzaroni solo la domenica e i giorni festivi. Negli altri giorni il lazzarone mangia pizza e cocomero: cocomero d’estate e pizza d’inverno. La pizza è una specie di stracciata come se ne fanno a Saint-Denis: è di forma rotonda e si lavora con la stessa pasta del pane. Varia nel diametro secondo il prezzo. Una pizza di due centesimi basta a un uomo, una pizza da due soldi deve satollare un’intera famiglia. A prima vista la pizza sembra un cibo semplice: sottoposta a esame, appare invece come un cibo complicato. La pizza è all’olio, al lardo, alla sugna, al formaggio, al pomodoro, ai pesciolini. E’ il termometro gastronomico del mercato: il prezzo aumenta o diminuisce secondo il corso degli ingredienti suddetti, secondo l’abbondanza o la carestia dell’annata. Quando la pizza ai pesciolini costa mezzo grano, vuol dire che la pesca è stata buona, quando la pizza all’olio costa un grano, vuol dire che il raccolto è stato cattivo. Un altra cosa influisce sul costo della pizza: la sua maggiore o minore freschezza. Si capisce che non si può più vendere la pizza del giorno prima allo stesso prezzo di quella della giornata; vi sono, per le piccole borse, pizze di una settimana, le quali possono sostituire, vantaggiosamente se non gradevolmente, la galletta di bordo. Come abbiamo detto, la pizza è il nutrimento invernale. Il primo maggio cede il posto al cocomero; ma sparisce solo la mercanzia, il mercante rimane lo stesso . Il mercante è l’antico Giano, con una faccia che piange sul passato, e l’altra che sorride all’avvenire. Nel giorno indicato il pizzaiolo si fa mellonaro. Il mutamento non si estende alla bottega che resta la medesima. Si porta un paniere di cocomeri, anziché una cesta di pizze; si passa una spugna sui diversi strati d’olio, di lardo, di strutto, di formaggio, di pomodoro e di pesce lasciati dal commestibile invernale, e senz’altro si passa al commestibile estivo….”. A. DUMAS La II parte (Il cocomero) al prossimo numero

  7. CINEMA E CULTURA IL COMMISSARIO CHE VEDEVA I MORTI Ogni scrittore ha un dono, e, insieme, una condanna: riesce così bene a dare vita ai suoi sogni, che piegato da tanta magia, finisce per inseguire creature invisibili. Per questo, perchè è prima di tutto un uomo che sogna, Maurizio de Giovanni riesce a consegnare il suo sguardo all'ignoto. . Nell'istante in cui dà vita al suo Commissario Ricciardi, Maurizio smaterializza, sfalda la Napoli di oggi, per ripiombare, e noi con lui, nelle atmosfere della Napoli del Ventennio; un autore che vanta una straordinaria intimità con i materiali del Primo Novecento, tanto da sembrare medianicamente presente in quel 1931 di vicoli e strade di povertà e rigore, di colpevoli inermi e vittime consapevoli. La galleria umana de "Le Lacrime del Pagliaccio“, opera prima di de Giovanni, esplode sotto i nostri occhi, in coriandoli amarissimi di dolore e fame, gelosia e ambizione. Un affresco delle miserie della metropoli, nel quale si è colpiti dal violento contrasto tra il nitido degrado della borghesia e dalla sudicia fierezza della plebe; classi che si disputano il pane, l'amore, la sicurezza, nel sangue. Eppure, il romanzo di questo tenore geniale e odioso, trucidato nel suo camerino misteriosamente, nel mezzo della messinscena al Lirico San Carlo, tra tanti possibili testimoni, e troppi possibili colpevoli, è straordinariamente agile e ben fatto, alleggerito da tocchi di humour e da personaggi di contorno scolpiti come pastori del Seicento. Il risultato è che l'indagine sulla morte del tenore Vezzi, compiuta da un commissario - antieroe che ha la maledizione di rivedere l'ultimo istante di vita degli uccisi - diventa lo sfondo per una ricostruzione potente e accurata del 1931 a Napoli. Un anno del quale pur mancando le fonti documentali, de Giovanni ha saputo trasmettere gli odori, le angosce, i silenzi e il vento. Napoli appare così finalmente libera dal clichet visivo dei panni al sole e del mare, mostrandosi più che mai cupa e livida, visivamente più reale del vero. E se povertà e fame, gelosia e sesso, invidia e ambizione sembrano reggere Napoli e la diversa umanità che la abita, credibilissimi restano i gesti in vita e in morte dei personaggi, primo fra tutti il commissario che usa il dono oscuro di vedere i morti nei loro ultimi istanti per chiudere un'indagine. La scena del San Carlo, i personaggi che creano la rappresentazione, i sovrintendenti, il pubblico: ognuno sembra nascondere segreti, invidie, umiliazioni;ognuno potrebbe aver ucciso il più grande talento della lirica italiana, il tenore con la voce d'angelo e l'anima di un diavolo. Un'indagine voluta in tempi brevi addirittura da Roma, da quel duce capo del Fascismo che resta sempre sullo sfondo, invisibile e cupo presagio egli stesso. %

