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Voglio un mondo all altezza dei sogni che ho L. Ligabue

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Voglio un mondo all altezza dei sogni che ho L. Ligabue

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Presentation Transcript


    1. “…Voglio un mondo all’altezza dei sogni che ho…” L. Ligabue

    3. Sono voluta partire da una canzone che a me piace molto e che esprime,almeno credo,non solo i miei desideri ma quelli di un’intera generazione. Tutti noi,almeno una volta nella vita,ci siamo detti “voglio riuscire a non crescere” oppure abbiamo sognato un mondo all’altezza dei nostri sogni,un mondo deciso da noi,piuttosto che dagli altri. In una canzone Ligabue è riuscito a riassumere quei sogni che siamo abituati a nascondere,perché potrebbero apparire senza senso agli altri. Io ho preferito abbandonarmi allo scorrere di queste note,come tutti i giovani,perché,nella maggior parte dei casi,una canzone dice di più di quanto noi potremo fare. Oggigiorno,per i giovani è molto difficile sognare,sono bloccati dal sospetto e dalla sfiducia,sono convinti che per loro c’è un mondo senza promesse,un futuro che,come continuamente sentono ripetere,sarà pieno di incertezze. Molti trascinano la loro vita inutilmente,segnati dalla noia,da un senso di vuoto,dalla mancanza di interessi reali. Non credo che le mie parole possano essere un inno alla vita,vorrei solo mostrare alla mia generazione che la nostra storia è colma di guerre,distruzione,egoismo,cattiveria e pessimismo. A noi si aprono due strade:continuare la consueta storia o vivere la vita che desideriamo? E come dice Pablo Neruda “… Evitiamo la morte a piccole dosi,ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.”

    4. Arthur Schopehauer Nasce a Danzica il 22 febbraio 1788,da una ricca famiglia di commercianti.Nel 1809 si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Gottinga,per passare quasi subito a quella di filosofia.Su consiglio di Schulze,il suo primo maestro,si dedica allo studio di Platone e di Kant,che rimarranno al centro della sua riflessione.Nel 1813 si laurea presso l’Università di Jena.Compie un viaggio in Italia,soggiornando a lungo a Venezia,Bologna,Firenze,Roma e Napoli.Risalgono a questo periodo i pregetti di matrimonio,ben presto sfumati,con una gentildonna veneziana.Tornato in Germania,per affrontare una crisi familiare,pensa di dedicarsi alla carriera accademica ed inizia lo scontro con Hegel,verso cui nutrirà costantemente una profonda antipatia.Nel 1831,si trasferisce a Francoforte sul Meno,dove morirà,in seguito ad una polmonite,nel 1860. Arthur Schopenhauer già nel titolo della sua più importante opera “Il mondo come volontà e rappresentazione” del 1819 ci dà l’indicazione di partenza di tutta la sua concezione: essa si basa sul duplice aspetto che la realtà assume a seconda che sia considerata in sé (Volontà) o per l’uomo (Rappresentazione). Considerata in sé, la realtà è essenzialmente Volontà, cioè volontà di vivere, di esserci, di affermarsi e di esistere; energia cieca e immotivata che si realizza e muove ogni fenomeno. Anche l’uomo, come tutti gli altri esseri ne è posseduto. Ogni uomo, in quanto specificazione della Volontà, si sente "ego assoluto" e in quanto tale inappagato e inappagabile. In lui la volontà vorrebbe tutto mentre la realtà gli dà ben poco. Fragile e precario, sperimenta ogni momento la propria insoddisfazione e, come trascinato, sposta le sue mete e i suoi desideri ancora avanti fino a che la morte porrà fine a questa assurda fatica di esistere. E’ una visione di contrasti costruita in modo tale che sia il nulla sia la vita e la sua inesausta energia sembrano, in un rapporto di negazione reciproca, esaltarsi a vicenda. In tale visione vi è rappresentato il nulla nella sua radicale irrazionalità, ma vi è rappresentata anche la vita in quel suo immotivato presente che sempre si offre e senza scopo si rinnova.

    5. Allorché egli prende invece in considerazione la realtà non più in sé ma quale all’uomo appare, scrive ne “Il mondo come volontà e rappresentazione” : "Il mondo è una mia rappresentazione… E quando l’uomo sia venuto di fatto a tale coscienza, lo spirito filosofico è entrato in lui. Allora egli sa con chiara certezza di non conoscere né il sole né la terra ma soltanto un occhio che vede un sole e una mano che sente il contatto di una terra; egli sa che il mondo circostante non esiste se non come “rappresentazione". (Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, p. 39, Mursia) Ciò comporta due ordini di conseguenze di cui il primo è l’evidente svalutazione della realtà empirica e con essa della scienza e della tecnica, e il secondo è l’affermazione di un’aspetto nuovo dell’io inteso ora non più come pulsione vitale (mondo come Volontà) ma come capacità rappresentativa. Si apre a questo punto uno scenario che è stato poi recepito ben nel profondo dell’anima contemporanea. Secondo tale modo di sentire, gli oggetti sono creature dell’io e se l’io non ci fosse, nemmeno gli oggetti, in quanto sue rappresentazioni, ci sarebbero. Questa immagine ci permette di afferrare l' essenza profonda del nostro io , ossia la cosa in sé del nostro essere : la Volontà di vivere , cioè l' impulso alla vita . Il nostro stesso corpo non è altro che la manifestazione fenomenica della volontà di vivere : l' apparato digerente è manifestazione della volontà di nutrirsi , l' apparato sessuale è manifestazione della volontà di accoppiarsi e perpetuare la specie . L' intero mondo fenomenico non è altro che la maniera attraverso cui la volontà si manifesta nella rappresentazione : da qui il titolo della più importante opera di Schopenhauer : " Il mondo come volontà e rappresentazione " . Affermare che l' essere è la manifestazione di una Volontà infinita significa dire, secondo Schopenhauer , che la vita è necessariamente dolore . Infatti volere significa desiderare , e desiderare significa essere in uno stato di tensione , per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere . Essendo l' uomo l' essere con la volontà più cosciente e quindi più desiderante , egli risulta destinato a non trovare mai un appagamento totale . Con questa affermazione Schopenhauer afferma che l' appagamento della volontà è brevissimo rispetto alle infinite esigenze dell' uomo, perché il desiderio appagato dà sempre luogo a un nuovo desiderio . Ciò che gli uomini chiamano godimento e gioia è nient' altro che cessazione di dolore , ossia l' uscita da una precedente situazione di tensione , che ne è la condizione indispensabile . Perché vi sia piacere vi deve essere stato necessariamente dolore, non è vero il contrario , perché vi può essere una lunga catena di dolori senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri : sintetizzando , con le parole di Schopenhauer, "non v' è rosa senza spine , ma vi sono tante spine senza rose " .

    6. Accanto al dolore , che è la realtà durevole , e al piacere , che è qualcosa di breve, Schopenhauer pone come terza condizione esistenziale la noia , che subentra quando viene meno il desiderio oppure il dolore . Quindi il filosofo conclude che " la vita umana e come un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la noia , passando attraverso l' intervallo fugace , e per di più illusorio , del piacere e della gioia " . Poiché la volontà , che è un desiderio inappagato , si manifesta in tutte le cose , allora il dolore non riguarda solo l' uomo , ma tutte le creature . Se l' uomo soffre di più , è semplicemente perché , avendo maggiore consapevolezza , sente di più il pungolo della volontà . Per lo stesso motivo il genio soffrirà di più dell' uomo comune , perché " chi aumenta il sapere moltiplica la sofferenza " . Così Schopenhauer perviene ad una delle concezioni più pessimistiche di tutta la storia del pensiero , ritenendo che il male non sia solo nel mondo , ma nel Principio stesso da cui dipende . In questa vicenda irrazionale della vita , l' individuo appare soltanto uno strumento per la specie ; al di là del breve sogno dell' esistenza individuale , l' unico fine della natura sembra essere quello di perpetuare la vita , e con essa , il dolore . Testimonianza di quest' unico interesse della Natura , è riscontrabile , per Schopenhauer , nella manifestazione dell' amore . Il fine dell' amore , o lo scopo per cui esso è voluto dalla Natura , è l' accoppiamento - procreazione ; ciò vuole dire che l' individuo è il burattino della Natura proprio nell' atto in cui pensa di realizzare maggiormente il proprio godimento e la propria personalità : prova dell' essenza biologica dell' amore , è per Schopenhauer , la triste constatazione che la donna , dopo aver procreato e allevato i figli , perde ben presto bellezza e attrattiva . Per il filosofo non c' è amore senza sessualità tant'è che in un passo dal sapore pre - psicanalitico scrive che " ogni innamoramento , per quanto etereo voglia apparire , affonda sempre le sue radici nell' impulso sessuale " . Per queste ragioni l' amore viene sentito inconsapevolmente come peccato e vergogna , perché esso commette il più grave dei delitti , cioè la perpetuazione di creature destinate a soffrire . L' amore , per Schopenhauer , non è altro che " due infelicità che si incontrano , due infelicità che si scambiano , e una terza infelicità che si prepara " .

    7. L’espiazione del dolore Schopenhauer afferma che la vita è dolore , e che l' esistenza , in virtù del dolore che la costituisce , risulta tal cosa che si impara poco per volta a non volerla . Si potrebbe quindi pensare che il pensiero di Schopenhauer porti ad una filosofia del suicidio universale ; invece il filosofo rifiuta il suicidio per due motivi : 1) perché " il suicidio , lungi da essere negazione della volontà , è invece un atto di forte affermazione della volontà stessa " , in quanto " il suicida vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate" ; 2) perché il suicidio uccide solo una manifestazione fenomenica della Volontà di vivere, lasciando intatta la cosa in sé , che pur morendo in un individuo rinasce in mille altri. Per Schopenhauer la risposta al dolore del mondo sta non nel suicidio ma nella liberazione dalla Volontà di vivere ; questo processo salvifico avviene in tre tappe : l' arte , la morale e l' ascesi . Tipo di arte più profonda ed universale è la MUSICA capace di metterci a contatto con le radici stesse della vita e dell’ essere, questa infatti si pone come immediata rivelazione della volontà a se stessa. “La musica è dell’intera volontà oggettivazione e immagine, tanto diretta com’è il mondo; o anzi come sono le idee: il cui fenomeno moltiplicato costituisce il mondo dei singoli oggetti. La musica non è quindi affatto, come le altre arti, l’immagine delle idee, bensì immagine della volontà stessa, della quale sono oggettività anche le idee. Perciò l’effetto della musica è tanto più potente e insinuante di quel delle altre arti: imperocché queste ci danno appena il riflesso, mentre quella esprime l’essenza. Essendo adunque la medesima volontà che si oggettiva, tanto nelle idee quanto nella musica, ma solo in modo affatto diverso, deve trovarsi non proprio una diretta somiglianza, ma tuttavia un parallelismo, un’analogia tra la musica e le idee, delle quali è fenomeno molteplice e imperfetto il mondo visibile. L’indicare una tale analogia sarà come un chiarimento, che aiuti a comprendere questa dimostrazione difficile per l’oscurità del soggetto.” (A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, Roma-Bari, vol. II, 1991, pp. 346-49) L' ASCESI : essa nasce dall' orrore dell' uomo per quella Volontà di cui egli è manifestazione fenomenica, è l’esperienza per la quale l’individuo, cessando di volere la vita ed il volere stesso si propone di estirpare il proprio desideriodi esistere, di godere, di volere . La soppressione della Volontà è l' unico atto di libertà concesso all' uomo : quando si raggiunge questo obiettivo non si raggiunge l' estasi , come accade per il misticismo cristiano , ma l' esperienza del nulla , cioè di negazione del mondo stesso .

    8. FRIEDRICH NIETZSCHE Nasce a Roecken ,presso Lipsia,il 15 ottobre 1844.Rimase presto orfano di padre e la madre si trasferì con i figli a Naumburg ,dove il filosofo iniziò gli studi.Si iscrisse all’Università di Bonn,dove seguì soprattutto i corsi di filologia classica.Alla fine del 1868 conobbe Wagner;nel frattempo lesse Schpenhauer e pubblicò alcuni scritti filologici.Nel 1889,a Torino,ha un crollo psichico.Il suo amico Overbeck lo porta a Basilea,dove viene ricoverato in una clinica per malattie nervose.Dal 1890 vive con la sorella Elizabeth,rimasta vedova.Muore nel 1900 a Weimar. L'opera di Nietzsche si presenta come una ricerca che tende a definire l'essere dell'uomo e le forme di umanità che a questo essere corrispondono. Da un lato egli getta luce sulla vitalità, l'istintualità, l'aggressività, l'egoismo, la finitezza, che fanno da base all'essere dell'uomo; coglie la consistenza della realtà individuale e la profondità delle tensioni che dividono l'individuo e gli individui; contesta le metafisiche perché assolutizzano in modi diversi la ragione.Da un altro lato N. indaga la decadenza della moderna civiltà, di cui mette a nudo la repressione della vitalità e dell'istintualità, il livellamento, la mediocrità, la mancanza di grandi finalità, la concezione ancora platonica e teologica della ragione. Occorre uscire dall'esistenza codificata e uniforme, riattingere l'essere originario dell'uomo e di qui promuovere la costituzione di una nuova ed autentica esistenza. Ma Nietzsche non perviene ad una teoria dell'uomo soddisfacente perché gli sfuggono le dimensioni sociali, economiche e storiche della realtà umana.In Su verità e menzogna in senso extramorale ( 1873 ) Nietzsche critica il concetto positivistico di verità : il linguaggio è una convenzione la cui essenza non è la rappresentazione della natura delle cose , ma è solo un sistema di metafore , prodotto liberamente , imposto come il solo modo per descrivere il mondo . Coloro che si sono imposti hanno utilizzato l' idea di una verità assoluta , ma , per Nietzsche , la verità è solo il provvisorio figurarsi di determinate opinioni . Esse sono solo il risultato di un determinato modello culturale vincente nel tempo , ma sostituibile con altri modelli . Non esistendo per lui una verità assoluta , Nietzsche si scaglia contro la presunta oggettività e neutralità della scienza dichiarando che " non esistono fatti , ma solo interpretazioni " . Il mondo è solo il risultato dei giochi prospettici che vi operano: conoscere significa valutare la realtà secondo il prospettivismo dei valori attraverso cui l' uomo riesce ad esprimere la singolarità della propria esistenza . Nietzsche prosegue poi il suo lavoro di critica spostando l' attenzione sui concetti di soggetto e coscienza .

