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I servizi sociali

I servizi sociali. Dall’esperienza alcune considerazioni Francavilla, 25/26 novembre 2003 Fonte: banca dati Osservatorio Emilia Romagna. Dallo stato liberale alla crisi del Welfare.

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  1. I servizi sociali Dall’esperienza alcune considerazioni Francavilla, 25/26 novembre 2003 Fonte: banca dati Osservatorio Emilia Romagna

  2. Dallo stato liberale alla crisi del Welfare • La legge 17 luglio 1890, n. 6972, accentua l’intervento pubblico sulle Opere Pie e rafforza i poteri governativi. • Gli interventi pubblici per rimuovere situazioni di bisogno sono finalizzati alla conservazione dell’ordine pubblico. • Il sistema così configurato rimane tale fino agli anni Settanta, quando il trasferimento di funzioni alle Regioni e l’abbandono della concezione tradizionale basata sulla beneficenza pubblica comportano lo scioglimento degli Enti comunali di assistenza e l’attribuzione delle relative competenze ai Comuni, sulla base di leggi regionali [art.25, 8°, d.p.r. n.616/1977]. Si impone la necessità di riconsiderare complessivamente la materia

  3. Segue: • Il processo riformatore si avvia con la creazione del Fondo Nazionale per le politiche sociali [art. 59, 44°, l. 449/1997, e art. 133 d.lgs. 112/1998] e l’introduzione dell’istituto del reddito minimo di inserimento [ art.59, 47° e 48°, l. 449/1997] e prosegue con la ridefinizione del centro nel nuovo quadro di distribuzione delle decisioni e il conferimento delle residue competenze statali alle autonomie regionali e locali (art.132, d.lgs 112/98). • La legge 328/2000 introduce una serie di principi per l’attuazione di un sistema assistenziale che sia in grado di conciliare “l’universalità dello stato sociale con la selettività delle prestazioni”.

  4. Diritti sociali e servizi sociali:la persona al centro del disegno costituzionale • Il dato reale da cui partire è la persone con i suoi bisogni e i suoi diritti. • Il dato positivo sono gli articoli 1,2,3 della Costituzione che fondano l’ordinamento sui principi di libertà, eguaglianza e solidarietà. • Se questo è vero, se cioè i servizi sociali trovano la propria legittimazione nell’essere strumento di realizzazione di interessi e bisogni, è la società e non il potere politico a determinare ciò che in una determinato contesto storico/sociale costituisce servizio.

  5. Quindi: • Non è tanto la crisi fiscale ad aver causato il fallimento del servizio pubblico – e con questo dello Stato sociale che su esso si legittimava – ma sono anche e forse soprattutto l’esautoraento dela società dall’organizazione del servizio e lo svuotamento di significato di quel dovere inderogabile di solidarietà (art.2 Cost) in ragione del quale “la prestazione si qualifica per la doverosità nei confronti della collettività”.

  6. La via della sussidiarietà orizzontale • La nascita di nuovi bisogni • L’emersione di gravi insufficienze gestionali ed amministrative • Insostenibile crescita della spesa pubblica

  7. Ha spinto a politiche di privatizzazione dei servizi di Welfare • Dal punto di vista giuridico l’effetto più evidente è il crescente utilizzo di forme e relazioni tipiche del diritto privato, sia pure caratterizzato da ampi tratti di specialità, che si è sviluppato secondo due linee di tendenza.

  8. La prima • Ha portato alla privatizzazione di numerosi enti prima rientranti nella sfera pubblica: 1- trasformazione degli enti pubblici statali con struttura associativa. 2- enti di previdenza integrativa rientranti nella competenza regionale. 3- vicenda giurisprudenziale che ha facoltizzato le IPAB aventi i requisiti di un’istituzione privata ad assumere, attraverso un accertamento giudiziale, la personalità giuridica di diritto privato

  9. La seconda: • La privatizzazione è stata declinata come affidamento esterno dei servizi o esternalizzazione, in parallelo al progressivo ridimensionamento delle forme di gestione diretta. • Ora infatti come prevede il 5° comma dell’art. 1 della l. 328/2000 “alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati.

  10. Il principio di solidarietà, il volontariato e le ONLUS • Famiglia, come società naturale che la Repubblica ha il dovere di supportare nell’adempimento dei relativi compiti Art. 30-31 Cost. • Volontariato, il libero concorso dei privati nel perseguimento delle finalità proprie dell’assistenza sociale ultimo comma dell’art. 38 Cost. • Con la legge 266/1991l’accento e la peculiarità cadono sulle caratteristiche proprie delle associazioni di volontariato, cioè gratuità e solidarietà, mettendosi in rilievo il valore sociale di una attività considerata espressione di pluralismo e partecipazione.

