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Estinzione del rapporto e dell’incarico dirigenziale

Estinzione del rapporto e dell’incarico dirigenziale. Revoca dell’incarico e spoil system risoluzione del rapporto di lavoro attribuzione di incarico diverso il licenziamento del dirigente. Evoluzione della responsabilità dirigenziale.

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Estinzione del rapporto e dell’incarico dirigenziale

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  1. Estinzione del rapporto e dell’incarico dirigenziale Revoca dell’incarico e spoil system risoluzione del rapporto di lavoro attribuzione di incarico diverso il licenziamento del dirigente

  2. Evoluzione della responsabilità dirigenziale • ulteriore rispetto a quella civile, penale, amministrativa, contabile e disciplinare, • finalizzata a valutare l’attività complessiva del dirigente con i canoni del buon andamento, dell’imparzialità e della legittimità dell’azione degli uffici • misure, graduate in ragione della gravità della responsabilità e diversificate in ragione della qualifica attribuita

  3. la prima formulazione del d.lgs. n. 29/1993 • principio della distinzione di compiti tra organi politici ed organi burocratici • verifica dei risultati raggiunti dai dirigenti mediante appositi nuclei di valutazione composti da dirigenti generali e da esperti • attraverso convenzioni con organismi pubblici o privati particolarmente qualificati nel controllo di gestione • la rimozione dalle funzioni e il collocamento a disposizione”

  4. la valutazione • chiaramente collegata al complessivo rendimento dell’attività del dirigente e non all’esattezza ed alla correttezza dei singoli adempimenti • in termini di produttività, efficienza e rispondenza agli obiettivi (i.e. efficacia) che diveniva l’elemento determinante • organismi tecnici di valutazione (nuclei di valutazione o servizi di controllo interno) • attività “in posizione di autonomia” e dovere di referto “trimestralmente sui risultati della loro attività” “esclusivamente agli organi di direzione politica”,

  5. La responsabilità dirigenziale • contemplava, pur nell’unitarietà della categoria, • una responsabilità attinente all’organizzazione degli uffici e del lavoro, • una responsabilità relativa alle risorse umane e finanziarie, • una responsabilità connessa all’attuazione delle politiche

  6. accertata responsabilità • nell’ipotesi di inosservanza delle direttive e di risultati negativi della gestione • le misure previste erano tre, • da applicare previo esperimento del contraddittorio durante il quale il dirigente aveva diritto di essere ascoltato e di presentare controdeduzioni

  7. sanzioni • a) il collocamento a disposizione del dirigente (generale e non) per il periodo massimo di un anno, con conseguente perdita del trattamento accessorio connesso alle funzioni. • b) il collocamento a riposo per ragioni di servizio per i dirigenti generali ed equiparati, • c) l’applicazione delle disposizioni del codice civile per i dirigenti non generali

  8. La riforma degli strumenti di controllo • Il sistema dei controlli è stato compiutamente ridisegnato soltanto con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 • su delega della legge n. 59/1997 che prevedeva forme di intervento sostitutivo nel caso di inerzia delle amministrazioni

  9. . La riforma della responsabilità dirigenziale l. n. 145/2002 • Conferma della precedente graduazione della responsabilità dirigenziale (lieve, media e grave) • una sola coppia di ipotesi • “mancato raggiungimento degli obiettivi” • nella “inosservanza di direttive . • Sanzioni in ragione della loro gravità : • mancato rinnovo dell’incarico” • revoca dall’incarico • collocamento a disposizione”; • “recesso”

  10. molteplici questioni interpretative • la qualificazione della responsabilità dirigenziale • il suo accertamento ; • la precisazione delle misure adottabili in caso di acclarata responsabilità.

  11. Il licenziamento del dirigente licenziamento per giusta causa licenziamento con preavviso Il recesso per responsabilità dirigenziale

  12. Potere disciplinare • il dirigente pubblico è soggetto al potere disciplinare al pari del restante personale; • si desume in maniera inequivoca, oltre che dal riferimento operato nell’art. 21 alla responsabilità disciplinare, dall’art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 • ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni si applicano l’art. 2106 del codice civile e l’art. 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300» • I dirigenti privatizzati rientrano a pieno titolo nel personale destinatario della norma senza alcuna distinzione in relazione al tipo di incarico ricoperto.

  13. Norme sanzionatorie • la contrattazione d’area dirigenziale, pur potendo prevedere anche sanzioni conservative in quanto a ciò non osta né la lettera né la ratio della norma (cfr. art. 55, comma 3 («la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi»), si è limitata a prevedere quale unica sanzione disciplinare il licenziamento, con o senza preavviso.

  14. Normativa civilistica • una specifica normativa di origine contrattuale relativa al licenziamento disciplinare non impedisce l’utilizzo delle nozioni privatistiche degli articoli 2118 e 2119 cod.civ., nonché dell’art. 3 della legge n. 604/1966 relative al licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo.