    9. Ne La gaia scienza ( 1882 ) Nietzsche annuncia la morte di Dio, drammatizzandola attraverso il racconto dell' uomo folle . Cosa significa che Dio è morto ? Significa constatare che oltre gli uomini sta solo il nulla ; è il simbolo dell' impossibilità di rinvenire , nel flusso caotico della realtà , a un punto di riferimento definitivo e stabile . Con questo annuncio Nietzsche intende riassumere in una formula radicale l' irruzione del nichilismo nel mondo moderno , ossia il fatto che l' insieme degli ideali e dei valori su cui , grazie al cristianesimo la civiltà europea ha costruito per secoli la propria regola di comportamento , tradisce ora il nulla che ne era il fondamento nascosto . In una prima accezione Nietzsche intende per nichilismo la “volontà del nulla” ovvero ogni atteggiamento di fuga o di disgusto nei confronti del mondo reale; in una seconda accezione intende per nichilismo la specifica situazione dell’ uomo moderno , che, non credendo più in un senso o scopo metafisico delle cose e nei valori supremi , finisce per avvertire , di fronte all’ essere lo sgomento del vuoto e del nulla. Nietzsche ipotizza un nichilismo attivo , di cui può essere protagonista solo un uomo superiore il quale , non accontentandosi più di assistere alla distruzione di antichi ideali , contribuisce attivamente facendosi personalmente promotore dell' avvento di una nuova umanità . Il protagonista di questa nuova età è il superuomo , che compare per la prima volta in Così parlò Zarathustra ( 1891 ) , egli infatti non si limita a negare l’esistenza di valori oggettivi , di un ordine intrinseco al mondo ma crea nuovi valori e dà senso al mondo. Questa forma di nichilismo coincide con la volontà di potenza. “Il nichilismo come stato normale A) Nichilismo come segno della cresciuta potenza dello spirito: come nichilismo attivo. Può essere un segno di forza: l’energia dello spirito può essere cresciuta tanto, che i fini sinora perseguiti ("convinzioni, articoli di fede") le riescano inadeguati.[...] B) Nichilismo come declino e regresso della potenza dello spirito: il nichilismo passivo: come segno di debolezza: l’energia dello spirito può essere stanca due i presupposti di quest’ipotesi: Che non ci sia una verità; che non ci sia una costituzione assoluta delle cose, una "cosa in sé"; ciò stesso è un nichilismo, è anzi il nichilismo estremo. Esso ripone il valore delle cose proprio nel fatto che a tale valore non corrisponda né abbia corrisposto nessuna realtà, ma solo un sintomo di forza da parte di chi pone il valore, una semplificazione ai fini della vita.” (F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, in Id., Opere complete, trad. it. di S. Giametta, vol. VIII, tomo II, Adelphi, Milano 1971, pp. 12-14)

    10. Il Superuomo “Quando Zarathustra venne nella città più vicina, che sorgeva accanto alla foresta, vide molta gente radunata sul mercato; poiché era stato annunziato che un uomo avrebbe ballato sulla corda. E Zarathustra così parlò al popolo "Io vi insegnerò cos’è il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri fino ad oggi hanno creato qualcosa che andava al di là di loro stessi: e voi invece volete essere la bassa marea di questa grande ondata e tornare ad esser bestie piuttosto che superare l’uomo? [...]Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l’uomo per il superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna Ecco, io vi insegnerò a diventare Superuomini; il Superuomo è appunto quel mare, in cui si può perdere il vostro grande disprezzo.” (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Id., Opere scelte, a cura di L.Scalero, Longanesi, Milano, 1964 (2a ed.), pp. 242-43) In " Così parlò Zarathustra " Nietzsche immagina che l' antico riformatore persiano Zarathustra sia tornato sulla terra per annunciare una nuova dottrina all' umanità . I tre insegnamenti che Zarathustra vuole donare all' uomo sono : la dottrina del Superuomo , quella dell' Eterno ritorno dell' uguale e la Volontà di potenza . Solo chi ha il coraggio di guardare in faccia la vita e di prendere atto della caoticità a - razionale del mondo , al di là di ogni illusione metafisica , è pronto per varcare l' abisso che separa l' uomo dal superuomo . Per cui il superuomo ha dietro di sé , come condizione necessaria del suo stesso essere , la morte di Dio e la vertigine da essa provocata ma ha davanti a sé il mare aperto delle possibilità scaturite da una libera progettazione della propria esistenza al di là di ogni struttura metafisica . La figura del superuomo presenta una tensione dionisiaca verso la vita che lo pone al centro del mondo e animato da un fatalismo gioioso e fiducioso, spinto da un' energia tumultuosa che tutto tramuta in affermazione .

    11. L’eterno ritorno e la volontà di potenza “Questa lunga strada che conduce all’indietro è lunga una eternità. E quest’altra che conduce fuori, laggiù, essa è un’altra eternità. [...]"Tutto ciò che è diritto mente", mormorò il nano in tono di spregio. "Ogni verità è curva, il tempo stesso è un circolo". "Spirito della gravità!" dissi corrucciato. "Non risolvere il problema con tanta facilità! altrimenti ti lascio lì accoccolato dove stai ora, storpio che non sei altro, e ti ho pure portato in alto! Vedi questo Istante!" Ripresi a dire: "da questa porta che si chiama Istante una lunga strada che non finisce mai corre all’indietro; dietro a noi scorre un’eternità. Non credi tu che tutte le cose che possono correre abbiano dovuto passare già una volta per questa strada! E tutte quelle che possono accadere debbono essere già accadute, fatte, trascorse una volta!” (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere scelte a cura di L. Scalero, Longanesi, Milano, 1964, pp. 429-32) La concezione del superuomo trova nella dottrina dell' Eterno ritorno dell' uguale il suo orizzonte definitivo di comprensione . Questo concetto viene presentato come il risultato di una intuizione improvvisa : il tempo non ha fine , il divenire non ha scopo . Il tempo non procede in modo rettilineo né verso un fine trascendente ( come sostiene la tradizione ebraico - cristiana ) né verso un fine immanente ( come crede lo storicismo ). L' uomo occidentale è prigioniero di una errata concezione lineare del tempo, secondo cui ogni cosa ha un inizio e una fine , un principio e uno scopo . A questa concezione ebraico - cristiana che scandisce il tempo in istanti irripetibili - creazione , peccato , redenzione , fine dei tempi - Nietzsche oppone invece una concezione ciclica, secondo la quale gli eventi sono destinati eternamente a ripetersi in un tempo circolare. In questa visione il mondo risulta dominato dalla ripetizione : " tutte le cose eternamente ritornano a noi e noi con esse , e noi già fummo eterne volte e tutte le cose con noi ". Ogni istante vissuto , ogni piacere e ogni dolore sono già esistiti infinite volte e infinite volte , in eterno , esisteranno . Se tutto ritorna , ogni istante non è né un passo avanti né un passo indietro , in quanto non vi sono più direzioni prescritte : cade la possibilità di orientarsi nel tempo rispetto a scopi o principi assoluti ; si svela così il fondamento ontologico fallace di ogni progetto etico , religioso o metafisico . Questa concezione circolare del tempo potrebbe essere interpretata in chiave fatalistica : se ogni istante è destinato a ripetersi , se il tempo non è che l' eterno rincorrersi degli eventi stessi , si deve concludere che nulla accade di nuovo , che la vita è inutile , come gli atti di volontà dell' uomo ? Nietzsche risponde negativamente .

    12. L' amor fati non è l' accettazione rassegnata delle cose così come esse accadono : il superuomo è proprio colui che volontariamente vuole per sé quella legge universale che gli altri esseri si limitano a seguire ciecamente . Così facendo trasforma il caso in una necessità consapevolmente assunta e voluta : " Così io volli che fu , così io voglio che sia , così io vorrò che sia " . Nella visione lineare del tempo ogni istante acquista significato solo se legato agli altri che lo precedono e lo seguono : il corso del tempo muove verso un fine che trascende i singoli momenti di cui è costituito . Nella visione di Nietzsche , invece, ogni momento del tempo e dunque ogni esistenza singola in ogni suo attimo di vita, possiede tutto intero il suo senso . L' attimo presente perciò merita di essere vissuto per se stesso , come se fosse eterno . Da questa concezione Nietzsche trae le sue massime : - Muovi sempre dall' attimo, dal presente vissuto pienamente , in quanto affidato né al destino , né alla casualità , ma alla decisione , al coraggio , alla volontà ; - vivi questo attimo in modo tale da desiderare di riviverlo . E' chiaro che solo un uomo perfettamente felice potrebbe volere l' eterna ripetizione di ogni attimo della propria vita , così come è chiaro che solo in un mondo pensato nella cornice di una temporalità ciclica è possibile una tale piena felicità . Infatti in una struttura del tempo rettilinea nessun istante vissuto può realmente avere in sé una pienezza di senso , in quanto tale istante ha senso solo in funzione di altri istanti che lo precedono e lo seguono . Questi attimi così intensi da desiderare che ritornino eternamente , sono possibili solo se l' uomo felice che ne è il protagonista , il superuomo , aderisce alla legge suprema dell' eterno ritorno dell' uguale . L' eterno ritorno può essere voluto solo dal superuomo , ma il superuomo può darsi solo in un mondo ordinato secondo l' eterno ritorno In questo modo diventa possibile l' avvento di una nuova e felice umanità , libera di dispiegare la propria creativa volontà di potenza sul mondo .

    13. Di fronte alla nullità dei valori , all' assurdità del mondo , alla realtà della sofferenza , la volontà di potenza è la volontà dell' individuo di affermarsi come volontà . La morte di Dio diventa la risurrezione dell' uomo responsabile e padrone del proprio destino , la cui volontà è ora libera di affermare sé stessa . Soggetto di volontà di potenza è , di conseguenza , colui che ha la forza per affermare la propria prospettiva del mondo . “Quando Zarathustra venne nella città più vicina, che sorgeva accanto alla foresta, vide molta gente radunata sul mercato; poiché era stato annunziato che un uomo avrebbe ballato sulla corda. E Zarathustra così parlò al popolo "Io vi insegnerò cos’è il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri fino ad oggi hanno creato qualcosa che andava al di là di loro stessi: e voi invece volete essere la bassa marea di questa grande ondata e tornare ad esser bestie piuttosto che superare l’uomo? [...]Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l’uomo per il superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna Ecco, io vi insegnerò a diventare Superuomini; il Superuomo è appunto quel mare, in cui si può perdere il vostro grande disprezzo.” (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Id., Opere scelte, a cura di L.Scalero, Longanesi, Milano, 1964 (2a ed.), pp. 242-43)

    14. Tacito Uno dei principali esempi di pessimismo della Letteratura latina è rappresentato da Tacito. Di Cornelio Tacito sono incerti il prenome,il luogo e la data di nascita. Quest’ultima si può collocare tra il 55 e il 58 d.C. Alcuni lo ritengono nativo di Terni,altri suppongono che fosse di origine gallica.Certo apparteneva a famiglia aristocratica e nella sua opera si riflettono le posizioni della vecchia classe senatoria. Avviato agli studi di eloquenza e alla carriera politica,ricoperse le prime cariche sotto Vespasiano e sotto Tito,e la sua ascesa fu favorita dal matrimonio con la figlia di Giulio Agricola,nobile e valente generale che si distinse nella battaglia di Britannia.Sotto Domiziano ebbe un incarico di governo in una provincia. Nel 97,sotto Nerva,fu console supplente.Fu proconsole dell’Asia verso il 112 e morì nei primi tempi dell’Impero di Adriano,verso il 120. Tacito fu il più implacabile e pessimista critico dell’impero come governo di uno solo e della degenerazione che esso produsse nelle coscienze. Tutta la sua opera si incentra intorno alla condizione politica dell’impero ed ai suoi riflessi sulla vita morale,civile e culturale. E’ ovvio che non abbia pubblicato nulla sotto il governo di Domiziano,quando non gli sarebbe stato consentito assumere un atteggiamento critico,non adulatorio e conformistico; Tacito cominciò a scrivere solo dopo il 96,quando Nerva e Traiano lasciarono maggiore libertà ai letterati. La prima opera di Tacito si ritiene generalmente che sia stata il Dialogus de oratoribus,che riprende il tema,già trattato da Quintiliano e Petronio,delle cause della decadenza dell’eloquenza.I dubbi sulla paternità tacitiana ne sono derivati dallo stile piuttosto ciceroniano,ma probabilmente esso è stato determinato,nel giovane autore,dalla scelta del genere letterario e dall’emulazione verso il maestro Quintiliano. Il “Dialogus” si immagina tenuto in casa del retore e poeta Curiazio Materno;gli interlocutori discutono dapprima se sia superiore l’eloquenza o la poesia,e infine vengono al nocciolo della questione,alle cause della decadenza dell’oratoria contemporanea. Mentre Vipstano Messala,sulle orme di Quintiliano,dà la colpa alla cattiva educazione impartita ai giovani nelle scuole di retorica,Curiazio Materno,che esprime il parere di Tacito,sostiene che la decadenza dell’oratoria è connessa con la perdita di libertà politica. Ora l’impero ha portato la tranquillità e la pace interna,ma a prezzo della perdita della libertà,e quindi il fiorire dell’eloquenza è soffocato dalle condizioni politiche. Tacito accetta il governo di uno solo come condizione ineluttabile per avere i benefici della pace,ma il suo animo è nostalgicamente proteso verso i tempi dell’antica repubblica ,quando nella libertà l’uomo politico e l’oratore potevano raggiungere un’onorata fama.