  8. CINEMA E CULTURA segue: “Il commissario che vedeva i morti” . Ancora un volta metodicamente, scrutando gli sguardi dei vivi per placare l'urlo dei morti, Ricciardi risalirà il filo degli eventi, risalendo il ventre della città, frugando nei suoi cassetti, tra le sue lenzuola, fino ad arrivare alla verità. Solo un anno fa Maurizio de Giovanni era un funzionario di banca che scriveva per passione personale. Dopo l'esperienza del laboratorio di scrittura comica "Achille Campanile" ha trovato la sua maturità espressiva, rivelata da concorsi letterari vinti in scioltezza. Di particolare rilevanza la vittoria nella sezione "brevi" del concorso che ha poi dato luogo a "Vedi Napoli e poi scrivi", antologia edita da Kairòs - Napoli, che è stata un piccolo caso editoriale a dicembre con la prima tiratura andata esaurita in poche settimane. Proprio grazie a un concorso per giallisti, "Tiro Rapido - 911 Minuti" organizzato fra gli altri, da L' Europeo e Porsche Italia, nacque in un caldo giorno di giugno del 2005 il commissario Ricciardi. Lo sguardo misterioso di una bambina appoggiata alla vetrata del Caffè Gambrinus fece germogliare il plot de "L'Omicidio Carosino", che superò le selezioni napoletane. Alla finale fiorentina c'eravamo anche noi, a bere con Maurizio quel cattivo caffè su Ponte Vecchio. Un caffè portafortuna, che poche ore dopo  rivelò un talento di romanziere. La sera della premiazione de "I vivi e i morti", il più scettico sembrava proprio il premiato. Oggi, che Maurizio ha ceduto i suoi occhi profondi e inquieti al personaggio, ne "Le lacrime del pagliaccio" avvertiamo, sotto la patina nera del delitto, respiro e architettura di un piccolo grande romanzo storico. Le lacrime del pagliaccio assassinato al camerino del trucco, sono uno specchio sociale modernissimo, di una Napoli creduta persa e invece ancora esistente. In quella città che ha riaperto gli occhi sul suo passato, rivivono le nostre debolezze e tragedie di popolo. Maurizio de Giovanni avrà spazio nelle nostre librerie tra i classici del giallo, e si guadagnerà l'affetto dei lettori, così come il suo Commissario, segretamente innamorato di una donna semplice e timida come lui. Sommessamente, non potremo che desiderare di seguire i suoi incubi per molto tempo ancora. GIANLUCA IOVINE

  9. FLASH

  10. La Redazione • Giorgio Campo • Alfredo Conte puoi leggerci anche su: • Antonio Coppola • Antonio D’Antonio cgil.it/fisac.sanpaolo/bancodinapoli • Mario De Marinis • Antonio Forzin • Amedeo Frezza ha collaborato: • Rosalia Lopez Gianluca Iovine • Raffaele Meo • Italo Nobile • Maria Teresa Rimedio • Anna Maria Russo

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