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Antropologia - Lezione 22^

Antropologia - Lezione 22^. Capitolo VIII Solidarietà in Cristo e complicità in Adamo: il Peccato Originale continua….

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Antropologia - Lezione 22^

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Presentation Transcript


  1. Antropologia - Lezione 22^ Capitolo VIII Solidarietà in Cristo e complicità in Adamo: il Peccato Originale continua…

  2. Pianto, sospiri, gemiti mi renderanno degna del suo amore; l’amore del mio amato farà di me un'altra donna e poiché Lui mi ama, io lo amerò come Lui vuole essere amato. Piangerò e sarò stritolata dal dispiacere; manterrò il silenzio e mi nasconderò nella solitudine; fuggirò da tutti i miei amici per piacere a questo, l’ultimo, l’unico. Giro le spalle al mio passato, spazzo con un soffio tutto il fango dei miei peccati. Andrò dunque da lui e lui mi illuminerà. (...) Non mi rimprovererà. Non mi dirà: 'Fin qui tu camminavi brancolante nella notte e adesso vieni a vedere me, il Sole'. Prendiamo questo vaso di profumo e coraggio! Cambierò in battistero la casa del fariseo: lì i miei peccati saranno lavati, lì le mie colpe saranno purificate; scenderò in una piscina che avrò riempito delle mie lacrime, mescolate al crisma e ai profumi; mi bagnerò e mi purificherò e risorgerò pulita dal fango dei miei peccati" (Romano il Melode, Cantico della cortigiana).

  3. Prospettiva biblica (giudeo-cristiana): • Il male è una realtà che non va negata, è presente e corrode la realtà • non nominarlo è più dannoso • nemmeno va affrontato superficialmente come gli “ottimismi” delle filosofie che vogliono cancellare il male (questo è il “migliore dei mondi possibili”: Leibniz) • Una lezione di “verità” è già una prima forma di salvezza • Il male è l’ingiustificabile: la bibbia lo denun-cia nel modo più radicale = è peccato • afferma il suo non-senso assoluto e così si oppone alla sua giustificazione = Gn 3,14

  4. 2) Il male non è nella natura delle cose: il mondo non è come potrebbe/dovrebbe essere, come si vorrebbe che fosse 3) Il male denuncia una responsabilità del-l’uomo (ma non assoluta), di cui l’uomo ha il controllo

  5. Per il lavoro teologico circa il PO: • è possibile distinguere il mistero (contenuto) dallo schema teologico (modo) che l’ha veicolato • cioè il nucleo dogmatico dalla sua amalgamalinguistica (K. Rahner) • bisogna procedere alla verifica dei momenti essenziali della tradizione della fede: • dal fondamento biblico • all’attuale comprensione teologica

  6. 5. Il PO nella rivelazione • Che significato ha interrogare la Bibbia alla luce di un dogma? • Evitare la “ricerca delle prove”: • non ricadere in una lettura pregiudiziale del testo, alla ricerca apologetica di dicta pro-bantia o alla conferma di una tesi pre-costituita

  7. infatti la categoria stessa di POnon compare neppure nella Scrittura • siamo di fronte ad un caso tipico di «sviluppo del dogma» • però non ci si rivolge al testo biblico per avere la conferma di una verità già altrimenti rivelata. • L’interrogativo, allora, non è «dove si parla del PO nella Bibbia?» • bensì «cosa» dice la Scrittura sulla peccaminosità umana: qual è la rivelazione cristiana sul peccato dell’uomo?

  8. Il compito ermeneutico sottopone al vaglio esegetico i testi tradizionalmente impostisi come “fondamenti” del dogma: Gen 3 e Rom 5  Il rapporto tra dogma e Scrittura = una circola-rità reciprocamente feconda: il dogmadiviene un nuovo punto prospettico da cui interrogare il testo rivelato, in grado di dischiudervi una verità in esso celata la Scrittura (“anima della teologia”) arricchisce la portata del dogma, aprendolo a nuovi possibili approfondimenti

  9. La nostra indagine biblica seguirà sinteticamente tre tappe: • l’analisi della peccaminosità nella Scrittura • il racconto di Gen 3 • il testo di Rom 5,12-21.