    15. De vita et moribus Iulii Agricolae Nel 98,Tacito scrisse il De vita et moribus Iulii Agricolae ,un’operetta biografica e celebrativa che prospetta la figura del suocero nel quadro storico della tirannide di Domiziano,e pone il problema dell’atteggiamento che gli uomini onesti e amanti della patria devono tenere sotto le dittature. L’opera è carica di risentimento e di odio contro il tiranno da poco scomparso,che aveva soffocato ogni forma di libertà,ogni vigore ed ogni dignità nelle coscienze. Accanto al violento attacco alla tirannide domizianea vi è,nell’Agricola un più coperto attacco agli sterili atteggiamenti negativi ed estremistici dell’opposizione senatoria,e celebrando Agricola è chiaro che Tacito vuole giustificare se stesso ed il suo lealismo verso i Flavi. Nonostante questa autodifesa,il problema della “servitus” della condizione politico-morale di servilismo in cui la classe senatoria e tutto l’impero sono caduti,rimane insoluto ed urgente,e di qui scaturisce l’accento cupo dell’operetta,dove lampeggiano pessimistiche sentenze sulla decadenza dei Romani. L’angoscioso dilemma tra fedeltà alla patria e ideale di libertà investe anche la lunga descrizione delle imprese di Agricola in Britannia.

    16. Germania Il problema del rapporto tra barbari e Romani e il confronto dei rispettivi valori etico-politici sono il tema di un’altra opera di Tacito,la Germania. Quest’opera tratta dei costumi dei Germani e delle loro varie genti;ha la forma esteriore del trattato scientifico,ed è nell’insieme opera ben informata,tanto che costituisce uno dei principali documenti per la conoscenza della civiltà degli antichi Germani e delle loro strutture sociali. Tacito non manca di esporre anche le caratteristiche negative di questo popolo come la tendenza all’ubriachezza e all’indisciplina,ma in ben maggior rilievo pone le loro virtù:il senso dell’onore,il coraggio e l’amore per la guerra,la semplicità del tenore di vita. Sotto la descrizione delle virtù dei Germani affiora talvolta il rimpianto dei costumi antichi di Roma in amara polemica con la corruzione del presente. Vi è,inoltre,nella Germania la preoccupazione che lo spirito bellicoso e le virtù incorrotte di questo popolo possano rappresentare un pericolo per la civiltà romana

    17. Le Historiae e gli Annales. La meditazione sulla situazione storica e politica dell’impero viene approfondita e svolta più ampiamente nelle opere maggiori di Tacito,le Historiae e gli Annales. Le Historiae sono in XIV libri e trattano gli avvenimenti dal 69 al 96,dall’avvento al trono di Galba fino alla morte di Domiziano. Successivamente Tacito compose gli Annales,in 16 libri,che trattano del periodo intercorrente tra la morte di Augusto e la fine dell’impero di Nerone. In entrambe le opere,l’autore si propone di indagare il fenomeno del dispotismo imperiale,del servilismo e della degenerazione della classe politica dirigente. Mentre nelle Historiae,Tacito mostra ancora qualche speranza che lo stato romano possa risollevarsi,in seguito,però,coinvolge in un giudizio negativo tutto l’impero. Tacito ritiene che dalla storia si possa ricavare un insegnamento politico e si sforza di dare una presentazione oggettiva dei fatti. E’ indispensabile,per comprendere la trama della storia,analizzare la personalità di colui dal quale dipende il destino dell’impero. Egli vuole fare storia in modo del tutto imparziale,”sine ira et studio”,ovvero “senza risentimento e senza partigianeria”. Il risultato dell’opera di Tacito è un profondo pessimismo,basato sulla consapevolezza dell’oscuro animo umano e comprende quello che Italo Svevo dirà,nel XX secolo,nella sua opera La coscienza di Zeno,”la vita attuale è inquinata alle radici”.

    18. ITALO SVEVO Italo Svevo ha le sue radici culturali nella Trieste di fine secolo , che è una delle realtà italiane più vive , in quanto soggetta alla cultura mitteleuropea . Uomo d’affari e dirigente industriale, lascia spesso in sospeso l’attività letteraria, guardandola con sospetto come qualcosa che può compromettere la sua nuova professione. Gli interessi letterari non sono però in lui mai spenti, ma pronti a riaffiorare. Egli si avvicina alla letteratura grazie a tre eventi fondamentali: - incontro con James Joyce (Joyce è esule a Trieste e Svevo prende lezioni d’inglese da lui); - incontro con la psicanalisi (tramite il cognato, che è in cura dal dottor Freud). Svevo non crede nelle possibilità terapeutiche della psicanalisi, ma apprezza la psicanalisi come valido strumento conoscitivo, capace di indagare a fondo la psiche umana; - scoppio della prima guerra mondiale (la ditta dei suoceri viene requisita dagli Austriaci, e ciò gli dà modo di dedicarsi completamente all’attività letteraria). altra forte influenza viene esercitata dalla teoria evolutiva di Darwin , che viene rielaborata originalmente nel saggio "L' uomo e la teoria darwiniana" : qui Svevo spiega le differenze tra animale e uomo . Per Svevo lo sviluppo eccessivo di qualità inferiori che servono nell' immediato per la sopravvivenza non è altro che un arresto dello sviluppo : " L' animale più capace di evolversi è quello in cui una parte è in continua lotta con l' altra per la supremazia " . Svevo quindi pensa a un uomo in continuo divenire , capace di infinite mutazioni . In questo clima di veloce e radicale mutazione degli epistemi classici l' uomo sente come inadeguati i tentativi di porre un ordine alla realtà ma se l' uomo disorientato che si affaccia al nuovo secolo spesso è alla ricerca di un pensiero che lo rassicuri , Svevo procede invece nella direzione inversa, cioè mette il coltello nella piaga , inchiodando l' uomo a un' immagine di sè che non è gradevole osservare ( ed è forse questa la causa dell' iniziale disinteresse del pubblico per i suoi romanzi ) .

    19. L’evoluzione della figura “dell’INETTO” nei tre romanzi La figura principale che caratterizzerà tutta la sua produzione letteraria è infatti l' inetto , cioè colui che è inadatto , incapace di vivere instaurando rapporti normali con altri individui . L' inetto si sente sempre in una situazione di disagio interiore e non riesce mai a sentirsi in pace con se stesso e con gli altri ; è un uomo abbozzato , nel quale nessuna parte è completamente sviluppata e proprio per questo è capace sempre di cambiare . Nella Trieste di fine '800 , Svevo individua le radici dell' inettitudine nella declassazione sociale e nell' interesse per la cultura umanistica . Infatti , in un' epoca in cui il motore della società sono il capitalismo e il profitto , chi non è capace di spendersi in campo economico e preferisce attività letterarie non può che risultare un emarginato . I protagonisti dei romanzi di Svevo sono infatti degli “inetti”, egli non si limita soltanto a ritrarre una condizione psicologica, ma sa anche individuare acutamente le radici sociali della debolezza e dell’impotenza dinanzi alla vita tipica dei suoi personaggi. In una prima fase del suo pensiero , Svevo giudica negativamente la figura dell' inetto perchè vede in lui l' incapacità di dare un senso alla propria vita , di realizzare i propri progetti . Legati a questa visione sono i primi due romanzi di Svevo : " Una vita " ( 1892 ) e " Senilità " ( 1898 ) . Alfonso Nitti , protagonista di " Una vita ", è un intellettuale costretto a lavorare come impiegato in banca , non riesce a essere una persona forte e virile , come richiederebbe la società borghese triestina , i cui unici valori sono il profitto e la produttività , è incapace di approfittare della situazione e lo dimostra non sposandosi. Non aderendo ai canoni richiesti dal mondo esterno , Alfonso si rifugia nella vocazione letteraria , che ritiene simbolo di una superiorità spirituale . Questa esigenza di costruirsi una realtà alternativa gratificante non fa altro che mettere in evidenza la coscienza dell' inetto , una coscienza caratterizzata da autoinganni e contraddizioni che lo porterà al suicidio . Se in "Una vita" prevale un' indagine sociale sulla tipologia umana dell' inetto , nel secondo romanzo "Senilità" l' attenzione si sposta sulla realtà psicologica : il protagonista Emilio Bretani è un piccolo borghese che ha paura di affrontare la realtà e per questo decide di rinunciare al godimento e di mortificare la propria vita . Emilio vive in un rapporto quasi simbiotico con la sorella Amalia , che viene vista quasi come una figura materna ; questo comportamento mette dunque in risalto una forte immaturità psicologica perchè Emilio è rimasto ancorato a una fase senile dell' evoluzione psichica .

    20. In entrambi i romanzi assistiamo allo stesso schema del confronto dell' inetto con un suo antagonista , che ne mette in maggior risalto la condizione malata . Macario in "Una vita" e Balli in "Senilità" sono infatti personaggi sicuri di se stessi , che agiscono decisi e raggiungono sempre i loro obiettivi , a scapito di Alfonso ed Emilio che rispetto a loro sembrano inermi , incapaci di qualsiasi affermazione di volontà . Dopo i primi due romanzi , da cui emerge dunque l' interesse nel tratteggiare l' identità di un nuovo tipo di uomo , Svevo passa un lungo periodo di astinenza dalla scrittura, forse anche per il suo momentaneo insuccesso tra il pubblico . Dopo un ventennale silenzio , Svevo si ripropone al pubblico con la sua opera fondamentale , cioè " La coscienza di Zeno " ( 1923 ) . Questo terzo romanzo mostra una grande coerenza di temi con i due precedenti , in quanto Zeno è fondamentalmente fratello di Alfonso Nitti ed Emilio Bretani , come afferma lo stesso Svevo , quando dichiara di non aver scritto in realtà che un solo romanzo . Zeno Cosini , ricco e malato immaginario di infinite malattie , giunto alla vecchiaia scrive la propria autobiografia per soddisfare i desideri dello psicanalista che lo ha in cura . Il tema principale del romanzo non è tanto la vita di Zeno , quanto piuttosto la storia della sua malattia , cioè la resistenza a ogni tipo di salute . Zeno infatti abbandona quasi subito la psicanalisi perchè la ritiene una cura che ha la presunzione di portare alla guarigione totale ; inoltre non accetta il tipo di salute che gli presenta la società in cui si trova a vivere , cioè la salute dei componenti di casa Malfenti . Nel suo tentativo di arrivare alla consapevolezza di sè , Zeno scopre che la differenza tra salute e malattia consiste nel fatto che il sano non analizza la sua malattia mentre il malato non fa che pensarci continuamente . Zeno comprende che la realtà psichica è ben più complicata di quanto si pensi , che la volontà è un carattere effimero e inconsistente , che non esistono certezze assolute , non c'è una verità : per questo l' uomo deve continuamente riflettere su sè stesso , nella consapevolezza che ciò possa portare all' inettitudine . Questa mancanza di certezze porta all' incapacità di realizzarsi , di scegliere una strada piuttosto che un' altra .