  15. licenziamento per giusta causa • ex art. 2119 può essere riferito a fatti e comportamenti «anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravità tale da essere ostativi alla prosecuzione, seppure provvisoria, del rapporto di lavoro» • legittimo il licenziamento disciplinare anche qualora esso non derivi dall’inosservanza dei doveri del lavoratore definiti ed imposti dal codice disciplinare, ma discenda dalla violazione di alcuni doveri fondamentali che derivano dal necessario rispetto di norme primarie dell’ordinamento, prime fra tutte quelle penali, che non richiedono di essere specificate nel codice disciplinare.

  16. licenziamento con preavviso • considerato emblematico della sussistenza di un potere di libera recedibilità dell’amministrazione pubblica al pari del datore di lavoro privato

  17. Imprese e servizi di investimento: nozioni introduttive.Art. 1 TUFDefinizioni 1. (…) u) "prodotti finanziari": gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari; Art. 1 TUFDefinizioni 1. w-bis) "prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione": le polizze e le operazioni di cui ai rami vita III (polizze unit e index linked) e V (contratti di capitalizzazione) di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, con esclusione delle forme pensionistiche individuali di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 25216; Art. 1 TUFDefinizioni (…) 1-bis. Per “valori mobiliari” si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli; c) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere; d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure. Art. 1 TUFDefinizioni 1-ter. Per “strumenti del mercato monetario” si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali. 2. Per "strumenti finanziari" si intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; e gli strumenti finanziari derivati, ovvero: d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti; e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto; Art. 1 TUFDefinizioni Segue: Strumenti finanziari derivati f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione; g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini; h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; i) contratti finanziari differenziali; Art. 1 TUFDefinizioni Segue: Strumenti finanziari derivati j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini. 4. I mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari. Art. 1 TUFDefinizioni Servizi ed attività di investimento: (comma 5) per tali si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; c-bis) collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione di portafogli; e) ricezione e trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti; g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Art. 1 TUFDefinizioni Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (comma 5-qunquies) Per "gestione di sistemi multilaterali di negoziazione" si intende la gestione di sistemi multilaterali che consentono l’incontro, al loro interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti. Art. 1 TUFDefinizioni La consulenza in materia di investimenti (comma 5-septies.). Tale servizio viene definito come la “la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione”. Quindi, non si è in presenza di una raccomandazione personalizzata qualora essa venga “diffusa esclusivamente tramite canali di distribuzione o se è destinata al pubblico”. Consulenza in materia di investimenti L’elemento della personalizzazione, distingue in particolare la consulenza, quale servizio di investimento, dalla prestazione di raccomandazioni generali, le quali formano invece oggetto, insieme alla ricerca in materia di investimenti e analisi finanziaria, di un servizio accessorio. Consulenza in materia di investimenti Quanto all’oggetto diretto della raccomandazione personalizzata, esso viene individuato, dalla nuova disciplina comunitaria (MiFID), nella realizzazione di un’operazione appartenente ad una delle seguenti categorie: - comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare, riscattare, detenere un determinato strumento finanziario o assumere garanzie nei confronti dell’emittente rispetto a tale strumento; - esercitare o non esercitare qualsiasi diritto conferito da un determinato strumento finanziario a comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare o riscattare uno strumento finanziario. Art. 1 TUFDefinizioni I servizi accessori a) la custodia e amministrazione di strumenti finanziari e i relativi servizi connessi; b) la locazione di cassette di sicurezza; c) la concessione di finanziamenti agli investitori er consentire loro di effettuare un'operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede il finanziamento; d) la consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse, nonché la consulenza e i servizi concernenti le concentrazioni e l'acquisto di imprese; e) i servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari, ivi compresa l'organizzazione e la costituzione di consorzi di garanzia e collocamento; f) la ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari; servizio che costituisce una new entry; g) l'intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione di servizi d'investimento. Art. 1 TUFDefinizioni Comma 1, lett. r) "soggetti abilitati": le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento. Regole di condotta degli intermediariCriteri generali (art. 21 Tuf) Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività. Regole di condotta degli intermediariCriteri generali (art. 21 Tuf) Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.u. bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie: a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti; b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato; c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente. La classificazione delle clientela clienti al dettaglio; clienti professionali; controparti qualificate. I clienti professionali di diritto In base al nuovo Regolamento Intermediari della Consob (delibera n. 16190/2007), si intendono clienti professionali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento: (1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi; g) i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché al sistema di compensazione e garanzia (locals); i) altri investitori istituzionali; l) agenti di cambio; I clienti professionali di diritto (2) le imprese di grandi dimensioni che presentano almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: - totale di bilancio: 20 000 000 EUR, - fatturato netto: 40 000 000 EUR, - fondi propri: 2 000 000 EUR; (3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie I clienti professionali su richiesta Nel corso di una procedura di valutazione da parte dell’intermediario, devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: ■ il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; ■ il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante e gli strumenti finanziari, deve superare 500.000 EUR; ■ il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti. In caso di persone giuridiche, la valutazione di cui sopra è condotta con riguardo alla persona autorizzata ad effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima. Le controparti qualificate Per quanto attiene, infine, alle controparti qualificate, ai sensi dell’art. 6, comma 2-quater, lettera d), del Tuf, alla Consob, sentita la Banca d’Italia, è rimesso il compito di individuare “le norme di condotta che non si applicano ai rapporti fra soggetti abilitati che prestano i servizi di cui all’articolo 1, comma 5, lettere a), b) ed e) [vale a dire i servizi di negoziazione per conto proprio, di esecuzione di ordini e di ricezione e trasmissione di ordini] e controparti qualificate”, le quali vengono, ai sensi della MiFID1 precisamente individuate dallo stesso legislatore ai nn. 1, 2, 3, 4 e 5 dello stesso comma 2-quater dell’art. 6 del Tuf, nei seguenti soggetti: Le controparti qualificate (segue) 1) le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli OICR, le SGR, le società di gestione armonizzate, i fondi pensione, gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106, 107 e 113 del T.U. bancario, le società di cui all’articolo 18 del T.U. bancario (vale a dire le società finanziarie controllate da banche), gli istituti di moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i governi nazionali e i loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico; 2) le imprese la cui attività principale consista nel negoziare per conto proprio merci e strumenti finanziari derivati su merci; 3) le imprese la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura, nei mercati a pronti, purché esse siano garantite da membri che aderiscono all’organismo di compensazione di tali mercati, quando la responsabilità del buon fine dei contratti stipulati da dette imprese spetta a membri che aderiscono all’organismo di compensazione di tali mercati; 4) le altre categorie di soggetti privati individuati con regolamento dalla Consob, sentita Banca d’Italia, nel rispetto dei criteri di cui alla direttiva 2004/39/CE e alle relative misure di esecuzione; 5) le categorie corrispondenti a quelle dei numeri precedenti di soggetti di Paesi non appartenenti all’Unione europea. Gli obblighi informativi degli intermediari L’art. 27 del regolamento intermediari, dedicato ai requisiti generali dell’informazione, prescrive che tutte le informazioni, comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. Le comunicazioni pubblicitarie e promozionali devono essere chiaramente identificabili come tali. Gli intermediari devono fornire ai clienti o potenziali clienti, in una forma comprensibile, informazioni appropriate affinché essi possano ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati e i rischi ad essi connessi e, di conseguenza, possano prendere le decisioni in materia di investimenti in modo consapevole. Tali informazioni, che possono essere fornite in formato standardizzato, si riferiscono: a) all'impresa di investimento e ai relativi servizi; b) agli strumenti finanziari e alle strategie di investimento proposte; inclusi opportuni orientamenti e avvertenze sui rischi associati agli investimenti relativi a tali strumenti o a determinate strategie di investimento; c) alle sedi di esecuzione, e d) ai costi e gli oneri connessi. Adeguatezza, appropriatezza e “mera esecuzione o ricezione di ordini” (c.d. execution only) Conformemente con le norme comunitarie, il Titolo II del Regolamento intermediari articola la regola della “conoscenza del cliente” (know your customer rule) e la conseguente valutazione delle operazioni e dei servizi, in ragione del servizio di investimento coinvolto e delle caratteristiche dello stesso, secondo il seguente schema: 1) ampia conoscenza del cliente e conseguente valutazione di adeguatezza, per i servizi di consulenza e di gestione di portafogli; 2) più ridotta conoscenza del cliente e conseguente valutazione di appropriatezza per tutti gli altri servizi di investimento; 3) possibilità, per i servizi di (mera) esecuzione di ordini per conto dei clienti e di ricezione e trasmissione di ordini, di prescindere, a specifiche e determinate condizioni, e nei limiti delle stesse, dalla conoscenza del cliente e dalla conseguente valutazione di appropriatezza. L’execution only non è un nuovo o diverso servizio di investimento, ma uno specifico, possibile, atteggiarsi dei servizi di esecuzione di ordini e di ricezione e trasmissione ordini. Adeguatezza: informazioni dai clienti nei servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli. L’art. 39 del RI prevede che al fine di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente, nella prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafoglio, gli intermediari devono ottenere dal cliente o potenziale cliente le informazioni necessarie in merito: a) alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimento rilevante per il tipo specifico di strumento o di servizio; tali informazioni includono i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati, tenuto conto delle caratteristiche del cliente, della natura e dell’importanza del servizio da fornire e del tipo di prodotto od operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi di tale servizio, prodotto od operazione: a1) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; a2) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; a3) il livello di istruzione, la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente o del potenziale cliente. Adeguatezza: informazioni dai clienti nei servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli. Segue: b) alla situazione finanziaria, che devono includere informazioni sulla fonte e sulla consistenza del reddito del cliente, del suo patrimonio complessivo e dei suoi impegni finanziari; c) agli obiettivi di investimento; tali informazioni includono dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento, le sue preferenze in materia di rischio, il suo profilo di rischio e le finalità dell’investimento, laddove pertinenti. Gli intermediari possono fare affidamento sulle informazioni fornite dai clienti o potenziali clienti a meno che esse non siano manifestamente superate, inesatte o incomplete. Quando gli intermediari che forniscono il servizio di investimento di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafoglio non ottengono le informazioni di cui alle lett. da a) a c), si devono astenere dal prestare i menzionati servizi. D’altra parte, gli intermediari non possono neanche incoraggiare un cliente o potenziale cliente a non fornire le informazioni richieste ai fini dell’adempimento della know your customer rule (art. 39, comma 4, RI). La valutazione dell’adeguatezza L’art. 40 del RI prescrive che, sulla base delle informazioni ricevute dal cliente e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio fornito, gli intermediari valutano che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafoglio soddisfi i seguenti criteri: a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; b) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio. Una serie di operazioni, ciascuna delle quali è adeguata se considerata isolatamente, può non essere adeguata se la raccomandazione o le decisioni di negoziazione avvenga con una frequenza che non è nel migliore interesse del cliente. La valutazione dell’adeguatezza Se il servizio di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli