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UD 8. Luce ed elettroni. UD8 Luce ed elettroni. ‘Dentro’ la luce: onde o corpuscoli? Le moderne interpretazioni sulla natura della luce risalgono al XVIII secolo e sono attribuibili al fisico inglese Isaac Newton e all’astronomo olandese Christian Huygens, sostenitori di ipotesi diverse.

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Presentation Transcript


  1. UD 8 Luce ed elettroni

  2. UD8 Luce ed elettroni

  3. ‘Dentro’ la luce: onde o corpuscoli? Le moderne interpretazioni sulla natura della luce risalgono al XVIII secolo e sono attribuibili al fisico inglese Isaac Newton e all’astronomo olandese Christian Huygens, sostenitori di ipotesi diverse. In estrema sintesi, secondo Newton vediamo gli oggetti che ci circondano perché essi emettono dei corpuscoli, mentre per Huygens le immagini che percepiamo, in analogia ai suoni, sono formate da un flusso di onde che partono dai corpi. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  4. Un passo in avanti decisivo nella comprensione della natura della luce fu fatto ancora una volta grazie allo studio dell’elettricità. Nella seconda metà del XIX secolo, il fisico scozzese James Clerk Maxwell, studiando i fenomeni elettrici e magnetici, intuì che una carica elettricaoscillante doveva produrre un campo elettrico e uno magnetico, tra loro perpendicolari, che si propagavano in forma di onde. carica elettrica oscillante Linee del campo elettrico che si propagano in tutte le direzioni L’esistenza di tali onde “elettromagnetiche” fu poi effettivamente dimostrata sperimentalmente dal fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz (1857-1894). mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  5. La luce rivelava un comportamento analogo a quello delle onde elettromagnetiche e, poiché la velocità di propagazione di queste ultime risultò uguale a quella misurata per la luce, egli concluse che: Poiché spesso l’interazione tra luce e materia riguarda esclusivamente la componente elettrica della radiazione, per semplicità si rappresenta solo quest’ultima. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  6. Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una lunghezza d’onda l (lambda), che rappresenta la distanza fra i punti corrispondenti di due onde successive, e dalla frequenza n (ni), che è il numero delle oscillazioni che l’onda compie in un secondo. Lunghezza d’onda raddoppiata Frequenza dimezzata mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  7. Lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente proporzionali e la costante di proporzionalità è data dalla velocità di propagazione dell’onda. La velocità di tutte le onde elettromagnetiche, luce compresa, è dunque costante ma varia da un mezzo all’altro (aria, acqua, vetro ecc.); nel vuoto essa vale circa 300 000 km · s-1 e si indica con la lettera c. Per semplicità utilizzeremo tale valore (c = 300 000 km · s-1 ) per la velocità in qualsiasi mezzo, il che consente di rappresentare la relazione tra le grandezze viste come: La lunghezza d’onda viene misurata in metri, mentre la frequenza viene misurata in cicli al secondo o hertz (Hz). mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  8. Le onde elettromagnetiche hanno frequenze comprese tra 1024 Hz per i raggi cosmici fino a pochi hertz per alcuni tipi di onde radio, ed è proprio la frequenza che determina l’energia di un’onda e quindi il suo modo di interagire con la materia. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  9. Vi sono onde (o radiazioni) elettromagnetiche con frequenze diversissime. L’insieme di tutte le radiazioni elettromagnetiche si dice spettro elettromagnetico. mappa UD8 Luce ed elettroni Luce e elettroni