    21. Essendo conscio di questa sua incapacità alla vita normale , Zeno decide di affiancarsi a persone "sane" , come Augusta , guidate da una sicurezza totale sul senso del reale e della vita . Nel descrivere Augusta , Zeno rappresenta se stesso in antitesi , contrapponendo la presunta salute della moglie alla propria malattia e mostrando come il confine tra sano e malato sia molto labile : " Io sto analizzando la sua salute , ma non ci riesco perchè mi accorgo che , analizzandola , la converto in malattia . E scrivendone, comincio a dubitare se quella salute non avesse avuto bisogno di cura o d' istruzione per guarire . Ma vivendole accanto per tanti anni , mai ebbi tale dubbio " . Zeno, ritenendosi malato , ha sempre creduto che la sua fosse una situazione individuale, isolata , perciò ha sempre cercato di raggiungere la salute ; successivamente , quando si ritrova a guardarsi indietro , Zeno si accorge di quanto malate siano in realtà le convinzioni che sostengono un comportamento sano e di come sia " atroce quella salute che non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio " . Zeno arriva così alla conclusione che la sua nevrosi non sia un caso raro , ma abbia radici storiche legate ad una male morale che investe l' intera società cui appartiene : Zeno diventa così metafora della crisi dell' uomo contemporaneo , una crisi acuita dalla lucida consapevolezza della propria condizione . La stessa struttura narrativa del romanzo è metafora della concezione sveviana della realtà , che non esiste come oggettiva conoscenza , ma è frutto di una narrazione in cui il soggetto fa emergere certi aspetti ed attribuisce loro un certo senso , un valore arbitrario . La realtà esterna dipende da quella interna dell' uomo , poiché è solo un' attribuzione di un senso relativo : Lo Zeno che scrive nel presente , durante la cura psicanalitica , ricostruisce ed interpreta lo Zeno del passato . Il relativismo è sottolineato anche dal tono umoristico usato per mettere in evidenza sia gli autoinganni costruiti dallo Zeno passato per evitare le decisioni , sia quelli inventati dallo Zeno scrivente , per non vedere tutto quello che il suo passato potrebbe rivelargli, per camuffarsi e presentarsi onorevolmente all' analista .

    22. UNA VITA Il titolo del primo romanzo Una vita(1892) deriva da Maupassant e fu usato dall’autore in sostituzione a quello originario,Un inetto. Protagonista è un impiegato,Alfonso Nitti,che si sente “diverso” e vorrebbe apparire superiore:è un uomo interessato alla letteratura ma è costretto a mansioni ripetitive ed automatiche in una banca. Tenta un salto di classe seducendo Annetta Maller,la figlia del padrone della banca presso la quale egli lavora. Ma il protagonista è un inetto,incapace di approfittare della situazione favorevole che potrebbe portarlo al matrimonio. Allora fugge al paese per andare dalla madre che trova morente. Dopo la morte della madre torna in banca e tutti i suoi colleghi lo evitano,la stessa Annetta si è fidanzata con il bello e disinvolto Macario. Alfonso invia una lettera ad Annetta e questa viene interpretata come un ricatto,allora il fratello della ragazza sfida il protagonista a duello ma Alfonso preferisce suicidarsi. Il protagonista non è riuscito ad affermare la sua volontà,si è rivelato un inetto incapace di vivere nella società.

    23. SENILITA’ Quest’opera fu pubblicata nel 1898 e il titolo originario doveva essere Il carnevale di Emilio. Il protagonista è un letterato che non si oppone più alla “normalità” in nome di una formazione umanistica,come faceva Alfonso Nitti,ma accetta le consuetudini borghesi e vi si uniforma. Il personaggio deve scegliere tra principio di piacere e principio di realtà e finisce per obbedire al secondo. “…a trentacinque anni si trovava nell’animo la brama insoddisfatta di piacere e di amore,e già l’amarezza di non averne goduto,e nel cervello una grande paura di se stesso e della debolezza del proprio carattere,invero piuttosto sospettava che saputa per esperienza…” (Senilità,capitolo I). Come la sorella Amalia,Emilio Bretoni vive un’esistenza senile,opaca e grigia. “…Viveva sempre in un’aspettativa,non paziente,di qualche cosa che doveva venirgli dal cervello,l’arte,di qualche cosa che doveva venirgli da fuori,la fortuna,il successo,come se l’età delle belle energie per lui non fosse tramontata…” (Senilità,capitolo I). Quando Emilio conosce Angiolina,una bella popolana,sembra che la vita gli conceda la possibilità di avere un’avventura “facile e breve”. Egli idealizza la donna che,in realtà,obbedisce solo agli stimoli occasionali della passione e dell’interesse immediato. Quando se ne accorge,Angiolina gli appare rozza e volgare. La vorrebbe lasciare ma non riesce a fare a meno della sua vitalità e riallaccia il rapporto. Ma sia Angiolina sia Amalia,la sorella di Emilio,si innamorano di Balli,l’amico scultore del protagonista. Quest’ultimo cerca di allontanare l’amico da casa. Amalia cerca l’oblio nell’etere e si ammala di polmonite. Emilio lascia la sorella morente per un ultimo appuntamento con Angiolina,durante il quale la insulta violentemente. Rimasto solo,si chiude in quella “senilità”dalla quale non era mai uscito. Il romanzo si apre con un imprevisto che sembra offrire una possibilità di vita in grado di vincere la “senilità” del protagonista e si chiude quando tale possibilità viene meno. La “senilità” potrebbe essere vinta se Emilio osasse mettere in discussione la sua vita “normale” e tranquilla,regolata da norme conformistiche e da schemi letterari ed ideologici,che fungono da autoinganni,da comode realizzazioni. Egli avverte la forza dell’eros,ma vorrebbe viverla senza rischi. La realtà sfugge alla volontà di controllo e di dominio di un personaggio che cerca di studiare tutto scientificamente solo perché è affetto da “senilità” e quindi incapace di vero rischio e di vera generosità. “…Emilio pensò che la sua sventura era formata dall’inerzia del proprio destino. Se,una volta sola nella sua vita,egli avesse avuto da slegare e riannodare in tempo una corda;se il destino di un bragozzo,per quanto piccolo,fosse stato affidato a lui,alla sua attenzione,alla sua energia;se gli fosse stato imposto di forzare con la propria voce i clamori del vento e del mare,egli sarebbe stato meno debole e meno infelice…” (Senilità,capitolo XII)

    24. LA COSCIENZA DI ZENO Il terzo e più importante romanzo di Svevo è costituito dalla confessione autobiografica che il protagonista, Zeno Cosini, ricco commerciante triestino, scrive su invito del suo psicanalista. L’opera è composta da otto capitoli, e procede per temi e non per successione cronologica. Il primo capitolo è una prefazione dello psicanalista S., che dichiara i motivi per i quali pubblica le memorie di Zeno: per vendicarsi del paziente, che si è sottratto alla cura togliendo al medico il frutto dell’analisi; il secondo è un breve preambolo di Zeno alle proprie memorie. I capitoli dal terzo al settimo sono le sue memorie vere e proprie, che si fingono scritte prima della terapia. Il capitolo tre parla del vizio del fumo: Zeno narra di come abbia contratto il vizio e di come abbia cercato di liberarsene, ma soprattutto di come questo vizio sia divenuto per lui un alibi per crogiolarsi nella propria condizione di malattia. Il capitolo quattro narra la morte del padre; Zeno ha sempre avuto con lui un rapporto difficile, fino all’ultimo, quando il padre malato, prima di morire, in un sussulto forse inconsapevole, schiaffeggia Zeno, che ne prova vergogna e rimorso.”…Con uno sfozo supremo arrivò a mettersi in piedi,alzò la mano alto alto,come se avesse saputo che egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Poi scivolò sul letto e di là sul pavimento. Morto!(…)Egli era morto e non potevo più provargli la mia innocenza!...”(dal capitolo La morte di mio padre,La coscienza di Zeno) Il capitolo cinque narra la storia del suo matrimonio. Zeno frequenta la casa di Giovanni Malfenti, che inconsciamente vede come un secondo padre, e conosce le sue quattro figlie, tra cui ammira la bella Ada. Quando scopre che sposandone una diverrebbe quasi un figlio del Malfenti (e ne deriverebbe la sicurezza che cerca) decide di innamorarsi di Ada e le fa la corte; conosce anche Guido Speier, fidanzato di Ada, che gli appare un uomo dotato di perfetta salute e sicuro di sé (al contrario di lui). Dopo varie vicende, una sera chiede la mano di Ada, ma viene respinto; quindi in rapida successione chiede la mano di Alberta, con uguale risultato, e quella di Augusta, cui confessa le precedenti richieste: questa accetta.”…Voi,Zeno,avete bisogno di una donna che voglio vivere per voi e vi assista. Io voglio essere quella donna.”(dal capitolo Storia del mio matrimonio,La coscienza di Zeno) Il capitolo sei narra le vicende di vari anni di matrimonio ed in particolare il rapporto con Augusta, che rappresenta per lui la salute personificata e che perciò scopre di amare, e quello con Carla, sua amante; a lei si lega con un rapporto contraddittorio, oscillando tra il gusto e il peccato, il senso di colpa e i propositi di redenzione. Quando però Carla lo lascia, egli fa di tutto per impedirlo, finché è costretto a rassegnarsi. Il capitolo sette racconta la storia di un’associazione commerciale in collaborazione con Guido, divenuto nel frattempo marito di Ada: l’impresa è fallimentare, perché il “perfetto” Guido negli affari è un inetto, tanto da arrivare alla perdita del capitale. Guido è costretto ad inscenare un primo finto suicidio per ottenere soldi dalla famiglia della moglie, e poi un secondo, che però finisce casualmente in tragedia. Zeno cerca in tutti i modi di aiutare e consigliare Guido (mostrandosi più accorto di lui) e dopo la morte di questi, giocando in borsa, riguadagna quasi tutto il capitale perso dal cognato. Ada interpreta la vincita di Zeno come un atto di ostilità verso la memoria del marito.

    25. Il capitolo ottavo è un diario, tenuto da Zeno dopo la terapia, in cui sono esposte fra l’altro anche le ragioni della sua interruzione: il protagonista dichiara di voler abbandonare la terapia psicoanalitica, incapace di restituire all’uomo la salute. Zeno ritiene essere guarito dalla sua malattia,e questo risultato lo attribuisce non alla terapia del dottor S.,che gli ha concesso la libertà di fumare,ma alla propria decisione di cessare questo vizio. “…Io sono guarito! Non solo non voglio fare la psico-analisi,ma non ne ho neppure di bisogno…”(dal capitolo Psico-analisi,La coscienza di Zeno) Il protagonista afferma “la guerra m’ha raggiunto” e questo gli permette un’attività nuova e per lui rivitalizzante:la speculazione. “…Gli ordigni si comperano,si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole…”. Alla fine della narrazione,Zeno sembra avere acquistato un suo equilibrio basato sulla consapevolezza che solo rinunciando al tentativo di controllare e capire “la vita orrida vera” possiamo raggiungere con questa un compromesso che la renda sopportabile. La sua “malattia” viene a far parte della malattia di un’intera civiltà,destinata alla scomparsa per autodistruzione.”…Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”(dal capitolo Psico-analisi,La coscienza di Zeno) Anche i personaggi sveviani,nonostante tentino di realizzare i proprio desideri,di riscattarsi dalla “senilità”,oppure di guarire,alla fine rivelano la propria inettitudine,l’incapacità di attuare la propria volontà.

    26. THE WORLD WAVERED AND QUIVERED AND THREATENED TO BURST INTO FLAMES” As regards English litterature,I found Virginia Woolf. She speaks about a woman who wants to change her situation,her world,she has desires,dreams,but,at the end,she doesn’t achieve her aims. Have we to reseign ourself to society or we can realise our dreams? Virginia Woolf gives us a realistic answer because Mrs Dalloway decides not to change her situation. “...But she must go back...” Virginia Woolf was born in London in 1882. she came from an aristocratic family,therefore from an highly educated and intellectual family environment which gratly influenced her in her approaching to writing and art in general. She gave great importance to water:it represented two things:on the one hand,it represented what is a sooth-flowing;on the other hand,it was the only solution of problems in death. Her mother died in 1895,when she was only thirteen and she started to be in conflict with her father. She had some psychological problems:she used to hear voices in her head and had migraine attacks. After her father’s death,she moved to Bloomsbury where she founded with her brother a circle of intellectuals and where she met her husband Leonard Woolf. In 1917,they founded a publishing company,the Hogarth Press. The Second World increased her anxiety and fears:she felt that the world had disappeared. She chose the only possible death for her,”death by water”,and drowned herself in the river Ouse. Virginia Woolf can be considered as “impressionist” because she wanted to show the impressions of individual consciousness. She tried to speak about the inner world of feeling and memory as a continous shift of impressions and emotions. Like James Joice,she used the interior monologue.

    27. INTERIOR MONOLOGUE

    28. In her essay,Modern fiction she said “the mind receives a myriad of impressions(...) (the writer) could base his work upon his own feeling and not upon convention,there would be no plot,no comedy,no tragedy.” The story is not important,what matters is the impression the make on the characters who experience them. In her work there isn’t the omniscent narrator;she uses the stream of consciousness. She uses also Joice’s epiphany,that is the sudden revelation of an interior reality caused by the most trivial events of everyday life. She doesn’t use the traditional narration voice,but she takes different points of view from her characters and she “speaks” with their minds,showing their thoughts and feelings as the occur. Virginia Woolf wants also to show the gap between chronoligical and interior time. In fact,in this period,writer were influenced by Bergson’s theory about time. He said there are two kinds of time:an historical time,that is eternal and objective;and a psycological time that is internal and subjective.