è fornito ad un cliente professionale, l’intermediario può presumere che, per quanto riguarda gli strumenti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio. Nel caso del servizio di consulenza in materia di investimenti ad un cliente professionale di diritto, gli intermediari possono presumere che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento compatibile con gli i propri obiettivi di investimento. Appropriatezza. Informazioni dai clienti nei servizi diversi da quelli di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli. Con riguardo alla prestazione di servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, l’art. 41 del RI prevede che gli intermediari chiedano al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni in merito alla sua conoscenza e esperienza nel settore d’investimento rilevante per il tipo specifico di strumento o di servizio proposto o chiesto. Appropriatezza. Informazioni dai clienti nei servizi diversi da quelli di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli segue Anche in questo caso, le informazioni richieste includeranno i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati, tenuto conto delle caratteristiche del cliente, della natura e dell’importanza del servizio da fornire e del tipo di prodotto od operazione previsti, nonché della complessità e dei rischi di tale servizio, prodotto od operazione: 1) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; 2) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; 3) il livello di istruzione, la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente o del potenziale cliente. Ai fini dell’appropriatezza, invece, non dovranno essere assunte informazioni sulla situazione finanziaria e sugli obiettivi di investimento del cliente. Valutazione dell’appropriatezza Sulla base di dette informazioni, per valutare se un servizio di investimento (diverso dalla consulenza e dalla gestione di portafogli) sia appropriato per un cliente, gli intermediari devono verificare che il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che il lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta. Gli intermediari possono presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi connessi ai determinati servizi di investimento o alle operazioni o ai tipi di operazioni o strumenti per i quali il cliente è classificato come cliente professionale. Adeguatezza / Appropriatezza “Mera esecuzione o ricezione di ordini” (execution only): condizioni di operatività della clausola. Gli intermediari possono prestare i servizi di esecuzione di ordini per conto dei clienti o di ricezione e trasmissione ordini, senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere alla valutazione di appropriatezza, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) i suddetti servizi sono connessi ad azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un mercato equivalente di un paese terzo, strumenti del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di debito (escluse le obbligazioni o i titoli di debito che incorporano uno strumento derivato), OICR armonizzati ed altri strumenti finanziari non complessi; b) il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente; c) il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’intermediario non è tenuto a valutare l’appropriatezza e che pertanto l’investitore non beneficia della corrispondente protezione offerta dalle relative disposizioni (l’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato); d) l’intermediario rispetta gli obblighi in materia di conflitti di interesse. Separazione patrimoniale (art. 22 Tuf) Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall'impresa di investimento, dalla Sgr, dalla società di gestione armonizzata o dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario, nonché gli strumenti finanziari dei singoli clienti a qualsiasi titolo detenuti dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell'intermediario e da quello degli altri clienti. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell'intermediario o nell'interesse degli stessi, né quelle dei creditori dell'eventuale depositario o sub-depositario o nell'interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi. Per i conti relativi a strumenti finanziari e a somme di denaro depositati presso terzi non operano le compensazioni legale e giudiziale e non può essere pattuita la compensazione convenzionale rispetto ai crediti vantati dal depositario o dal sub-depositario nei confronti dell'intermediario o del depositario. 3. Salvo consenso scritto dei clienti, l'impresa di investimento, la Sgr, la società di gestione armonizzata, l'intermediario finanziario iscritto nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario e la banca non possono utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, gli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, da essi detenuti a qualsiasi titolo. L'impresa di investimento, l'intermediario finanziario iscritto nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario, la Sgr e la società di gestione armonizzata non possono utilizzare, nell'interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli investitori, da esse detenute a qualsiasi titolo. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) «i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1 comma 5 lettera f [consulenza], e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo». La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) In relazione all’obbligo di consegnare un esemplare del contratto al cliente, si discute se sia sufficiente consegnare una fotocopia del contratto firmato oppure se sia necessario predisporre due originali. La legge si avvale del termine «esemplare» e non del termine «copia», Questo elemento testuale induce a ritenere che sia necessario predisporre due esemplari originali del contratto, uno dei quali rimane all’intermediario finanziario, mentre l’altro viene consegnato al cliente (l’articolo 37 del regolamento Consob n. 18190/2007, tuttavia, utilizza il termine «copia»). La mancata consegna di un esemplare del contratto costituisce inadempimento dell’intermediario. Trattandosi di inadempimento, l’intermediario deve: 1) o adempiere, per quanto tardivamente; 2) oppure risarcire il danno. Nella maggior parte dei casi è probabile che l’intermediario proceda volontariamente all’adempimento, il quale significa semplicemente consegnare in ritardo un esemplare del contratto al cliente. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) Nullità delle clausole di rinvio agli usi «E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto». Il costo per la fruizione dei servizi d’investimento costituisce uno degli elementi centrali di valutazione e di decisione del cliente. È di grande importanza per l’investitore sapere fin da principio e in modo chiaro quali saranno i costi risultanti dall’attività di intermediazione. Questo obiettivo verrebbe messo in pericolo se la determinazione del compenso fosse rimessa a un meccanismo come quello di rinvio agli usi che non consente al cliente un’immediata percezione dell’ammontare dei costi dell’intermediario. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) Nullità relativa (o di protezione) Nei casi di nullità previsti dall’art. 23 del Tuf, «la nullità può essere fatta valere solo dal cliente». Si parla, in questi casi, di nullità «relativa», quale opposta alla nullità «assoluta» che – secondo la regola generale - può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse (art. 1421 c.c.). L’art. 23 comma 3 sancisce però la relatività della nullità nei soli casi di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo (mancanza della forma scritta e violazione del divieto di rinvio agli usi). In questi casi la nullità può essere fatta valere solo dal cliente, che è normalmente la parte debole del rapporto contrattuale. L’intermediario invece, soggetto forte della relazione contrattuale, non può far valere la nullità. Una soluzione simile viene prevista nell’art. 24 comma 2 del Tuf con riferimento al contratto di gestione di portafogli. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) I contratti su strumenti finanziari derivati In base al comma 5, «nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a) non si applica l’art. 1933 del codice civile». L’art. 1933 c.c. è dettato in materia di gioco e scommessa e stabilisce che «non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti». I contratti derivati si caratterizzano per il fatto che il loro valore «deriva» (come indica appunto l’utilizzo dell’espressione «derivati») dall’andamento di certi parametri di riferimento. La finalità più comune degli strumenti derivati è quella di ridurre determinati rischi. I contratti derivati possono però essere utilizzati anche per fini diversi, ad esempio per compiere operazioni speculative. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) Segue: contratti su strumenti finanziari derivati Se è vero che i derivati possono essere utilizzati per far fronte a certi rischi, è anche vero che essi si caratterizzano - a loro volta - per un elemento di alea, che può essere maggiore o minore a seconda della circostanze del caso singolo. Con la stipula del contratto le parti accettano di subire le conseguenze dovute alle oscillazioni dei parametri di riferimento. L’art. 23 comma 5 chiarisce che l’eccezione di gioco non può essere proposta in relazione ai contratti derivati. Al legislatore è parso opportuno distinguere fra il gioco in sé, che non attribuisce azione in giudizio, e le azioni connesse a contratti derivati, che danno invece tutela processuale. L’eccezione di gioco prevista dall’art. 1933 c.c. si giustifica con il fatto che il gioco non svolge una funzione economica seria. Nel caso dei contratti derivati è opportuno operare una distinzione sulla base delle finalità perseguite dai contraenti. Laddove il fine è particolarmente meritevole di tutela (scopo di riduzione dei rischi), l’eccezione di gioco difficilmente può operare. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) La responsabilità risarcitoria dell’intermediario. Inversione dell’onere probatorio Comma 6: «nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta». In merito a questa disposizione sono utili alcune puntualizzazioni. La prima di essa è che l’inversione dell’onere della prova riguarda i soli giudizi di risarcimento dei danni. Per il resto l’onere della prova segue la regola generale, che è quella fissata dall’art. 2697 comma 1 c.c.: «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento». La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) Segue: La responsabilità risarcitoria dell’intermediario. Inversione dell’onere probatorio. Anche se non mancano sentenze di avviso contrario, l’inversione dell’onere della prova non opera dunque quando l’azione fatta valere in giudizio è un’azione di nullità oppure di risoluzione del contratto. Si tratta di azioni che vengono esercitate con una certa frequenza nella prassi applicativa: la nullità può essere chiesta in caso di mancanza della forma scritta del contratto; la risoluzione può essere chiesta in presenza di un grave inadempimento dell’intermediario finanziario (inadempimento “di non scarsa importanza, art. 1455 c.c.). La seconda precisazione in merito all’art. 23 comma 6 del Tuf è che l’inversione dell’onere della prova riguarda solo la diligenza dell’intermediario finanziario, non gli altri elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria. Ne consegue che il cliente che agisce nei confronti di una banca deve comunque provare: 1) il danno che ha subito e 2) il nesso di causalità fra il comportamento dell’intermediario e il nocumento che ne è derivato. La disciplina dei contratti di investimento (art. 23 Tuf) Per quanto riguarda la diligenza richiesta all’intermediario finanziario, si tratta della diligenza professionale (art. 1176 comma 2 c.c.). Infine appare corretta l’affermazione secondo cui l’art. 23 comma 6 rappresenta una disposizione inderogabile. Conseguentemente sono invalide le clausole contrattuali che impongono al cliente di provare che l’intermediario finanziario è stato negligente. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati Finora, riferendosi all’intermediario che presta i servizi e le attività si investimento, ci siamo genericamente riferiti alle imprese di investimento; in realtà, nel Tuf gli intermediari che, a vario titolo, possono svolgere tali attività appartengono a varie tipologie. Quelli che svolgono detti servizi in base alla legge italiana e sono quindi soggetti alle autorità di vigilanza nazionali, sono chiamati “soggetti abilitati”. In base all’art. 1, comma 1, lett. r), del Tuf, essi sono: le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati L’art. 18, comma 1, del Tuf riserva l'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi ed attività di investimento alle imprese di investimento (vale a dire alle società di intermediazione mobiliare – Sim -, che sono le imprese di investimento di diritto italiano e le imprese di investimento estere comunitarie ed extracomunitarie) e alle banche (banche italiane ed estere, comunitarie ed extracomunitarie). L’espressione “esercizio professionale nei confronti del pubblico” lascia intendere che la riserva di attività, sanzionata penalmente (v. art. 166 Tuf che definisce le fattispecie di abusivismo), si riferisce a un’attività di natura imprenditoriale rivolta al mercato, alla generalità del pubblico Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati Le Società di gestione del risparmio (Sgr) possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi di gestione di portafogli e di consulenza in materia di investimenti. Le società di gestione armonizzate possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi di gestione di portafogli e di consulenza in materia di investimenti, qualora autorizzate nello Stato membro d'origine. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati Gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario possono esercitare professionalmente nei confronti del pubblico, nei casi e alle condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, sentita la Consob, i servizi e le attività negoziazione per conto proprio e di esecuzione di ordini per conto dei clienti, limitatamente agli strumenti finanziari derivati, nonché il servizio di collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo o assunzione di garanzia. In pratica, si tratta delle c.d. società finanziarie che esercitano nei confronti del pubblico l’attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi. Tali soggetti sono sottoposti ad un regime di vigilati dalla Banca d’Italia e e se superano determinate soglie quantitative stabilite dal ministro dell’economia e delle finanze (dimensione e rapporto tra indebitamento e patrimonio), sono inserite in un “elenco speciale” temuto dalla stessa autorità Soltanto tali soggetti, tra le varie società finanziarie, quindi, possono parzialmente accedere al mercato dei servizi di investimento. Le società di gestione di mercati regolamentati possono essere abilitate a svolgere l’attività di gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati I consulenti finanziari. In base all’art.. 18-bis del Tuf, la riserva di attività di cui all’art. 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati Le società fiduciarie Le società fiduciarie sono ancora disciplinate dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966. In base all’art. 199 del Tuf, le società fiduciarie, che hanno optato per l’esercizio esclusivo della gestione di portafogli e che risultano iscritte in una sezione speciale dell’albo SIM (si tratta, perciò, di una categoria a numero chiuso): - hanno mantenuto la possibilità di continuare a svolgere tale attività, ferma la facoltà di avvalersi dell’intestazione fiduciaria (che consente loro di operare in nome proprio, sia pure per conto del cliente fiduciante); hanno, però, dovuto aggiungere alla loro denominazione sociale il nome di “SIM” (siamo perciò di fronte a dei soggetti assimilati alle SIM: una sorta di “pseudosim”); possono anche allargare la loro operatività agli altri servizi di investimento, purché, però, rinuncino ad avvalersi dell’intestazione fiduciaria. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati Gli agenti di cambio Anche in questo caso, si tratta di una categoria di intermediari a numero chiuso (o ad esaurimento; una sorta di specie in via di estinzione), dal momento che, già con la legge n. 1/1991, si è vietato l’emissione di nuovi bandi di concorso per l’accesso all’antica professione dell’agente di cambio. Attualmente, l’art. 201, comma 7, del Tuf dispone che gli agenti di cambio iscritti nel ruolo unico nazionale possono svolgere i seguenti servizi di investimento: - esecuzione di ordini per conto dei clienti; - collocamento, limitatamente al collocamento senza preventiva assunzione a fermo e senza assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente); - gestione di portafogli, - ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione); - consulenza in materia di investimento. Secondo una logica prudenziale, poi, la normativa di vigilanza della Banca d’Italia prevede che detti soggetti possano esercitare tali attività soltanto se il loro svolgimento non comporta assunzione di rischi in proprio. Le riserve di attività: banche, imprese di investimento ed altri soggetti abilitati In base all’art. 18, comma 5, Tuf, Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d'Italia e la Consob, - può individuare, al fine di tener conto dell'evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle autorità comunitarie, nuove categorie di strumenti finanziari, nuovi servizi e attività di investimento e nuovi servizi accessori, indicando quali soggetti sottoposti a forme di vigilanza prudenziale possono esercitare i nuovi servizi e attività. Accesso al mercato/autorizzazione Autorizzazione delle Società di intermediazione mobiliare (Sim) Come sempre avviene nel campo delle attività finanziarie (bancarie, assicurative, mobiliari), per l’avvio del legittimo svolgimento dell’attività, occorre la preventiva autorizzazione di una competente autorità di vigilanza. Nel caso delle SIM, l’autorità di vigilanza individuata dalla legge (art. 19, comma 1, Tuf) è la Consob, a cui spetta, sentita la Banca d'Italia, autorizzare l'esercizio dei servizi e delle attività di investimento da parte delle SIM, entro sei mesi dalla presentazione della domanda completa, quando ricorrono le seguenti condizioni: a) sia adottata la forma di società per azioni; b) la denominazione sociale comprenda le parole «società di intermediazione mobiliare»; c) la sede legale e la direzione generale della società siano situate nel territorio della Repubblica; d) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato in via generale dalla Banca d'Italia. Attualmente, il capitale minimo (da intendersi come il capitale versato dai soci a fronte della sottoscrizione di azioni, esclusi eventuali sovrapprezzi rispetto al valore nominale) può corrispondere a due importi così fissati: Accesso al mercato/autorizzazione Segue: autorizzazione delle Sim 385.000 euro per le SIM che intendono svolgere, anche congiuntamente, i servizi di collocamento senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente, di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, di ricezione e trasmissione di ordini nonché di mediazione, a condizione che: i) le SIM non detengano, neanche in via temporanea, le disponibilità liquide e gli strumenti finanziari della clientela e ii) che detti servizi siano svolti senza assunzione di rischi in proprio da parte della SIM; tali limitazioni devono essere espressamente previste dallo statuto della SIM; 1 milione di euro per le SIM che intendono svolgere, anche congiuntamente, i servizi sopra menzionati in mancanza delle condizioni sub i) e ii), il servizio di collocamento con preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente, di negoziazione per conto proprio o per conto terzi; Accesso al mercato/autorizzazione Segue: autorizzazione delle Sim e) venga presentato, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto, un programma concernente l'attività iniziale, ivi compresa l’illustrazione dei tipi delle operazioni previste, delle procedure adottate per l’esercizio dell’attività e dei tipi di servizi accessori che si intende esercitare, nonché una relazione sulla struttura organizzativa, ivi compresa l’illustrazione dell’eventuale affidamento a terzi di funzioni operative essenziali f) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo (i c.d. “esponenti aziendali”) abbiano i requisiti di professionalità, indipendenza e onorabilità indicati nell'articolo 13 del Tuf; g) i titolari di partecipazioni abbiano i requisiti di onorabilità stabiliti dall'articolo 14 Tuf; Accesso al mercato/autorizzazione Segue: autorizzazione delle Sim h) la struttura del gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare l'effettivo esercizio della vigilanza sulla società stessa e siano fornite almeno le informazioni riguardanti le partecipazioni qualificate al capitale della società. L'autorizzazione è negata quando dalla verifica delle condizioni suddette non risulta garantita la sana e prudente gestione, e assicurata la capacità dell’impresa di esercitare correttamente i servizi o le attività di investimento. principio di proporzionalità • Il giustificato motivo soggettivo di licenziamento comporta la prova, secondo la Cassazione, non solo del mancato raggiungimento del risultato atteso ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità, ma la dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali

  18. Forma e procedura • tutti gli atti, dalla contestazione all’intimazione del licenziamento sono atti di diritto privato. • l’inapplicabilità della disciplina prevista dalla legge n. 241/1990 per gli atti e i procedimenti amministrativi: • la motivazione dell'atto, • il contraddittorio, • la comunicazione di avvio del procedimento, • . l'accesso agli atti. • Le disposizioni contrattuali consentono il diritto di accesso agli atti del procedimento disciplinare da parte del dipendente o di un suo difensore munito di delega.

  19. parere del Comitato dei Garanti • l’amministrazione intenda applicare una misura in seguito ad accertata responsabilità dirigenziale • organismo che deve essere sentito obbligatoriamente (e da cui occorre ottenere parere favorevole) • contratti collettivi delle aree dirigenziali III e IV hanno subordinato l’intimazione anche del licenziamento disciplinare a tale parere • .

  20. Responsabilità disciplinare e responsabilità dirigenziale. • responsabilità tipica del dirigente pubblico • si configura nel caso di «mancato raggiungimento degli obiettivi», o di «inosservanza delle direttive imputabili al dirigente». • tre misure in ragione della gravità dell’inadempimento : • impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale, • revoca dall’incarico ed inserimento del dirigente nei ruoli dell’amministrazione di appartenenza • recesso dal rapporto secondo le disposizioni del contratto collettivo