  11. Segue: • Sul motivo della solidarietà, come discrimine rispetto all’insieme delle ONLUS, il legislatore nuovamente insiste di recente con la legge n. 383/2000, con la quale ha definito la categoria delle associazioni di promozione sociale, considerandole soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi e servizi sociali.

  12. L’organizzazione dei servizi • Il collegamento di tali organismi alla programmazione e all’organizzazione del c.d. sistema integrato se, da un lato, appare chiaramente rivolto a potenziare ed estendere i servizi dall’altro potrebbe manifestarsi pericoloso per la stessa libertà di associazione, esposta “ad una funzionalizzazione politicamente determinata. • Tutto dipenderà da come funzioneranno in concreto gli strumenti di concertazione e cooperazione.

  13. Il principio di sussidiarietà orizzontale • la legge n.328/00 in più parti si riferisce, ancorché talvolta in modo non espresso, al principio di sussidiarietà orizzontale e mira a promuovere l’apporto dei soggetti privati, soprattutto di quelli non lucrativi nella realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali.

  14. In particolare: • la legge n.328 mentre attribuisce la responsabilità della programmazione e dell’organizzazione del sistema integrato agli enti territoriali, riconosce e promuove il ruolo degli enti non lucrativi. nonché di organismi della cooperazione ed enti di patronato, non soltanto quali fornitori di servizi, ma anche nella progettazione e nella realizzazione degli interventi.

  15. Art.1, 4°comma • Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

  16. Art.1, 5°comma • Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.

  17. Il piano nazionale degli interventi e servizi sociali 2001/2003 • al fine di favorire un corretto rapporto con i soggetti del “terzo settore” si invitano le Regioni ad istituire albi su base regionale << di soggetti autorizzati all’esercizio dei servizi socio-assistenziali sulla scorta di una valutazione di indicatori oggettivi di qualità >>.

  18. Il sistema integrato • A ben vedere è sul principio di sussidiarietà orizzontale che <<tutto l’edificio del sistema integrato>>, <<trova le sue fondamenta>>.

  19. Un anticipo del nuovo titolo V • Si tratta di un impianto normativo che sebbene antecedente alla riforma del tit. V. della Cost., che all’art.118, comma 4 ha costituzionalizzato il principio di sussidiarietà orizzontale, può considerarsi in armonia con la direttiva costituzionale che dal medesimo si ricava.

  20. Il ruolo dei privati prima della legge 328/2000 • alcuni legislatori regionali nel disciplinare le prestazioni sociali, non avevano mancato di considerare anche l’apporto dei soggetti privati ancor prima della legge 328/2000.

  21. La legge regionale abruzzese n.22/1998 • Art.2 Principi • L’ordinamento regionale dei servizi sociali si informa ai seguenti principi fondamentali: … D- la valorizzazione del ruolo svolto dai soggetti sociali, in modo particolare di quelli non profit.

  22. La legge regionale dell’Emilia Romagna n. 2/1985 • Prevedeva che: • che tra soggetti istituzionali e non istituzionali potesse addivenirsi alla conclusione di convenzioni; • che dovesse garantirsi anche la partecipazione dei soggetti privati e delle organizzazioni di volontariato alla fase programmatoria, consistente nella predisposizione da parte delle Province e delle Assemblee di Comuni di piani articolati - sulla base del piano socio-assistenziale regionale -; • che tali piani dovevano individuare <<le risorse pubbliche e private esistenti nel territorio>>, nonché <<le possibilità di utilizzo coordinato delle stesse anche in relazione alle disponibilità al convenzionamento dei soggetti pubblici e privati interessati>>.

  23. Il ruolo delle autonomie private nella l. 328/2000 • Si è, ad esempio, previsto all’art.3, comma 2 lett.b) della l. n.328, che: 1- la partecipazione alla programmazione regionale e locale deve essere garantita – mediante forme di concertazione e di cooperazione - anche ai soggetti non profit di cui all’art.1, comma 4 legge cit., 2- nonché ad organismi della cooperazione e a enti di patronato, << che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete >>.

  24. Art.3, 2°comma, l.328/2000 •     2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi:a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonchè con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonchè le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio- sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

  25. Art.19 1°comma, l.328/2000 Art. 19. (Piano di zona) 1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua: a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione; b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h); c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21; d) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni; e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia; f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità; g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4.