  10. Pur essendo tutte caratterizzate dalla propagazione dei due campi visti, le onde elettromagnetiche possono comportarsi in maniera del tutto diversa quando incontrano la materia. Da questo punto di vista, esse possono essere divise in due grandi categorie: • le onde con frequenza superiore a 3 ·1015 Hz e quindi lunghezza d’onda inferiore a 100 nm hanno un’energia sufficiente per staccare gli elettroni dagli atomi e sono dette radiazioni ionizzanti; • le onde con frequenza inferiore a 3 ·1015 Hz non trasportano un quantitativo di energia sufficiente a staccare gli elettroni: sono dette radiazioni non ionizzanti e hanno più blande interazioni con la materia; è in questa regione dello spettro che si parla propriamente di campi elettromagnetici. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  11. Più nel dettaglio, lo spettro elettromagnetico è stato suddiviso in regioni, alcune delle quali hanno nomi che ci sono familiari. In particolare:le radiazioni percepibili dall’occhio umano appartengono alla zona del visibile, compresa tra 400 nm e 700 nm. Ultravioletti (UV) e infrarossi (IR) per noi sono invisibili, ma interagiscono entrambi con il nostro organismo: i primi sono responsabili dell’abbronzatura della nostra pelle, mentre i secondi li avvertiamo, sotto forma di calore, quando ci avviciniamo a un fuoco o a un termosifone. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  12. La luce del Sole è formata da onde elettromagnetiche di molte lunghezze d’onda diverse. Lo vediamo quando essa attraversa un prisma di materiale trasparente, o delle gocce d’acqua, dando luogo all’arcobaleno. Quando un fascio di luce emesso dalle comuni sorgenti luminose, che sono per lo più policromatiche, attraversa per esempio un prisma trasparente o delle gocce d’acqua, viene scomposto nelle radiazioni di diversa frequenza che lo compongono. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  13. Passando da un mezzo (l’aria) a un altro (il materiale del prisma, l’acqua) ogni radiazione viene deviata in modo proporzionale alla sua frequenza. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  14. Anche elementi in fase gassosa, se opportunamente stimolati, sono in grado di emettere luce, come si verifica nei comuni tubi al neon o, in modo più spettacolare, con i diversi colori dei fuochi d’artificio. Ciò che distingue queste sorgenti è che la luce emessa ha colore diverso a seconda dell’elemento che la produce ed è composta da poche frequenze diverse. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  15. Scomponendo la luce con un prisma, si produce un’immagine (detta spettro) che, anziché variare con continuità da un colore all’altro, è costituita da poche righe distinte, caratteristiche dell’elemento che emette la luce. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  16. Gran parte dei corpi che vediamo normalmente non emettono luce propria. Il loro colore dipende dalla lunghezza d’onda delle radiazioni che essi non assorbono e ‘rimbalzano’ su di loro. Il colore di un corpo dipende dunque sia dalle sue caratteristiche, sia anche dalla composizione della luce che lo illumina. Sono esempio i pigmenti fotosintetici, primo tra tutti la clorofilla. Le piante appaiono verdi perché la clorofilla assorbe i fotoni nel rosso e nel blu, riflettendo quelli del giallo e del verde. Il nostro occhio fa il resto dato che è più sensibile al verde che al giallo. Gli stessi oggetti, illuminati con luce di diversa composizione, appaiono di colori differenti. È per questo che, prima di acquistare una maglietta, vogliamo vederla alla luce del giorno e non solo a quella artificiale del negozio. mappa UD8 Luce ed elettroni Natura luce

  17. Spettri a righe: segnali dagli atomi Sappiamo che il modello di Rutherford non era completo, in quanto l’elettrone, per continuare a ruotare attorno al nucleo, avrebbe dovuto emettere energia elettromagnetica, perdendo via via energia cinetica, fino a precipitare sul nucleo stesso annullandosi. In altre parole l’atomo, in un intervallo di tempo brevissimo, avrebbe dovuto perdere la propria stabilità, cosa che invece non accade. mappa UD8 Luce ed elettroni Spettri a righe

  18. Il modello, inoltre, non spiegava il comportamento degli elementi in fase gassosa che, se opportunamente stimolati, emettono luce. La sua scomposizione (spettro di emissione) rivelava infatti la presenza di poche righe soltanto, le cui frequenze erano diverse da elemento a elemento. mappa UD8 Luce ed elettroni Spettri a righe

  19. Si era anche trovato che facendo passare una luce bianca, cioè policromatica, attraverso un campione gassoso di un elemento, questo assorbiva esattamente quelle frequenze che avrebbe emesso qualora fosse stato eccitato. Scomponendo la luce che aveva attraversato il campione, si osservava uno spettro continuo, solcato però da numerose righe nere corrispondenti alle frequenze assorbite: lo spettro di assorbimento. mappa UD8 Luce ed elettroni Spettri a righe