  10. Peccaminosità nell’AT • A.-M. Dubarle (1958) • il termine stesso, PO, non è un categoria biblica • occorre uno studio analitico sulla peccaminositàalla luce della Scrittura • la rivelazione biblica, annunciando l’altezza del mistero di Dio e dell’uomo, rivela la penombra della colpa, in tutta la sua drammaticità • merito indiscusso di collocare la questione del PO all’interno del contesto più ampio e complesso del discorso biblico sul peccato “la concezione del PO non è un punto di partenza assoluto, ma un punto di arrivo di una lunga riflessione sul male”

  11. la rivelazione nel suo insieme mostra due dati: •  una pluralità di esperienze del peccato (non univocità) •  e la solidarietà nel peccato (complicità)

  12.  La pluralità dell’esperienza del peccato Nella lingua italiana c’è un solo termine per dire “peccato” e viene compreso in una direzione “univoca”: l’azione colpevole volutamente e liberamente compiuta da un soggetto. Il discorso biblico è più articolato: mostra un linguaggio ricco con una pluralità di vocaboli:

  13. Nell’AT peccato può esser descritto come: hatta’: mancanza, mancare lo scopo awon: ingiustizia, azione contraria ad una norma pesa’: ribellione contro un superiore rasa: aver torto nebalah: cattiveria tum’ah, zonah: peccato come impurità

  14. Nel NT Hamartía = una potenza maligna personificata che regna nel mondo (Rm 5,12ss). Paráptomata = caduta, passo falso (2Cor 5,19; Gal 6,1; Rm 4,25). Parábasis = trasgressione (Gal 3,19; Rm 2,23; Rm 4,15; Rm 5,14; 1Tm 2,14). Ofeílēma = “debito” (Col 2,14). Anomía = “ingiustizia”, ostilità contro Dio, di perversione religiosa (2Ts 2,7; 2Cor 6,14). Adíkia = uno stato di ingiustizia (Rm 1,18.29; 2,8; 3,5; 6,13; 9,14).

  15. Osservazioni: • la varietà di forme con cui la Scrittura parla del peccato, insinua che è un’esperienza com-plessa e variegata, tutt’altro che univoca • non si tratta semplicemente di una pluralità di linguaggi o di vocabolario, bensì a tutti gli effetti, una diversità di esperienze: si danno situazio-ni differenti e variegate che, seppur in vario mo-do, vengono comunemente riconosciute dalla Scrittura come peccato. • Ciò contrasta la comprensione moderna ed occidentale del peccato che lo intende in maniera univoca: peccato = peccato personale.

  16. La solidarietà nel male Nella descrizione dell’esperienza della colpa, la Scrittura presenta una sorta di “contagio del peccato”: “Il peccato e il male si propagano. Questo pensiero forma un elemento essenziale di una dottrina del PO, familiare allo spirito d’Israele” (A.-M. Dubarle)

  17. Coscienza del popolo ebraico di una profonda solidarietà umana: sia nel bene che nel male, ciascuno è coinvolto nella vicenda dell’altro Questo legame va riconosciuto: • sia a livello diacronico, tra generazioni successive (padri e figli) 2) sia a livello sincronico  l’umanità come soggetto unico per quanto l’autore biblico non ne specifichi la modalità.

  18. Dubarle ritiene che tale solidarietà va riconosciuta: 1) tra generazioni successive = Ger 31, 29-30, Ez 18, 2, Lam 5, 7 evidenziano che “i figli non solosubiscono le conseguenze delle colpe dei genitori, ma partecipano in certo modo ai loro peccati”. • Questa convinzione non viene armonizzata con l’idea successiva della responsabilità personale espressa dalla letteratura sapienziale

  19. Geremia 31,29-30 «In quei giorni non si dirà più: I padri han mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati! Ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; a ogni persona che mangi l’uva acerba si allegheranno i denti». • per cui “lascia una certa imprecisione sulla natura esatta di questa solidarietà coi padri”

  20. 2) coi contemporanei: “coi membri di una stessa comunità nazionale” • i peccati collettivi e anonimi, che creano “una solidarietà fatale tra responsabili e irresponsabili” Luca 13,4: “O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?

  21. “anche il contatto materiale con certi corpi può propagare delle tare che incidono sul rap-porto con Dio”: l’impurità religiosa  anche se la spiegazione di questa resta oscura, tuttavia dà “un apporto alla dottrina del PO (sic!) nella misura in cui suppone che un soggetto può essere colpito da tare religiose prescin-dendo da atti peccaminosi da parte sua e persi-no dalla libertà delle decisioni”.

  22. Valutazione dell’analisi di Dubarle • alcune suggestioni possono risultare esegeticamente discutibili • il guadagno consiste nell’aver riscoperto come la Scrittura raccolga sotto la categoria di pec-cato una pluralità, un quadro ampio di significati • insieme prepara un ambiente favorevole, uno sfondo su cui si inserirà la coscienza del PO.