    29. Viginia Woolf’s masterpiece is considered Mrs Dalloway. The protagonist is Clarissa Dalloway. One day she goes to Bond street to buy some flowers for her party. While she’s in the flower shop,Septimus,a shell-shocked man and his wife,Lucrezia,are walking along the way. When Clarissa returns home she receives a visit from Peter Walsh,the man once she loved. Meanwhile Septimus goes to a clinic but here he jumps out from the window. All the characters are presented at Clarissa’s party where the Bradshaws start to talk about Septimus’death. Virginia Woolf wants to show life as a continous changing from moment to moment. The protagonist is presented with her feelings and experiences. This work takes place on a single day,in London,when Clarissa has to give her party. The author wants to show the deeper humanity of her characters behind their social mask. Clarissa is characterised by opposing feelings:her need for freedom and indipendence and her class conosciousness. She imposes severe restrictions on her feelings. She is aware of her fragidity,of her inability to abandon herself. For this reason she cuold be compared with Septimus. He considers himself as a Messiah come to renew society. He saw his friend Evans die during the war and he felt followed by his spectre. He was one of the victims of industrialized world. Septimus could be considered Clarissa’s double. They are not linked apart from the news of Septimus’death. They are very similar:they married only for protection;Clarissa is fragile and Septimus is impotent. She understands him and she feels very like him and somehow she’s glad he committed suicide because thanks to him she could truly understand life. “...She did not pity him(...)she felt somehow very like him(...)she left glad that he had done it...”

    30. Flaubert Flaubert est né à Rouen en 1821 dans une famille de la bonne bougeoise, son père est chirurgien. A quinze ans il tombe secrétement amoureux  d’Elisa Schlésinger, l’épouse d’un éditeur de musique et il n’oubliera jamais cet amour qui sera rappelé dans L’éducation sentimentale. Il s’installe à Paris pour suivre des études mais il fréquente surtout les milieux artistiques et il écrit Memoires d’un fou. Il voyage au Moyen-Orient, en Grèce, en Italie avec son ami Maxime Du Camp en quête d’un monde loin de la bêtise de l’Occident bougeois. Depuis une crise nerveuse importante, Flaubert se retire dans sa proprieté de Croisset et c’est ici qu’il se consacre définitivement à la littérature. Pendant cette période, il écrit Madame Bovary qu’il publie en 1857, la même année de la parution de Les fleurs du mal de Beaudelaire. Flaubert meurt en 1800.

    31. Madame Bovary L’oeuvre la plus importante de Flaubert est Madame Bovary qui est considerée l’expression la plus accomplie du réalisme. Mais l’écrivain a rejeté tous les rapports avec ce mouvement. Il se sent plus lié au Romantisme. Son culte de la forme précise et du style le lie aussi aux parnassiens, adeptes de « l’art pour l’art ». Pour écrire son chef d’oeuvre,Flaubert s’est inspiré d’un événement d’actualité,l’affaire Delamare. La femme d’Eugène Delamare est morte dans des circonstances mystérieuses après avoir tompé son mari, elle s’est probabilment suicidée. Avec la publication de l’oeuvre,Flaubert est cité en justice,accusé « d’outrage à la morale publique et religeuse et aux bonnes moeurs ». À la fin il est innocenté parce que dans le roman il condamne la protagoniste avec sa mort. La protagoniste,Emma Bovary,est la jeune épouse de Charles Bovary,médecin de campagne. Elle a grandi dans un collège tenu par des religeuses où elle lisait les oeuvres romantiques et elle voulait vivre les mêmes aventures des romans qui l’avaient tant charmée. Mais elle se trouve à vivre dans la banalité de province de laquelle elle cherche de fuir avec deux amants qui, à la fin, l’abandonnent à son désespoir. Elle croit que seulement le suicide peut la libérer : elle vole de l’arsenic au pharmacien du village et meurt après une longue agonie. Son mari mourra quelques mois plus tard.

    32. L’oeuvre porte le sous-titre « moeur de province » parce que l’auteur prend en considération la vie banale de province sans divertissement. Avec Madame Bovary on commence à parler de Bovarysme : le terme désigne désormais l’insatisfaction affective et sociale et la quête de compensations imaginaires, le rêve de l’impossible. Le Bovarysme est l’expression de l’ardente nécessité de se surpasser, probabilment liée à l’impossibilité de s’accepter comment on est. Dans cette oeuvre, Flaubert utilise un style impersonel, il ne commente jamais ce qu’il montre parce que le lecteur doit comprendre le personnage à travers ses gestes, ses objectes, ses mots. Il utlise la focalisation interne et le discours indirect libre. Flaubert renonce à la vision omnisciente balzacienne : il veut prendre le point de vue de ses personnages, « Madame Bovary,c’est moi ! ». De 1864 à 1869,Flaubert réécrit une oeuvre rédigée quand il était jeune, L’éducation sentimentale. Comme Madame Bovary ce roman est inspiré par un fait véridique : c’est l’histoire d’amour de jeunesse que Flaubert a éprouvé pour Elisa Schlésinger. Mais l’adulte jette un regard désenchanté sur son rêve d’adolescent ; l’impossible grande passion devient alors l’emblème de l’échec d’une existence, mais surtout l’échec des espoirs et des ambitions de toute une génération.

    33. Le modalità di origine dei Totalitarismi moderni. Nella prima metà del ‘900 si verificò una situazione di disordine politico, sociale ed economico causata dalla prima guerra mondiale, ma anche dalla caduta della Borsa di Wall Street nel ’29 e dello sviluppo dell’ideologia marxista. In un situazione così destabilizzante i Totalitarismi trovarono terreno fertile in cui mettere radici. Il primo fu il regime fascista di Mussolini in Italia, dopo la celeberrima Marcia su Roma nel 1922, Vittorio Emanuele II consegnò il mandato di formare il governo, dunque nella totale legalità, a Mussolini. Il regime fascista fu con molta probabilità un Totalitarismo negativo assoluto anche se ci sono risvolti di tipo oligarchico, proprio perché si formò intorno alla figura del Duce una élite di dirigenti che nella pratica amministravano la politica interna italiana. Nel 1933 Adolf Hitler sale al potere, anch’egli come Mussolini per vie legali. Quello di Hitler fu nei fatti il vero Totalitarismo negativo assoluto, la figura del Führer acquistò lati divini, la sua forza carismatica fece unire in un grande nazionalismo l’intera Germania umiliata per le sovvenzioni contenute nel Patto di Versailles. Il potere di Hitler gettava radici mistiche che lo facevano seguire ciecamente da un intero popolo, la repressione della violenza e la voglia di vendetta era stata oggettivata verso un capo carismatico spalleggiato da un ideologia che inneggiava alla razza ariana come la unica degna di comandare sul mondo intero. Per quanto riguarda il regime comunista di Stalin la situazione fu differente. Infatti egli dovette fronteggiare già un contesto politico di tipo oligarchico dopo la morte di Lenin. La strategia di Stalin non fu quella di premere sul popolo per entrare a pieni titoli nel potere assoluto ma sull’oligarchia sovietica. Una volta entrato non esitò ad eliminare i suoi oppositori sia per quanto riguarda il loro pensiero che sia fisicamente, il “caso Trolskji” è emblematico. Una volta consolidato il potere nel Partito, nella sua struttura infatti l’Unione Sovietica era ancora un Totalitarismo negativo rappresentativo, cambiò strategia affermandosi anche tra il popolo; imponendo la propria figura mitizzandola quasi in modo divinatorio. A differenza degli altri regimi totalitari moderni, lo stalinismo non si generò e consolidò nella massa (oclocrazia) ma in un apparato politico già preesistente.

    34. I punti in comune Accurato che, nell’essenza, il Totalitarismo e la Democrazia sono praticamente uguali, anche se il primo è soggetto a degenerazione, dobbiamo adesso individuare quali sono i punti in comune tra i Totalitarismi moderni. In primis la struttura dello Stato totalitario come quello fascista e nazista ha delle caratteristiche in comune: l’esaltazione del proprio leader inneggiato quasi a divinità e conoscitore della vera realtà, l’esistenza di una ideologia su cui costruire il mondo futuro e applicare le leggi presenti, l’esistenza di una polizia terroristica ufficiale o ufficiosa con la quale attuare le repressioni contro i dissidenti politici o chi “infanga” l’etica e morale del regime, un’autarchia di tipo economico e culturale, il monopolio dei mezzi di comunicazione (stampa, mass-media) e dell’apparato industriale militare e la nazionalizzazione delle industrie fondamentali quali quelle agricole e metalmeccaniche. Gli studiosi Friedrich e Brzezinski individuarono esattamente 6 punti constatati nei tre regimi ritenuti per eccellenza totalitari (stalinista, hitleriano e mussoliniano): 1. Un’ideologia elaborata, consistente in un corpo ufficiale di dottrine che abbraccia tutti gli aspetti vitali dell’esistenza umana, al quale si suppone aderisca, almeno passivamente, ogni individuo. Ogni ideologia punta ad una realtà ideale e ad una nuova società 2. Un partito unico di massa tipicamente guidato da un solo uomo, il dittatore e composto da una percentuale relativamente piccola di popolazione totale 3.      Un sistema di terrore, sia fisico che psichico, realizzato attraverso il controllo esercitato dal partito e dalla polizia segreta.  4.     Un monopolio di tutti i mezzi di effettiva comunicazione di massa come la stampa, la radio e il cinema concentrato nella mani del partito e del governo  5.   Un monopolio egualmente tecnologicamente condizionato e quasi completo dell’uso effettivo di tutti gli strumenti di lotta armata Un controllo centralizzato e la guida dell’intera economia attraverso il coordinamento burocratico di attività imprenditoriali

    35. La Germania Nazista L’ideologia nazista ha la struttura fondamentale simile alle altre ideologie totalitariste moderne, tuttavia, nei suoi contenuti differisce notevolmente sia con quella fascista che con quella stalinista. Tale dottrina di leggi si basa soprattutto sul riconoscimento di un nemico comune causa del disagio sociale che stava attraversando la Germania negli ’20 e ’30, e venne individuato negli ebrei. L’ideologia nazista fu la prima di questo genere, cioè nel riconoscere il proprio nemico non più per le sue idee politiche e classe sociali non condivise ma per la razza. Hitler dava motivazioni di ogni genere per dare una spiegazione a questo odio contro gli ebrei; egli, infatti, ne riconosceva a pieno titolo la colpa del collasso tedesco sia nell’ambito economico, in quanto, ad avviso dello stesso Führer, non investivano i loro patrimoni in Germania, essendo capitalisti, e sia nell’ambito culturale cioè artefici del degrado culturale della Germania. Per quanto riguarda i nemici politici per Hitler erano rappresentati dai bolscevichi, i nemici genetici del regime, e i democratici. Questo ricerca necessaria e ossessiva di un nemico “genetico” del regime era dovuto soprattutto al fatto che bisognava trovare un punto in comune che unisse l’intera popolazione ed Hitler, abile statista, capì che bisognava fare leva sul sentimento nazionalista tedesco represso per la sconfitta del primo conflitto. Il sistema che proponevano i nazisti era un sistema apertamente antidemocratico e antiliberale, poiché << solo guidati da un grande condottiero si può conquistare il mondo >>; addirittura la “venerazione” del capo si rifaceva ad alcune tradizioni pagane celtiche e sassoni. Il programma nazista inoltre prevedeva il dominio assoluto e la fondazione di un nuovo ordine sociale con a capo la razza ariana, dagli Arii una popolazione indoeuropea da cui discendono alcune popolazioni germaniche, e da cui, sarebbe nata la cultura dell’umanità. Tale razza era pensata, con tanto di prove pseudo-scientifiche, come l’unica razza pura “biologicamente” e degna di comandare; le altre razze erano ritenute “inferiori” o addirittura da eliminare come quella ebraica . A questa politica populista si affiancava il genio da statista, demagogo e retorica di Adolf Hitler che divenne una delle figure più carismatiche dell’ultimo secolo, mare di folle erano in delirio quando recitava con grandissima enfasi << la gente, in una travolgente grandezza, è talmente femminile nella sua natura e attitudine che nelle sue attività e pensieri è motivata meno da delle sobrie motivazioni che da emozione e sentimento. Questo sentimento, comunque, non è complicato ma semplice e completo >> (pp. 237, Mein Kempf).