  20. La quantizzazione negli atomi: Niels Bohr Nel 1913, Niels Bohr si rese conto che le righe degli spettri di emissioneo di assorbimento dell’idrogeno e degli altri elementi erano segnali della quantità di energia posseduta dagli elettroni nei rispettivi atomi. Se un atomo emette o assorbe soltanto radiazioni di ben precisa frequenza, ciò indica che per i suoi elettroni è possibile ricevere o cedere esclusivamente determinate quantità di energia. In altre parole, gli elettroni possono solamente ‘saltare’ tra alcuni stati energetici ben definiti e fissi, come se nell’atomo esistessero dei “gradini” di energia. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  21. Queste considerazioni condussero Bohr a proporre un nuovo modello atomico basandosi su due affermazioni che contrastavano con la meccanica classica. Bohr afferma che: I raggi di tali orbite soddisfano tutti la relazione: r= a0·n2 dove a0= 5,3·10-11 m Al fattore n, un numero intero che può assumere tutti i valori compresi tra 1 e infinito (∞), Bohr diede il nome di numero quantico principale. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  22. Se introduciamo nella formula • i possibili valori dei numeri quantici, si ottengono i raggi delleorbite permesse. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  23. Il modello atomico di Bohr, dunque, mantiene la struttura ‘planetaria’ già suggerita da Rutherford, con elettroni che girano intorno al nucleo, ma impone che soltanto alcune orbite siano percorribili. La distanza dal nucleo delle orbite permesse è quantizzata, cioè multiplo di un valore comune. r4 r3 r2 r1 A partire dal valore del raggio di un’orbita, Bohr calcolò l’energia posseduta da un elettrone su di essa. Anche le energie delle orbite risultano così quantizzate poiché dipendenti dal numero quantico principale. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  24. InoltreBohr afferma che: mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  25. In pratica l’elettrone occupa una ben definita orbita, che è la sua orbita fondamentale. Quando riceve energia dall’esterno, passa a una delle orbite di energia superiore. Dopo un tempo brevissimo, l’elettrone torna nella sua orbita fondamentale ed emette una radiazione elettromagnetica, la cui energia corrisponde esattamente alla differenza tra l’energia dell’orbita occupata nello stato eccitato e quella dell’orbita fondamentale. A ogni differenza di energia tra le orbite corrisponde una diversa frequenza di emissione, e quindi una riga del relativo spettro, mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  26. In altre parole, un atomo di idrogeno eccitato, quando torna al suo stato fondamentale, dovrà emettere un fotone la cui energia sia esattamente uguale alla differenza tra quelle dei due stati tra i quali avviene la transizione. I valori trovati sperimentalmente per le righe di emissione avevano mostrato l’esistenza di sette livelli energetici, via via più vicini tra loro, indicati secondo energie crescenti con le lettere K, L, M, N, O, P, Q. In realtà, esistono infiniti livelli di energia, ma dopo il settimo essi sono così ravvicinati da essere difficilmente distinguibili. Si dice che per quei valori di energia i livelli formano un continuum. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr

  27. La quantizzazione negli atomi: Sommerfeld Il modello atomico ideato da Bohr spiegava lo spettro dell’idrogeno. Le frequenze delle righe ottenute sperimentalmente corrispondevano infatti a quelle calcolabili con la relazione ricavata dal fisico danese. Inoltre, pur non riuscendo a prevedere matematicamente le frequenze delle righe di atomi con più di un elettrone, il suo modello consentiva di spiegare perché elementi diversi emettevano radiazioni di differente frequenza. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr-Sommerfeld

  28. Le frequenze delle radiazioni emesse o assorbite, infatti, dipendono dalle energie delle orbite interessate al salto elettronico, il cui raggio varia da elemento a elemento a causa del diverso numero di protoni ed elettroni dei loro atomi. Per ‘vederlo’, si possono per esempio bagnare con acido cloridrico i composti di alcuni metalli, il che li rende facilmente volatilizzabili alla fiamma del bunsen. Il calore eccita allora gli elettroni che, tornando nella loro orbita fondamentale, conferiscono alla fiamma colorazioni caratteristiche, dovute alle diverse frequenze dei fotoni rilasciati. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr-Sommerfeld

  29. Successivamente, utilizzando strumenti più perfezionati, si scoprì che le righe degli spettri sono in realtà costituite da gruppi di righe più sottili. Per spiegarlo, il fisico tedesco Arnold Sommerfeld (1868-1951) estese il primo postulato di Bohr con una nuova condizione: In sostanza, agli elettroni sono permesse orbite non solo circolari, ma anche ellittiche, per le quali sono consentite ben definite orientazioni spaziali. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr-Sommerfeld

  30. Ogni orbita ha un valore di energia suo proprio, che può essere rappresentato con l’introduzione di due nuovi numeri quantici: uno collegato alla forma dell’orbita e uno alla sua orientazione spaziale. Nell’atomo si individuano quindi diversi livelli di energia, a ciascuno dei quali appartengono una o (a partire dal secondo livello) più orbite (o sottolivelli) vicine tra loro che gli elettroni possono percorrere. In seguito, altri problemi nell’interpretazione degli spettri imposero l’introduzione, dovuta a Wolfgang Pauli (1900-1958), di un nuovo numero quantico, collegato alla rotazione dell’elettrone su sé stesso (spin), fenomeno che influisce sull’energia dell’orbita. Il nuovo modello atomico che si ottenne dalla quantizzazione della forma e dell’orientazione delle orbite, conosciuto come modello di Bohr-Sommerfeld, costituiva un passo in avanti rispetto al modello di Bohr ma lasciava ancora molti problemi irrisolti: spiegava solo parzialmente, per esempio, gli spettri di atomi con più elettroni. mappa UD8 Luce ed elettroni Bohr-Sommerfeld