  26. Art. 19 2°comma, l.328/2000 2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a: a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi; b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g); c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi; d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

  27. Il combinato disposto • da cui si desume che con il Piano di zona vengono perseguiti una serie di obiettivi, tra i quali la qualificazione della spesa, mediante l’attivazione di risorse, anche finanziarie, derivate dalla concertazione con i soggetti di cui al comma 4 dell’art.1

  28. Il piano di zona • Il Piano di zona è stato inteso come lo strumento con cui realizzare la massima concertazione tra tutti i soggetti coinvolti nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nonché di raccordo tra le risorse pubbliche e private disponibili a livello locale.

  29. Per la Regione Lombardia • la Regione Lombardia ha individuato nel Piano di zona essenzialmente <<il luogo privilegiato in cui riconoscere ed agevolare il ruolo del terzo settore creando le condizioni per affidare ad esso (…) l’organizzazione e la gestione del sistema integrato degli interventi e dei servizi ai fini della concreta attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale>>,

  30. Quale codecisione? • In che misura e modo si intenderà rendere codecisori, assieme alle istituzioni pubbliche, quei soggetti privati che contribuiscano con proprie risorse a realizzare il sistema integrato?

  31. Integrazione con il Programma delle attività Territoriali • Occorre peraltro che il Piano di zona si integri con il Programma delle attività territoriali, che è il piano di salute distrettuale, << all’interno di un’unica strategia programmatoria, attuata in modo collaborativo tra azienda sanitaria ed enti locali >> • V. sul punto il §.1 della parte III del Piano nazionale degli interventi e servizi sociali 2001-2003.

  32. Segue: l’art. 5, comma 1 della l. 328/2000 • rivolto alla valorizzazione della dimensione della sussidiarietà orizzontale è anche l’art.5, comma 1 della l. n.328/00, ove si riconosce che gli enti locali, le Regioni, e lo Stato <<promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione europea>>.

  33. La sussidiarietà in senso orizzontale • La sussidiarietà in senso orizzontale si “contrappone all’idea di una cittadinanza di mera partecipazione”, in quanto promuove “una cittadinanza di azione in cui è valorizzata la genialità creativa dei singoli e delle formazioni sociali”. • In tal modo se, per un verso, si riconosce alla persona il diritto di iniziativa, per l’altro se ne afferma la responsabilità sociale, valorizzando la persona stessa come protagonista della vita associata, “in quanto soggetto capace di rispondere, nella libera associazione con altri, a esigenze e bisogni della società”

  34. Qualche esempio • Alla luce di tale quadro normativo deve valutarsi il crescente ruolo che sta assumendo il settore non profit sotto il profilo della qualità della convivenza civile.

  35. Segue: • uno degli obiettivi fondamentali della l. n.328/2000 è costituito dal coinvolgimento dei soggetti del settore non profit nell’elaborazione delle stesse politiche sociali, deve ritenersi in linea con questo obiettivo la predisposizione da parte di qualche Comune, di istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali volti a ricercare il coinvolgimento dei soggetti del privato sociale in attività di interesse pubblico dirette a soddisfare bisogni sociali collettivi.

  36. Segue: • v. ad es. il Comune di Carpi che ha provveduto ad assegnare con decisione del responsabile di settore A5 n. 100 del 20.03.1999 all'associazione ACEG di Carpi il progetto di attivazione di un Centro educativo-ricreativo per preadolescenti a seguito di concorso pubblico.

  37. Segue: • Altro caso di particolare interesse, che evidenzia l’esigenza delle Amministrazioni locali di avviare, in situazioni di emergenza sociale, progetti sperimentali è rappresentato dalla convenzione intervenuta tra il Comune di Reggio Emilia e la parrocchia Fontanaluccia, per la realizzazione del progetto sperimentale “rete famiglie accoglienti”. • La finalità di tale progetto, (che si colloca nell’ambito dell’obiettivo 87A “sostegno minori-famiglie”), è quella di attivare e mantenere costantemente efficiente e funzionante una rete di famiglie disposte ad intervenire in situazioni di emergenza sociale che coinvolgono minori soli e che si presentano con caratteristiche di imprevedibilità e urgenza.

  38. Una nuova tipologia di intervento? • E’ questo un ambito in cui non sembra che gli interventi siano ascrivibili alla tipologia dei pubblici servizi. • siamo in presenza di interventi che si configurano come progetti o vere e proprie forme di coprogettazione, come ad esempio nelle politiche di prevenzione o di riduzione del danno, nelle quali si va delineando un ruolo sempre più attivo dell’associazionismo e in particolare del volontariato.

  39. Ergo: In tale ambito il rapporto di collaborazione tra pubblici poteri e organizzazioni non lucrative non può essere disciplinato tramite rigidi strumenti regolativi, ma occorre, invece, utilizzare forme flessibili, che consentono comunque di effettuare la valutazione dei progetti da parte dell’Amministrazione.