    36. Le cause dell’avvento nazista in Germania Le cause dell’avvento nazista in Germania sono essenzialmente tre. Le sanzioni causate dalla sconfitta della I^ Guerra Mondiale, la crisi del ’29 e la politica populista di Hitler. Prima fra tutte, quindi, la disfatta del primo conflitto mondiale che aveva portato il Paese in una situazione particolarmente precaria, a causa delle sovvenzioni del Patto di Versailles. In questo trattato di pace stipulato subito dopo la fine del conflitto venne riconosciuta nella Germania l’unica provocatrice del conflitto per cui vennero imposte multe pesantissime, confiscate l’Alsazia e la Lorena, territori ricchi di giacimenti minerari e altamente strategici, non a caso furono i primi territori soggetti alle mire espansionistiche di Hitler; inoltre fu costretta a cedere gran parte della sua marina e a destituire l’intero esercito. I territori coloniali vennero spartiti dalle potenze vincitrici, la Germania all’inizio del 1920 era sull’orlo del collasso. L’inflazione aveva distrutto sia l’economica interna che il commercio estero, la Germania si trovava isolata anche economicamente. Dopo la caduta del secondo Reich fondato da Bismarck si verificarono in tutta la Germania, e particolarmente a Berlino dei tumulti. Successivamente a queste lotte intestine il governo provvisorio fece posto a un governo ufficiale che prese il nome, a causa del luogo dove avvenne la Costituente, Repubblica di Weimar. Un governo formato da moderati e progressisti che ebbe il duro compito di risanare la situazione interna alla Germania. Successivamente agli anni cosiddetti “terribili” (1922-1923) in cui l’inflazione salì incredibilmente, la Germania assistette ad un periodo di stasi sia interna che estera. L’economia dopo periodi nerissimi incominciò a dare segni di ripresa e i rapporti con gli Alleati vincitori diventarono più distesi grazie gli Accordi di Locarno (1925) in cui la Germania riconobbe ufficialmente i confini dettatagli dal Patto di Versailles, e riuscì ad entrare nella Società delle Nazioni. La situazione degenerò nuovamente nel ’29 per la “grandi crisi” della Borsa di Wall Street: un cataclisma economico mondiale che colpì tutti i Paesi, e costrinse ad attuare ad ciascuno di essi una politica economica di tipo protezionistico riducendo drasticamente i commerci esteri. Questo contesto condizionò altamente la già debole economia tedesca che precipitò in una situazione sociale e politica alquanto grave, in quanto la crisi del ’29 colpì i ceti più umili e quelli medi, già danneggiati precedentemente, e fece fallire migliaia di industrie e la produzione calò. Questa situazione di emergenza fece applicare al governo un politica economica volta verso il sacrificio e la fame, con ripercussioni sulla popolazione più povera. In questo contesto il nazismo trovò un ottimo luogo dove edificare il proprio potere. In questo periodo caotico e confuso le squadre naziste iniziarono ad imperversare per tutto il Paese distruggendo quel barlume di democrazia che era rimasto nella Repubblica di Weimar. Mentre il popolo inneggiava al grande capo carismatico Hitler visto come unico salvatore della Patria in ginocchia, il presidente della Repubblica, il maresciallo Hidenburg, conferì l’incarico di formare il governo al nuovo Führer (Gennaio 1933). Era l’inizio del regime nazista.

    37. Il regime nazista nel suo manifestarsi reale Per analizzare la manifestazione reale del regime totalitario nazista riprenderemo i 6 punti individuati da Friedrich e Brzezinski. In primis il Nazismo aveva un’ideologia non molto precisa e chiara come quella fascista; essa si rifaceva ad antichi valori germanici, e ripudiava i nuovi valori come il Cristianesimo, il liberalismo e la Democrazia. L’ideologia si avvalse, in questo senso, impropriamente della teoria dell’ubermensch di Friedrich Nietzsche, individuando punti comuni praticamente inesistenti. D’altro canto la teoria del superuomo (o meglio oltre-uomo) è stata una delle teorie filosofiche violentate dalla storia, persino grandi letterati come Gabriele D’Annunzio la interpretarono a loro favore, formando una propria morale ed etica. L’ideologia nazista venne applicata appieno anche nel contesto reale. Dopo due anni dell’ascesa al potere di Hitler, vennero emanate le Leggi di Norimberga in base alle quali i cittadini ebrei tedeschi perdevano ogni diritto civili e furono oggetto di un boicottaggio sia civico che economico, di fatto iniziavano le percussioni ebraiche che sfociarono nell’Olocausto. Tuttavia le leggi persecutorie prevedevano anche altri tipi di provvedimenti come la soppressione degli infermi di mente, la sterilizzazione imposta ai portatori di malattie ereditarie e la persecuzione contro gli omosessuali. Ma l’applicazione dell’ideologia vide implicati altri settori come quello culturale, Hitler, infatti, fece bruciare e distruggere tutti quei libri ritenuti per qualche motivo contro il regime, con l’obiettivo, in questo modo, di costruire una nuova cultura incentrata sul Terzo Reich. Venne istituito un unico partito (Partito Nazionalsocialista) e un solo sindacato secondo il modello fascista. Fu instaurato un regime di terrore testimoniato da ciò che la Arendt chiama “la manifestazione completa dei regimi totalitari” dai campi di concentramento, caratteristiche contraddistinta dei regimi totalitari. In Germania furono i lager, dove vennero rinchiusi ebrei, oppositori politici o chi era ritenuto contro l’etica-morale del regime. Vennero legalizzate organizzazioni di polizia terroristica come le SA e le SS, una milizia nazionale composta da fanatici con un sentimento quasi morboso verso il proprio capo. Altro aspetto fu la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione per attuare nei modi migliori il regime propagandistico che era orientato soprattutto alla mistificazione del Fuhrer e alla distruzione morale e civile del popolo ebreo. Vennero nazionalizzate industrie di tipo militare, e la produzione militare crebbe a dismisura per preparare il Terzo Reich alla “Grande Guerra”. Per far fronte alla disoccupazione vennero ampliati lavori pubblici di edilizia statale e privata, basati sulla costruzione di grande opere monumentali. Per quanto riguarda l’economia fu promossa una politica protezionistica, per valorizzare i prodotti interni e sviluppare l’economia interna, inoltre lo Stato si faceva fautore di prestiti ed esenzioni fiscali per aiutare le attività imprenditoriali. Tutto questo era dovuto all’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza e quindi un autarchia totale, ed effettivamente tale obiettivo venne raggiunto e superato, e fece vivere alla popolazione tedesca un periodo di prosperità dopo lunghi anni di fame e miseria; anche questo fu il motivo dell’affermazione nazista nella Germania degli anni ’30.

    38. Il regime stalinista nell’Unione Sovietica degli anni ’20 e ’30. Una differenza essenziale del regime stalinista verso gli altri regimi totalitari del XX° secolo è soprattutto l’obiettivo sociale. Esso si poneva, infatti, l’obiettivo di non mantenere la struttura sociale che si era instaurata nella Russia degli Zar costituita da aristocratici, borghesi, operai e contadini, ma, come nei più alti principi della Rivoluzione russa, di pianificare e riformare del tutto il tessuto sociale, rendendolo un ammasso di cemento unico, con cultura, idee politiche e culturali omogenee, e proprio questo fu l’obiettivo essenziale di Josef Stalin. Dopo la morte di Lenin all’interno del Partito Comunista si scatenò una lotta di successione conclusasi con l’affermazione di Stalin. Infatti nel Partito erano emerse due figure di grande spicco valorizzate dal fatto che erano grandi compagni e collaboratori di Lenin; una era appunto quella di Stalin, l’altra quella di Trockji. I due si scontrarono politicamente per le loro strategie diverse, Stalin voleva una politica basata sulla risoluzione dei problemi interni sociali ed economici del territorio russo, Trockji invece voleva continuare la Rivoluzione del Proletariato espandendola in tutta Europa (Rivoluzione permanente). Stalin, tuttavia, non trovò molti ostacoli per insediarsi al potere, per mezzo dell’oppressione, anche fisica, di tutti i suoi oppositori politici all’interno del Partito, a differenza degli altri regimi i dissidenti non erano all’esterno della struttura statale ma all’interno. Lo stesso Trockji fu prima emarginato nella vita politica, poi ucciso da un sicario di Stalin in Messico nel 1940. La politica interna di Stalin si incentrò soprattutto sull’economia e sulla pianificazione o statalizzazione della società. Il primo obiettivo fu la collettivizzazione forzata delle campagne; nella società russa infatti si erano affermati dei piccoli proprietari terrieri, i Kulaki, che vennero praticamente travolti dalla rivoluzione russa prima e dalla politica di Stalin dopo. Tutti i beni dei kulaki vennero confiscati e divisi tra la popolazione contadina, mentre si cercò di eliminare la classe sociale dei kulaki in quanto classe. Moltissimi vennero trasferiti in Siberia dove per fame o per freddo morivano mentre lavoravano, in condizione di schiavitù, alla costruzione di opere pubbliche come ferrovie, dighe, centrali elettriche e canali; molti altri invece i più diffidenti vennero uccisi direttamente con fucilazioni di massa sommarie.

    39. Il programma di collettivizzazione prevedeva che il contadino doveva dare allo Stato dei quantitativi minimi di raccolti, chi li avesse superati aveva diritto a premi; tuttavia si verificò un atteggiamento restio da parte dei contadini che furono oggetto di campagne di punizione da parte di funzionari statali ed operai. Secondo punto del programma di sviluppo economico interno di Stalin fu l’industrializzazione forzata dell’URSS che fu anche uno dei motivi per cui l’Unione Sovietica non venne coinvolta nella crisi del ’29. Per giustificare questa politica Stalin si rifece anche all’ideologia marxista, in quanto lo stesso Marx affermava che per raggiungere la completa rivoluzione del proletariato bisognava aver raggiunto un livello industriale alto. La scelta economica fu pianificata dal partito e divisa in “piani quinquennali” in base ai quali ogni 5 anni bisognava aver raggiunto un obiettivo prefissato di sviluppo industriale. In 5 anni, cioè tra il 1928 e il 1933, la produzione industriale doveva essere cresciuta del 180% mentre il reddito nazionale del 103%. Per cui ogni tipo di risorsa venne riversata nell’industria pesante. Tuttavia si assistette ad un fallimento relativo di questa programmazione, anche se gli enormi sforzi avevano portato la Russia, tra le più grandi potenze mondiali, perché riuscì a tenersi fuori dalla crisi del ’29 che coinvolse particolarmente i regimi occidentali liberali. Il regime stalinista alla pari degli altri regimi totalitari attuò una strategia di oppressione verso i dissidenti del regime e costruì una grande struttura propagandistica. I sovietici alla pari dei nazisti, possedevano dei campi di concentramento che prendevano il nome di Gulag i quali rappresentavano in sé un strumento di terrore per reprimere nel nascere ogni attività avversa al regime. Se l’essenza dei Gulag sovietici era la stessa dei Lager nazisti, tuttavia, avevano obiettivi diversi. La struttura dei Gulag era un mezzo utile al regime per pianificare del tutto la società trasformandola nella “società del proletariato”. Infatti vennero coinvolti tutti gli individui ritenuti non appartenenti al proletariato e quindi estraneo alla nuova realtà socialista, in questa lista rientravano gli artigiani, i commercianti, piccoli imprenditori e professionisti, si puntava alla distruzione della società ritenuta vecchia e degradata per formarne una nuova fondata sul proletariato, erano persone non oppositori del regime, ma ritenute non adatte alla nuova realtà; inoltre vennero trasferiti nei gulag anche minoranze etniche e religiose; mentre la persecuzione nazista si basava principalmente sulla razza, quelle russa poneva le sue fondamenta su una persecuzione di tipo sociale. Entrambi, tuttavia, si ponevano l’obiettivo, per mezzo dei campi di concentramento, di arrivare ad una società, ritenuta a loro avviso, più giusta. Per quanto riguarda la propaganda era fondata sul culto della figura di Stalin, che venne di fatto divinizzata; fu riproposto come il “capo del proletariato mondiale”, l’unico capace di portare la rivoluzione proletaria in tutto il mondo. La cultura vene vista come una strumento propagandistico e di regime. Nacque in questo modo il realismo socialista che si poneva l’obiettivo di decantare le virtù del socialismo e della rivoluzione, e di istruire in tal senso la popolazione, lodando gli obiettivi raggiunti dal regime. Tutto ciò naturalmente sotto stretta osservanza del partito.

    40. L’Italia Fascista  Il Fascismo fu un movimento nato per rispondere all’esigenza di una borghesia che non si riconosceva più negli ideali risorgimentali della prima età unitaria italiana. Il Fascismo prima di tutto era un movimento di idee in cui divergevano diverse classi sociali di tradizione completamente differente. Il corpo ideologico costituito dal Manifesto dei Fasci esprime interamente un disagio nazionale che stava attraversando l’Italia post-bellica, era la conseguenza di una politica che aveva lasciato fuori il popolo e dato più potere alla burocrazia. Inizialmente il Partito Fascista non si poneva in nessuna corrente politica in quanto aveva ideali ripresi sia dai movimenti socialisti che da quelli nazionalisti. Era un gomitolo di idee e dottrine moralistiche che si rifacevano anche ad ideali di tipo nietzschiano, prettamente di stampo anarchico. I Fascisti erano antidemocratici, antiliberali e anticlericali, si proponevano di nazionalizzare i beni della Chiesa, di imporre imposte di carattere progressivo sul capitale, suffragio universale, voto alle donne, partecipazione dei lavoratori alle assemblee di gestione delle aziende e la giornata lavorativa di otto ore. Oltre a questi principi puramente socialisti, i Fascisti possedevano anche principi di carattere nazionalista, infatti, erano contro l’internazionalismo ma alla valorizzazione del patriottismo; ed inoltre accettavano l’uso della violenza per l’affermazione dei propri ideali. Il movimento era collocato tra un socialismo e nazionalismo affiancato ad iniziative populiste; il loro obiettivo era quello di unire forze sociali eterogenee ma capaci, se unite, di salire al potere. Come il Nazismo e lo Stalinismo anche l’ideologia fascista aveva individuato una causa del male della società: i bolscevichi, che erano diventati nemici “naturali” del movimento e del degrado della società, e le forze democratiche-liberali, per cui l’unica soluzione per risollevare l’Italia agli antichi albori dell’Impero Romano era affidare il potere ad un capo carismatico e capace, che venne individuato in Benito Mussolini.