  31. Le energie di ionizzazione: la conferma dei livelli di energia Le conclusioni cui erano arrivati Bohr e Sommerfeld, in base alle quali gli elettroni di un atomo possiedono una differente energia in funzione della loro distanza dal nucleo, furono avvalorate da ricerche completamente diverse. In un atomo, elettroni e nucleo hanno carica elettrica opposta e si attraggono perciò reciprocamente, per la forza di Coulomb, con un’intensità inversamente proporzionale alla loro distanza. Quanto più un elettrone dista dal nucleo, dunque, tanto più debolmente è a esso legato. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  32. L’energia di ionizzazione di un atomo si può misurare con l’apparecchio riportato. In esso un filamento di tungsteno (W) viene riscaldato dal passaggio di corrente ed emette elettroni che vengono accelerati da una griglia (F), a cui può essere applicata una differenza di potenziale a piacere. Dentro al tubo sono contenuti atomi isolati dell’elemento che si vuole studiare. Quando l’energia degli elettroni incidenti è sufficientemente elevata, essi sono in grado di staccare dall’atomo in esame l’elettrone più esterno, cioè quello più facilmente allontanabile. Si forma così un fascio di atomi privati di un elettrone e dotati perciò di carica positiva (ioni positivi o cationi). La loro presenza provoca un passaggio di corrente elettrica, che viene registrato da un galvanometro. Variando il potenziale imposto alla griglia, è possibile osservare a quale valore si ha passaggio di corrente tra gli estremi del tubo catodico e calcolare pertanto l’energia che gli elettroni incidenti devono avere per ionizzare l’atomo esaminato. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  33. In modo analogo, si possono determinare le energie necessarie (seconda ionizzazione, terza ionizzazione e così via) per strapparne anche tutti gli altri elettroni. Le energie di ionizzazione determinate sperimentalmente per un dato elemento presentano valori progressivamente crescenti, come è logico attendersi. Gli elettroni strappati in successione sono infatti sempre più vicini al nucleo e quindi più fortemente legati a esso. Su di loro inoltre agisce una carica positiva residua sempre maggiore, perché sempre maggiore è il numero dei protoni non più bilanciati dagli elettroni che sono stati allontanati. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  34. Analizziamo i valori delle energie di ionizzazione dei dodici elettroni del magnesio e mettiamoli in grafico (usando per poterlo rappresentare più facilmente, le radici quadrate delle energie). Si può osservare che le prime due ionizzazioni, cioè l’allontanamento dei due elettroni più esterni, richiedono energie simili. Con il terzo valore, l’energia necessaria si impenna bruscamente per poi crescere in maniera lineare per l’allontanamento di ognuno di altri sette elettroni. Un nuovo brusco salto si verifica quando si considerano le energie di ionizzazione degli ultimi due elettroni. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  35. L’interpretazione dei dati sperimentali ci porta a concludere che i dodici elettroni del magnesio sono suddivisi in tre livelli di energia: due elettroni appartengono al primo livello, il più vicino al nucleo, otto sono nel secondo livello, intermedio, e due stanno nel terzo livello, quello più esterno. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  36. Ripetendo le misurazioni per altri elementi, troviamo che si ripropone l’andamento delle energie di ionizzazione trovato per il magnesio. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  37. Ecco i valori fino al calcio: riconosciamo l’andamento tipico delle energie di ionizzazione: si riscontra cioè sempre una crescita progressiva delle energie di ionizzazione, intervallata da salti bruschi. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  38. In altre parole, resta confermato quanto già indicato da Bohr con il numero quantico principale. Inoltre se soffermiamo l’attenzione sugli otto elettroni del livello energetico contraddistinto da n = 2, è possibile fare una ulteriore suddivisione. Considerando per esempio le energie di ionizzazione degli elettroni da 3 a 10 del neon, si nota che gli ultimi due elettroni presentano valori di energia non in linea con i primi sei. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  39. All’interno di uno stesso livello vi sono dunque due gruppi di elettroni che si differenziano per i valori di energia posseduta. I due gruppi individuano così due sottolivelli la cui presenza era già stata determinata da Sommerfeld quando aveva introdotto un nuovo numero quantico collegato alla forma delle orbite degli elettroni di un dato livello di energia. Un’analisi estesa a tutti gli elementi noti ci permette di stabilire che: mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

  40. Esiste pertanto un solo sottolivello per il primo livello di energia (n = 1) che in totale può ospitare due elettroni. Nel secondo livello (n = 2), invece, possono stare al massimo otto elettroni (2 · 22) distribuiti in due sottolivelli. Nel terzo livello (n = 3) trovano posto tre sottolivelli, per un massimo di 18 elettroni, quattro nel quarto, per complessivi 32 elettroni e così via. I sottolivelli vengono contraddistinti con un numero che indica il livello di energia e una lettera che indica il sottolivello. Nelle normali condizioni, cioè per atomi privi di elettroni eccitati, risultano popolati però solo i sottolivelli indicati in tabella. mappa UD8 Luce ed elettroni E. ionizzazione

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