  23. In questo contesto analizziamo solo due dei numerosi testi: Gen 3 e Rom 5 • per l’importanza attribuitagli da tutta la tradizione • la quale vi riconosceva il fondamento biblico della dottrina stessa.

  24. Gen (2-) 3 • genere letterario: eziologia metastorica • superata l’interpretazione letterale e storicizzante • il testo non parla immediatamente del “PO” (nel senso del dogma) Ciò che Gen 3non dice: • che l’uomo nasce in una condizione peccaminosa (nel senso del PO originato) • né parla di una trasmissione della colpa dal primo uomo (nel senso del PO originante) in tutti

  25. Ciò che Gen 3 dice: La convinzione dell’originaria bontà della creazione: Dio non ci ha creati peccatori  Cosmogonie e schemi mitici delle origini: come spiegare l’ingresso del male nel mondo? • Il dio creatore cattivo • Il male è nella natura: creazione ontologicamente cattiva • Il male non è un incidente, è una produzione

  26. Bibbia: • Il male non appartiene alla natura delle cose: è un accidente, una dis-grazia • Non è l’ultima parola della sua storia o, peggio, l’origine della sua storia (Lifschitz); la prima e l’ultima parola spettano a Dio • Sopraggiunge (come il serpente che funge da “figura di ingresso” esterna al rapporto Dio-uomo) • Non appartiene al destino e dev’essere combattuto e distrutto (contro il fatalismo e contro la rassegnazione)

  27. Kant nota in “La Religione nei limiti della pura ragione”: • La tradizione giudeo-cristiana divide il mondo in tre: cielo – terra – inferi. In questo terzo luogo essa pone il male • Il male non solo non è in Dio (cielo), ma nemmeno nell’uomo (terra). • La creazione, dunque, non è il luogo del male.

  28. Analisi del testo di Gen 3 in base a una lettura esegetica tradizionale (di stampo patristico)

  29.  I tratti distintivi dell’azione peccaminosa originaria versetti 1-6

  30. 1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».

  31. 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! 5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6 Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desidera-bile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

  32. La complessa origine del male (uomo-serpente), cui tuttavia riconosce una responsabilità essenziale al peccato dell’uomo Il serpente • La bibbia non spiega o giustifica il male, loraffigura: un male incomprensibile ma reale • figura simbolica di un enigma fondato nella realtà: qualcosa è accaduto, il male è reperibile • la sua portata disumanizzante rivela l’inganno fallace del serpente che ha indotto l’uomo su una via di morte: distruzione e rovina • Dio lo maledice: non è suo complice; Dio non è la causa del male

  33. Ma nemmeno l’uomo lo è: l’introduzione del terzo enigmatico (né dio né uomo) il serpente (“immagine dell’irruzione” esterna) indica la presenza precedente del male: • l’uomo non deve portare tutta la responsabilità della colpevolezza: • “Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo” (Gn 4,7) • un male ci precede, è già-qui, “iam malum erat” (Agostino) • qui il senso della tentazione: l’uomo non è l’iniziatore assoluto (idea della ereditarietà) NB: importante per non cadere in una colpevolizzazione ossessiva.

  34. Serpente: simbolo • due provenienze: • ambito mesopotamico • incantatore, chiacchierone seducente • doppio: fa vedere una positività fasulla 2) cultura egiziana - Morte per il morso (veleno); salvezza perché il veleno è anche farmaco (cfr. il serpente di bronzo di Mosé: Nm 21; Gv 3)

  35. bestia più astuta: • Astuzia non è saper costruire ma “saper distruggere”: far perdere ciò che si ha Padri: • Il maligno non ha una proposta creativa • è un movimento – una forza distruttrice • Bulgakov: il maligno è “il potere degli aggettivi negativi”

  36. Chi è Satana? Ap 12,9: “il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli”. Angelo decaduto: Isaia 14,12 “Come mai sei caduto dal cielo, Luci-fero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli?” 13 Eppure tu pensavi:…14 Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. 15 E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso!

  37. È decaduto dal cospetto di Dio Angelologia di Bulgakov: • Struttura sociale della Mesopotamia • Re (nessuno lo ha mai visto) • Davanti a lui 7 uomini che guardano il volto del Re e lo nascondono • Poi c’è il popolo che non ha mai visto il Re • I sette sono intermediari: portano il messaggio del Re.