    41. Le cause dell’avvento fascista in Italia Ci sono fattori comuni tra le cause dell’avvento fascista in Italia e quello nazista in Germania. C’era infatti un malcontento dell’intera società dovuto alla situazione economica disagiata che l’Italia attraversava, inoltre, la rivoluzione russa aveva portato una ventata di forza ai movimenti socialisti e comunisti che promovevano ideali di tipo rivoluzionario. Infatti, tra 1919 e 1920 si verificò in Italia un periodo denominato “Biennio Rosso” caratterizzato nella società operaia dall’affermazione delle ideologie comuniste di stampo sovietico, e quindi, nell’attuazione pratica, da continui scioperi e scontri. Questa situazione difficile e pericolosa fu ulteriormente complicata dall’economia post-bellica e dalla disoccupazione alimentata anche dal ritorno dei reduci in patria. Nell’ambito politico tuttavia ci fu una svolta, infatti, il fronte socialista di spaccò a causa della migliore strategia da intraprendere, la conseguenza di ciò fu l’indebolimento di tutta la sinistra italiana che aiutò indirettamente l’ascesa fascista. I continui scioperi e scontri degli operai e contadini vennero affiancati e contrapposti allo squadrismo nero che iniziò a svilupparsi in tutto il Paese. Lo squadrismo era un fenomeno nato con il Partito Fascista ed era il braccio armato dello stesso, era finanziato dai proprietari terrieri e dagli industriali, che vedevano nell’affermazione dello squadrismo un arma migliore dello Stato. Per cui la figura di Mussolini venne interpretata dall’alta borghesia, ma anche dai dirigenti liberali e antisocialisti, come l’arma migliore per combattere l’ondata comunista. Il Fascismo assunse l’essenza dell’anticomunismo e della protezione della monarchia. L’atteggiamento anarchico di Mussolini cambiò radicalmente riconoscendo nel Re l’importanza dell’unità dello Stato italiana e nel Papa l’insieme delle dottrine morali “giuste”. Con questa scelta diplomatica Mussolini oltre al favore della borghesia e degli imprenditori, si accaparrò anche quelle dei monarchici e dei cattolici, che gli spianò la strada nell’ascesa al potere. Il 28 ottobre 1921 le “camicie nere” marciarono su Roma, sotto lo sguardo impassibile dell’esercito. Anche se l’esercito poteva fermare i fascisti prima ancora che entrassero a Roma, Vittorio Emanuele II scelse la via più opportuna, in quanto vedeva in Mussolini un “protettore” della monarchia e peggior “nemico” del comunismo antimonarchico, per lo stesso motivo la Chiesa, nonostante le continue violenze dei Fasci da Combattimento appoggiò la nascita di un regime totalitario.

    42. La manifestazione reale del regime fascista Dopo il delitto Matteotti e la Secessione dell’Aventino, l’Italia entrò del tutto in una dittatura. Tuttavia in contrasto con ciò che successe in Germania successivamente, Mussolini non si attenne affatto alla ideologia da lui stesso promossa e divulgata, ma si nascondeva dietro ad esso per coprire la vera realtà. Infatti al potere andò una elite di dirigenti alti borghesi che gestirono il Paese a favore della propria classe a discapito delle classi più povere. I grandi proprietari terrieri come anche gli imprenditori erano protetti da eventuali scioperi che venivamo immediatamente repressi; la nobiltà si ritrovò valorizzata ancora di più per la politica patriottica, nazionalista e successivamente imperialistica; e quindi la classe operaia, che doveva essere quella più aiutata dal regime, almeno secondo l’ideologia, venne emarginata dalla vita pubblica; i sindacati, manifestazione ed istituzione del lavoratore-operaio vennero aboliti e fu istituito uno solo basato sui principi di corporativismo. Vennero messi al bando tutti i partiti tranne quello Fascista, ogni tipo di pluralismo politico venne stroncato sul nascere. Fu istituito una milizia nazionale formata dagli squadristi, che avevano la possibilità di fare uso della violenza se necessaria, e presero il nome di Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, esso divenne l’organo principale di repressione politica, culturale e sociale. La cultura venne controllata, e alcuni intellettuali come il filosofo neo-idealista Gentile ne fecero parte anche nella vita politica. Il Fascismo cercò di integrarsi nella società italiana, attraverso la scuola con riforme e “abituando” la gioventù al culto del Duce. Mussolini cercò di consolidare i rapporti con i cattolici, firmando i “Patti lateranensi” costituiti da un Trattato e Concordato bilaterali, in base ai quali lo Stato fascista riconosceva lo Stato del Vaticano e istituiva l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane; così riuscì a ricucire i rapporti con Chiesa e Stato che si erano interrotti dalla “breccia di Porta Pia”.

    43. Per far fronte alla disoccupazione lo Stato promosse la costruzione di opere pubblica costituite da complessi monumentali di stile romano imperiali, inoltre, bonificò alcune zone paludose nei pressi Roma e fondò la città di Latina. Aiutò con finanziamenti l’economia del settore primario (agricolo) e la cosiddetta “battaglia del grano” per la quale si doveva raggiungere una soglia determinata di produzione per costituire una Stato perfettamente autarchico; questa iniziativa ebbe due valenze: una la necessità di non dipendere da altre nazioni, l’altra della ruralizzazione forzata della società, che doveva rifiutate la visione moderna della società fondata sull’industria e la classe operaia. Come gli altri regimi totalitari anche quello fascista attuò una politica economica di nazionalizzazione per quanto riguarda le industrie militari e ampliò l’apparato bellico non solo strumentale ma anche degli uomini. La propaganda si rivolse verso il controllo delle strutture informative come la radio e i giornali. La manifestazione dell’oppressione verso i dissidenti si verificò nell’istituzione del “confino”, in cui l’oppositore veniva esiliato, nell’incarcerazione e in punizioni corporali. Tuttavia la repressione fascista fu più blanda di quelle naziste e staliniste, per un motivo di fondo. Nel primo caso, cioè quello nazista, l’ideologia politica era abbracciata dalla stragrande maggioranza della popolazione e il dittatore era salito al potere grazie all’oclocrazia, nel secondo, invece, il regime aveva trovato opposizione solamente all’interno del partito; per il Fascismo la situazione era differente, Mussolini aveva raggiunto il potere non per il favore della maggioranza della massa ma per l’appoggio della grande imprenditoria, l’aristocrazia e le alte cariche ecclesiastiche; per cui una politica di repressione politica totale non avrebbe favorito la radicazione del regime, ma lo avrebbe sfaldato. Anche per questo la cultura “alternativa” italiana e l’opposizione, pur clandestinamente, riuscì ad organizzarsi in qualche modo. Il maggior consenso popolare il fascismo lo raggiunse dopo un decennio della suo governo totalitario, dovuto alla situazione di stallo, di ordine e relativa pace che si era manifestata dopo tanto tempo in Italia

    44. CONFRONTO TRA I TRE TOTALITARISMI I Totalitarismi del ‘900 hanno caratteristiche comuni per il modo in cui sono nati e si sono sviluppati: nei paesi ad economia forte ed a democrazia più stabile si riescono a sostenere i problemi che ben presto rientrano all’interno dei canali democratici, invece negli stati dove il sistema è più fragile e l’economia è in crisi (Italia, Germania e Russia) si passa a totalitarismi negativi con la fine dei regimi democratici liberali. Sono molte le caratteristiche che li accomunano, come per esempio il controllo centralizzato e la guida dell’intera economia attraverso il coordinamento burocratico di attività imprenditoriali, grazie a questa nuova politica economica nel giro di pochi anni riuscirono ad ottenere un ampio progresso industriale che migliorò di molto la situazione dei tre stati. In Russia con la presa di potere di Stalin che, dopo la morte di Lenin nel 1924, prese il suo posto prevalendo su Trockji , si ebbe il passaggio dalla nuova politica economica leniana (NEP) (che consisteva nella nazionalizzazione di banche, industria pesante, trasporti, energia elettrica…e che lasciava una certa libertà di iniziativa reintroducendo, se pur parzialmente, la proprietà privata) ai PIANI QUINQUENNALI che erano l’esempio di un economia statalista in base ai quali ogni 5 anni bisognava aver raggiunto un obiettivo prefissato di sviluppo industriale. Questo portò ad un fortissimo sviluppo dell’industria (l’industria pesante crebbe del 170%) anche se ci furono forti ripercussioni come la diminuzione dell’investimento nell’agricoltura che portò Stalin, per ottenere un maggiore profitto, alla creazione dei sovchoz ( aziende agricole di proprietà dello Stato) e dei kolchoz ( cooperative agricole dove i contadini conservavano un piccolo appezzamento da coltivare. Questa novità non venne accettata da tutti di buon grado per questo i contadini vennero costretti ad entrare nei kolchoz con la forza ed iniziarono le PURGHE staliniane che si manifestarono con la deportazione dei Kulaki nei Gulag in Siberia finalizzate ad eliminare l’unica forma di borghesia presente in Russia che si opponeva al potere di Stalin. Anche in Germania si riuscì ad avere un forte sviluppo economico, Hitler diventò capo del governo il 28 Gennaio del 1933 con la successiva nascita del II Reich il 23 marzo del 1933 quando, dopo aver ottenuto pieni poteri dal Parlamento, grazie ad un plebiscito ottenne la maggioranza; la situazione economica tedesca era diversa da quella russa perché la Germania, dopo il trattato di Versailles, venne riconosciuta unica provocatrice del conflitto per questo gli vennero imposte multe pesantissime e le vennero confiscato territori ricchi di giacimenti minerari (come l’Alsazia e la Lorena).

    45. Quindi la Germania si trovava all’inizio del 1920 sull’orlo del collasso e solo grazie all’intervento americano riuscì a migliorare le sue sorti: nel 1924 venne elaborato il piano Dawes il quale prevedeva un forte prestito concesso alla Germania con il quale avrebbe potuto ripagare i danni di guerra arrecati alle altre nazioni europee e queste, a loro volta, sarebbero state in grado di rimborsare i debiti che durante la guerra avevano contratto con gli Stati Uniti. La situazione degenerò nuovamente nel ’29 per la “grandi crisi” della Borsa di Wall Street: un cataclisma economico mondiale che colpì tutti i Paesi eccetto la Russia, e costrinse ad attuare ad ciascuno di essi una politica economica di tipo protezionistico riducendo drasticamente i commerci esteri. Questo contesto condizionò altamente la già debole economia tedesca che precipitò in una situazione sociale e politica alquanto grave, in quanto la crisi del ’29 colpì i ceti più umili e quelli medi, già danneggiati precedentemente, e fece fallire migliaia di industrie e la produzione calò. Con l’avvento del Nazismo Hitler riuscì in pochi anni a raggiungere l’equilibrio del bilancio ed a rendere la Germania un paese economicamente stabile in grado di affrontare la guerra. Il sistema economico tedesco rimase sempre un SISTEMA CAPITALISTICO con salari fissati sulla base degli interessi dei proprietari. Tutto era basato sulla crescita dell’industria pesante e sullo sviluppo degli armamenti ( nel 34 con un plebiscito la Sahar e la Ruhr vengono riannesse alla Germania) con un FORTE CONTROLLO STATALE SULL’ECONOMIA. Il regime fascista invece salì al potere inizialmente nel ’22 quando, dopo la marcia su Roma, Mussolini diventò capo del governo ma si arrivò alla dittatura solo dopo il delitto Matteotti e l’episodio dell’Aventino del 1924 fatti che vennero seguiti dal famoso discorso del duce pronunciato il 3 gennaio 1925. La politica economica fascista ebbe due diversi risvolti: fino al 1925 fu caratterizzata da un forte liberismo (abolizione della nominatività dei titoli in borsa, riduzione delle tasse, abolizione delle assicurazioni statali ecc..), dal 25 in poi invece l’intervento dello stato in campo economico fu accentuato e l’economia cominciò a dipendere dalla politica. Venne fatta la scelta del protezionismo per proteggere il prodotto interno, nacquero istituzioni statali (IRI,INI,AGIP) e ci fu un intervento anche in campo agricolo con la “battaglia del grano” e la bonifica di territori ( paludi Pontine) per rendere l’Italia autosufficiente sotto il profilo alimentare.