  21. Quale rapporto? • L’art.21 restringerebbe l’ambito della responsabilità dirigenziale a misura dei contenuti dell’incarico attribuito al dirigente • I teoria: Il rinvio alla contrattazione collettiva in materia di responsabilità disciplinare rappresenterebbe un invito, alla vigilia di una nuova tornata contrattuale, a specificare in sede negoziale l’ambito della responsabilità disciplinare del dirigente, nella duplice veste sostanziale e procedimentale • II teoria: responsabilità dirigenziale quale species di quella contrattuale disciplinare, collocando la prima lungo la medesima linea sequenziale»

  22. Quale rapporto? • III teoria: la responsabilità dirigenziale non è correlata necessariamente alla illecita violazione di norme primarie o secondarie, ma al solo dato “economico” del mancato raggiungimento dei risultati prefissati o al dato “politico” della grave inosservanza delle direttive impartite dall’organo competente

  23. una sostanziale differenza • In entrambi i casi ciò che rileva è l’inadempimento del dirigente, • nel caso della responsabilità disciplinare si applicano i consolidati canoni elaborati da una consolidata dottrina e giurisprudenza, • nel caso della responsabilità dirigenziale ciò che rileva è il mancato adempimento del risultato da parte del dirigente, indipendentemente dal verificarsi di un fatto sanzionabile sul piano disciplinare o dalla produzione di un danno. • ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 165/2001 ciò che rileva non è l’inadempimento di natura disciplinare, bensì l’incapacità del dirigente ad eseguire l’incarico ed in particolare a raggiungere i risultati cui egli è tenuto.

  24. l’onere della prova • nel caso del procedimento disciplinare incombe al datore di lavoro fornire la prova del comportamento inadempiente ed illecito del dipendente, • nel caso della responsabilità dirigenziale è onere del dirigente dimostrare la non riferibilità dell’inadempimento alla sua sfera soggettiva

  25. Il recesso per responsabilità dirigenziale • si tratti di un recesso con preavviso ovvero per giusta causa? • . i contratti d’area dirigenziale nonché il dato sistematico militano per la giusta causa. • in questa ipotesi si realizza la coincidenza temporale tra la misura della revoca immediata dell’incarico e la cessazione altrettanto immediata dal rapporto di lavoro che costituisce una conseguenza obbligata dell’applicazione del principio di buon andamento. • Nell’altra ipotesi: • la revoca immediata dell’incarico, opererebbe analogamente a quanto avviene per la meno grave ipotesi di media responsabilità; • il rapporto di lavoro, pur destinato ad estinguersi, non cesserebbe immediatamente • il dirigente sarebbe transitoriamente collocato nei ruoli della singola amministrazione, in attesa della scadenza del periodo di preavviso, senza però poter operare alcuna attività a favore dell’amministrazione.

  26. accertamento della mancanza di giustificazione • la contrattazione collettiva e non la legge deve definire le forme di tutela in caso di licenziamento ingiustificato e/o illegittimo • la tutela è di tipo meramente obbligatorio • Termine di 60 giorni ( art. 6 legge n. 604/1966), salvo l’onere di esperire preventivamente il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 412 bis cpc.

  27. Diritto alla reintegrazione • autorevole dottrina ritiene che la previsione dell’art. 51, comma 2, inapplicabile ai dirigenti • L’art. 18 St.lav. si applica ai dirigenti pubblici (al pari di quelli del settore privato) solo nel caso di licenziamento discriminatorio • nei confronti del dirigente pubblico si applicano le norme sul licenziamento nullo per motivi censurati dall’ordinamento, quali il licenziamento della lavoratrice madre o per causa di matrimonio.

  28. Diritto al risarcimento • tutela risarcitoria è riferibile a tutti i casi di recesso carente di motivi, sia per responsabilità dirigenziale che per responsabilità disciplinare.

  29. eventuali vizi procedurali • I vizi ricadono sugli atti finali, • Li rendono invalidi ed esposti a provvedimenti giurisdizionali dichiarativi o costitutivi a seconda che sia configurabile una nullità od una annullabilità • I contratti collettivi soltanto con riguardo alla responsabilitàdirigenziale stabiliscono che «l’annullamento della procedura di accertamento della responsabilità» «costituisce condizione risolutiva del recesso • Nel silenzio della fonte contrattuale qualora sia accertato un vizio nello svolgimento del procedimento disciplinare il dirigente avrà diritto a percepire unicamente una tutela economica di natura risarcitoria.

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