  38. I sette sono gli Arcangeli: contemplativi e messaggeri di Dio GERARCHIA DEGLI ESSERI • da animali a uomo = tante specie sempre più perfette • da uomo a Dio = angeli: esseri viventi, spirituali, personali, relazionali Dio è la vita  Più si è vicini alla Fonte della Vita e più c’è un pullulare di esseri viventi

  39. Satana è angelo decaduto dalla relazione con-templativa rispetto a Dio Non serviam! Decade dalla vicinanza Precipitato: ha infranto la gerarchia degli esseri e si trova in una relazione pervertita rispetto a Dio  Serpente “strisciante” = cioè decaduto dalla posizione verticale. • insopportabile che ci sia un essere “ancora in piedi” (l’uomo) che gli ricorda che non avrà più quella posizione • scopo della tentazione: abbassare l’uomo al suo livello

  40. Sap 2,24: la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo Angelo pervertito: • non ha corpo, non ha sostanza • è un aggettivo senza sostantivo • Il sostantivo degli angeli è Dio, dopo la caduta satana è con un segno negativo (-) davanti • è un aggettivo negativo che sta cercando un sostantivo • È pervertito, dunque negativo e si attacca in modo parassitario al sostantivo

  41. SOSTANTIVO ANGELO DECADUTO DIO È un potere di negatività UOMO DIO senza sostanza Se l’uomo si dis-trae da Dio – Satana si impadro-nisce della sua sostanza mettendole il segno - davanti

  42. «Il segreto tremendo di Satana nasconde l’assenza di fondamentoontologico, e questa tremenda vacuità lo costringe a prendere a prestito, a usurpare l’essere fondato e radicato nell’atto creatore di Dio. Il male si attacca all’essere come un parassita, lo dissangua e lo divora. La Bibbia vede nel male una libertà fallita e divenuta volontà malvagia. Aggiungendo l’inesistente all’esistente, lo perverte in essere malefico.

  43. Dove non c’è Dio non c’è neppure l’uomo. La perdita dell’immagine di Dio implica la scomparsa dell’uomo intero, disumanizza il mondo, moltiplica gli indemoniati. All’assenza di Dio si sostituisce la pesante presenza dell’invasato di se stesso, dell’auto-idolatra e le sue tristi utopie rischiano alla lunga di modificare il tipo antropologico» (P. Evdokimov, Le età della vita spirituale, 90-92).

  44. «Il male non è una sostanza; è una volontà pervertita, cosciente e gelosa della sua autonomia, dinamica nella sua trasgressione della norma, moltiplica le distanze e le assenze. L’essere malvagio vive come un parassita, formando delle escrescenze, dei gonfiori maligni. Ciò che toglie all’essere, glielo aggiunge in malattie» (P. Evdokimov.Le età della vita spirituale, 101)

  45. Tutti quelli che partecipano a Colui che è(tou Ontos) — e i santi vi partecipano — sono chiamati con ragione degli esistenti(ontes). Ma coloro che hanno rigettato la loro partecipazione a Colui che è, per il fatto di esserne privati, sono divenuti dei non-esistenti (ouk ontes) Origene

  46. Il peccato come DI-STRAZIONEdalla relazione con Dio cessa la conversazione spontanea tra Dio e gli uomini  Prima Eva parlava con Dio ora ascolta un altro interlocutore, Dio diventa “secondo”  Dio diventa uno “di cui si parla” e non l’interlocutore “a cui si parla”  c’è un passaggio dal registro della relazione interpersonale (io-tu) alla relazione formale/ oggettuale (io-egli; io-esso)

  47. La tentazione come FALSIFICAZIONE del reale: sospetto su Dio (“è vero che?”…) • Si inizia a compromettere l’immagineautentica di Dio

  48. con-fusione assiologica delle cose possibili/ non possibili • La proibizione non dice di astenersi dal “man-giare di nessun albero del giardino?” bensì di “non mangiare dell’albero della vita”? (Gn 2,16) • Confusione anche nella risposta di Eva circa la proibizione relativa all’albero del bene e del male che amplifica l’interdetto e lo rende irragionevole: “Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare (?), altrimenti morirete”. • Il “non toccare” non ha alcun senso!

  49.  inganno circa il contenuto del divenire e diventereste come Dio • in quanto l’uomo è già creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26) • inganno anche circa il fatto del “divenire”, che comporta di perdere anche ciò che l’uomo già possedeva e trovarsi “nudo”

  50. “Dio sa che se… diventereste come dèi” L’IMMAGINE CONTRAFFATTAdi un Dio “geloso” di ciò che è suo e di se stesso e che non vuole parteciparlo all’uomo • un Dio, infantile, geloso delle sue cose (l’albero) e di se stesso (“diventare come lui”), rivale della felicità dell’uomo. • Smentita in Fil 2,6: “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio…”

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