  40. Le cooperative sociali quali soggetti preferiti dalle Amministrazioni locali • Definizione: • Le cooperative sociali, secondo quanto emerso dall’indagine conoscitiva della XII Commissione Affari Sociali, sono “organizzazioni private che perseguono interessi di natura collettiva in aree di rilievo sociale e con fini solidaristici”. • Si tratta, in particolare, di organizzazioni che “agiscono nei settori sanitari, socio-assistenziali ed educativi perseguendo un fine che è esterno al gruppo sociale che le costituisce, essendo orientato alla promozione umana ed alla integrazione sociale dei cittadini”

  41. Un più organico coinvolgimento dei soggetti non lucrativi • viene prefigurato dal d.P.C.M. del 30 marzo 2001, recante l’atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona, che, all’art.1, dispone che << il presente provvedimento fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra Comuni e loro forme associative con i soggetti del Terzo settore ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla l. n.328/2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali >>.

  42. Una distinzione preliminare • La l. n.381/1991, che detta la disciplina delle coop. sociali, all’art.1, dopo aver premesso che le stesse << hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini >>, dispone che le stesse possono essere costituite secondo due diverse tipologie.

  43. Quelle di tipo a) • Mentre le coop di tipo a) nell’esercizio dell’attività di gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi sono rivolte ad arrecare beneficio a persone bisognose di intervento in ragione dell’età, della condizione familiare, personale o sociale,

  44. Quelle di tipo b) • quelle di tipo b), svolgono attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi), finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

  45. Generalmente le Amministrazioni comunali • quando intendono esternalizzare attività di pubblico servizio di carattere sociale, (nella maggioranza dei casi si tratta di servizi socio-assistenziali o educativi a favore di anziani, minori, disabili fisici e psichici, persone adulte in situazioni di disagio, donne sole, immigrati, prostitute, carcerati), tendono ad utilizzare lo strumento dell’appalto pubblico di servizi, piuttosto che una delle modalità di gestione previste dall’art. 113 del T.U. n. 267/2000, ed in particolare la concessione a terzi.

  46. Le forme di gestione tipizzate dall’art.113 del TUEL • la gestione in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda; • in concessione a terzi quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; • a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale; • a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale; • a mezzo di s.p.a o di s.r.l a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio qualora sia opportuna in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati, • a mezzo di s.p.a. senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a norma dell’art 116.

  47. Alcuni esempi • il Comune di Modena invece di affidare mediante pubblica gara due servizi di tipo socio-assistenziale ed educativo - come previsto dall’art.11, comma 4 della l.r. 7/94 - ha preferito affidare la gestione del servizio ad una coop di tipo a), mediante convenzione. • Tale tipo di convenzionamento, il cui importo sia inferiore a quello previsto dalla soglia di rilievo comunitario, è possibile - ai sensi dell’art.5 della l. n.381/91 - in deroga alla disciplina in materia di contratti dell’Amministrazione, solo con le cooperative di tipo b) per la fornitura di beni e di servizi.

  48. Nel caso specifico • la convenzione tra il Comune di Modena e due cooperative sociali di tipo a), segnatamente la coop. “Uscita di Sicurezza Uno” e la coop. “ Porta Aperta onlus a r.l. ”, aveva ad oggetto la gestione di due servizi di tipo socio-assistenziale ed educativo. Con la prima convenzione si esternalizzava l’attività di pronto intervento per minori di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, mentre con la seconda si affidava un’attività di accoglienza residenziale per donne gravide e per madri con bambini in condizioni di difficoltà.

  49. Motivazione della scelta operata • l’Amministrazione comunale in questione motivava la propria scelta amministrativa di assentire la gestione del servizio a trattativa privata, con la circostanza che: • le stesse cooperative sociali erano gli unici soggetti, tra i vari enti presenti nel territorio, ad essere in grado di gestire una struttura comunitaria per adolescenti capace di offrire un servizio di pronta accoglienza per adolescenti non clandestini e una struttura di accoglienza residenziale per donne gravide o con bambini o per figli delle madri ospitate, al fine di attivare nei loro confronti interventi adeguati in collaborazione con i servizi competenti.

  50. In realtà deve ritenersi che • tali convenzioni, tra il Comune di Modena e le cooperative “Uscita di Sicurezza Uno” e “Porta Aperta”, siano costitutive di rapporti contrattuali e riguardino la gestione di servizi socio-educativi e assistenziali. • Infatti le Amministrazioni pubbliche, in base alla disciplina inerente la contrattualistica pubblica (v. l’art.41 reg. contab.) possono addivenire alla stipula di contratti a trattativa privata qualora vi siano circostanze speciali ed eccezionali.

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