    46. Inoltre i tre totalitarismi possedevano un’ideologia elaborata, consistente in un corpo ufficiale di dottrine che abbraccia tutti gli aspetti vitali dell’esistenza umana ma non nuova, al quale si suppone aderisca, almeno passivamente, ogni individuo. Ogni ideologia punta ad una realtà ideale e ad una nuova società, e puntavano sull’accentramento del potere nelle mani di un solo uomo e sulla nascita di un vero e proprio culto. Mussolini, per esempio, istituì una vera e propria serie di manifestazioni atte ad esaltare il regime fascista e la figura stessa del duce che diventa sempre di più un eroe- dio: “dux mea lux” questo motto dimostra come il tentativo iniziato da Mussolini di nazionalizzazione delle masse era riuscito ad ottenere il suo scopo tanto che questo mito della figura del duce durerà per molti anni, fino alle prime grandi sconfitte dell’Italia durante la II guerra mondiale. Anche per Stalin ed Hitler accade una cosa analoga: il primo veniva visto come “ il capo del proletariato mondiale” l’unico capace di portare la rivoluzione proletaria in tutto il mondo, questo nuovo sistema dava a tutti la garanzia di un, sia pur minimo, livello di sicurezza sociale, anche Hitler cercò di ottenere maggior adesione tramite adunate del partito nazionalsocialista durante le quali si comportava come un attore che deve accattivarsi l’ammirazione del pubblico, grazie a questi tentativi la popolazione aveva proprio l’impressione di far parte di una comunità. Tutti e tre attuarono una grande propaganda per riuscire ad avere questo successo, il loro scopo era quello di NAZIONALIZZARE E CONTROLLARE le masse oltre ad ottenere un più vasto consenso. Un dei mezzi più usato per questo scopo fu lo sport Oltre alla nazionalizzazione delle masse i tre regimi arrivarono anche alla censura di ogni altro tipo di cultura alternativa, anche perché avevano il monopolio di tutti i mezzi di effettiva comunicazione di massa come la stampa, la radio e il cinema, basta ricordare la mostra d’arte degenerata . Inoltre istaurarono  un sistema di terrore, sia fisico che psichico, realizzato attraverso il controllo esercitato dal partito e dalla polizia segreta cha portò anche alla persecuzione: le camicie nere in Italia già nel Biennio Rosso erano preposte all’eliminazione fisica degli oppositori, in Russia invece il potere mirava ad una persecuzione sociale non contro oppositori del regime ma contro persone ritenute non adatte alla nuova realtà socialista non appartenenti al proletariato ( Kulaki), e per ultima l’ideologia nazista che aveva come punto centrale della propria ideologia la persecuzione e la distruzione della razza ebrea (9/10 novembre 1938 NOTTE DEI CRISTALLI, data d’inizio dell’ eliminazione scientifica delle minoranze etniche nei lager) La diversità fondamentale tra i tre totalitarismi fu il modo in cui riuscirono a conquistare il comando: il nazismo salì al potere perché l’ideologia politica era abbracciata dalla stragrande maggioranza della popolazione e il dittatore ottenne il potere grazie all’oclocrazia, per quanto riguarda lo stalinismo il regime aveva trovato opposizione solamente all’interno del partito; invece per il Fascismo la situazione era differente, Mussolini aveva raggiunto il potere non per il favore della maggioranza della massa ma per l’appoggio della grande imprenditoria, l’aristocrazia e le alte cariche ecclesiastiche; per cui una politica di repressione politica totale non avrebbe favorito la radicazione del regime, ma lo avrebbe sfaldato. Per questo motivo il controllo e la nazionalizzazione della cultura non fu uguale per tutti, in Italia, infatti, la cultura “alternativa” e l’opposizione, pur clandestinamente, riuscirono ad organizzarsi in qualche modo mentre in Germania e Russia ci fu una dura e violenta repressione.

    47. L’INGANNEVOLE MOTO DELLA VOLTA CELESTE Quando si osserva il cielo, gli occhi (unico strumento ottico a disposizione degli astronomi antichi) non permettono di distinguere a quali distanze dalla Terra si trovano gli astri: così la volta celeste appare come una cupola sulla quale sono fissate le stelle. Se si prolunga l’osservazione della volta celeste per alcune ore, si nota che essa ruota e gli astri successivamente sorgono a Est e tramontano a Ovest. Pertanto fin dalla più remota antichità, gli uomini hanno creduto che la Terra fosse la platea immobile attorno alla quale uno scenario a forma di sfera ruotasse trascinando con sé le stelle. La teoria cosmologica universalmente accettata prima dell’ipotesi copernicana concepiva l’esistenza di un universo geocentrico nel quale la Terra era fissa e immobile, al centro di diverse sfere concentriche rotanti. Queste sfere sorreggevano – a partire dalla Terra e procedendo verso l’esterno – i seguenti corpi celesti: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno; infine, vi erano le sfere infinite più esterne, che sostenevano le cosiddette “stelle fisse” (l’ultima sfera si pensava oscillasse lentamente, dando conseguentemente origine alla precessione degli equinozi). Sia Eratostene sia Tolomeo sostennero questa teoria. L’opera di Copernico, confutò la teoria di Tolomeo, secondo cui l’universo è finito, a forma di sfera, avente al proprio centro la Terra, segnato dalla rotazione dei cieli e dei pianeti intorno alla Terra immobile.

    48. Copernico aveva compreso che, per studiare il “sistema del mondo” non era sufficiente prendere in considerazione la sola apparenza del moto delle stelle sulla volta celeste, ma anche quella del moto dei pianeti.Egli, attuando quella che poi venne chiamata dal suo nome la “rivoluzione copernicana”, sostenne per contro che la cosmologia tolemaica, avente le sue radici in quella aristotelica e divenuta parte integrale della dottrina della Chiesa, era errata; e sostenne: 1) La Terra non poteva essere il centro dell’universo. 2) La Terra compiva un triplice movimento: a) diurno intorno al proprio asse; b) annuale intorno al Sole; c) annuale rispetto al piano dell’ellittica. Anche se il modello copernicano concepisce l’universo come un sistema finito,in sé conchiuso;ritiene anche che il movimento della Terra e degli altri pianeti intorno al Sole sia circolare,perché considerato “perfetto”.

    49. THYCHO BRAHE Il sistema copernicano si espone anche a critiche di tipo scientifico,sollevate,in particolare,dall’astronomo danese TYGE BRAHE (latinizzato TYCHO BRAHE). Attraverso un accuratissimo lavoro di osservazione questi mette in evidenza alcuni limiti dell’impianto aristotelico-tolemaico,ancora presenti nel sistema copernicano. Osservò la cometa del 1577 e ne studiò l’orbita formulando l’ipotesi che il movimento di un corpo celeste potesse essere non esattamente circolare;avanzò una teoria geostatica dell’universo,il sistema ticonico,in contrapposizione al sistema copernicano. Secondo tale teoria,intorno alla Terra,fissa al centro dell’universo,ruotano la Luna e il Sole, e attorno a quest’ultimo i cinque pianeti allora conosciuti.

    50. KEPLERO E NEWTON JOHANNES KEPLER non accoglie il modello di Brahe. Tuttavia,pur accettando il sistema eliocentrico,è consapevole delle difficoltà e dei limiti riscontrabili nel modello copernicano. Da qui nasce l’esigenza di formulare leggi rigorose capaci di dare ragione del funzionamento del cosmo e di evidenziarne la struttura essenzialmente matematica. Egli giunge così alla elaborazione di tre leggi fondamentali: -Legge delle orbite:i pianeti descrivono orbite ellittiche,quasi complanari,aventi tutte un fuoco comune in cui si trova il Sole; -Legge della velocità:il raggio che unisce il centro del Sole al centro di un pianeta(raggio vettore) descrive superfici con aree ugual in intervalli di tempo uguali. Le aree sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle,per cui un pianeta si muove più velocemente quando è più vicino al Sole(al Perielio) e più lentamente quando è più lontano (all’Afelio). Legge dei tempi:i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrerle loro orbite(periodi di rivoluzione)sono proporzionali ai cubi delle loro distanze medie dal Sole. Fu Isaac Newton a intuire l’esistenza di una forza di attrazione tra i corpi e a descriverne gli effetti attraverso la Legge della Gravitazione Universale,in base alla quale “due corpi si attirano in modo direttamente proporzionale alla loro massa e in ragione inversa al quadrato della loro distanza”.

    51. Dall’Art Nouveau alla Scuola di Parigi L’arte e la letteratura sono i mezzi più efficaci per rappresentare ciò che desideriamo,per dar sfogo alla nostra fantasia,al nostro “io” più profondo,come gli artsti del XX secolo,i quali abbandonano sempre di più l’influenza dell’ecclettismo e dell’accademismo dei secoli precedenti per adottare uno stile puramente personale. L’arte di questo periodo è pura rappresentazione della soggettività degli artisti,che vivono un periodo di distruzione e guerre. Con il termine ART NOUVEAU viene di solito indicato il movimento artistico che tra il 1890 e la Prima Guerra Mondiale caratterizza l’architettura e le arti decorative con valenze specifiche da nazione a nazione. Esso,infatti,assume la denominazione si Stile floreale o Liberty in Italia,Modern Style in Gran Bretagna,Modernismo in Spagna,Stile Secessione in Austria. Nato in polemica reazione all’accademismo e all’ecclettismo ottocenteschi,il movimento respinge ogni ricorso agli stili del passato per ispirarsi direttamente alla natura:da ciò derivano l’accentuato linearismo,il carattere metamorfico,l’eleganza decorativa. Più che nella pittura,è nel campo dell’architettura,della decorazione di interni e delle arti applicate che l’Art Nouveau ottiene i risultati più innovativi. Gli architetti studiano attentamente le possibilità tecniche ed espressive offerte dai nuovi materiali (ferro,vetro,cemento) tipici della produzione industriale. Essi si prefiggono l’obiettivo di dare nuova qualità e dignità agli oggetti d’uso, riallacciandosi in questo al movimento inglese delle “Art and Crafts”. L’Art Nouveau diventa,in breve,il gusto di un’epoca,La Belle Epoque,che incarna nel modo più vero e profondo lo spirito e le contraddizioni di una società che sta precipitando.

    52. Nel 1905,a Parigi,un gruppo di dipinti dai colori violenti scandalizzò il giornalista Louis Vauxcelles che,di fronte ad una scultura tradizionalista,esclamò “Donatello chez les fauves!”. FAUVES,dunque,”belve”,vennero chiamati quegli artisti per la forza della loro carica espressiva. Considerano la pittura come espressione esclusiva dell’”io”:l’artista vede la realtà in un certo modo e così la rende,soggettivamente,proiettando in essa il proprio sentimento interiore,senza obbedire a regole esteriori. Fondamentale dell’espressione pura è il colore,considerato creatore della forma e suscitatore di reazioni emotive determinate dal suo potere suggestivo. Il CUBISMO è uno dei movimenti artistici fondamentali,destinato a rivoluzionare totalmente tutta la concezione pittorica successiva. Nel 1908,Matisse giudicò negativamente alcune opere di Braque,definendole composte da “piccoli cubi”e l’anno successivo,Louis Vauxcelles parlò di “bizzarrie cubiste”. Il Cubismo fu il primo dei grandi movimenti d’avanguardia nel campo dell’arte del XXsecolo. Il punto di partenza era quello di opporsi alla meccanica riproduzione del reale e alla presunta superficialità di osservazione dell’Impressionismo,per rendere il proprio modo di interpretare il mondo esterno. Per i Fauves,era necessario esprimere,attraverso la violenza del colore,l’immediatezza transitoria del proprio sentimento di fronte al reale;per il Cubismo è essenziale rendere il significato del reale,filtrato attraverso il proprio “io”. Per il Cubismo,la realtà deve essere scomposta nelle sue innumerevoli facce e ricomposta. Solo nell’apparente bidimensionalità potremo apprezzarla globalmente,vedendola contemporaneamente da ogni latopossibile.

    53. Il termine ESPRESSIONISMO fu usato la prima volta in Germania nel 1911,sulla rivista “Sturm”. Gli artisti di questo periodo sostengono l’assoluta priorità dell’espressione del sentimento individuale sull’imitazione della natura. L’Espressionismo recupera le tendenze spiritualistiche e primitivistiche espresse nell’ultimo Ottocento,specialmente dalla pittura di Van Gogh,Gaugin,Toulouse-Lautrec;all’esperienza puramente visiva e sensoria della realtà,il movimento contrappone quello di una realtà spirituale che si proietta sull’immagine pittorica piegandola,e talora deformandola,alla propria soggettività,alla propria “espressione”. Tecnicamente,la pittura espressionista si basa sulla semplificazione e sull’appiattimento intenzionalmente elementari delle forme,in nome di un violento e talora esasperato cromatismo che diventa così il nucleo espressivo dell’immagine. L’ASTRATTISMO è andato sempre più negando all’arte il compito di descrivere la realtà esterna,per attribuirle quello di esprimere il sentimento interiore dell’artista. Bisogna non limitarsi a proiettare la nostra vita interiore negli oggetti reali dipinti,ma abolire completamente questi ultimi,visualizzando con forme,linee e colori il complesso oscuro dei sentimenti che si agitano dentro ciascuno di noi:il pittore deve svincolarsi dalla riproduzione di una tematica oggettiva esteriore per comunicare unicamente il proprio “io”. Si usa indicare quale prima realizzazione di tale tendenza un acquerello (Composizione N.1) del pittore russo VASILIJ KANDINSKIJ,dipinto nel 1910. Amico del musicista Schönberg,Kandinskij,cultore appassionato di musica,cercò una sorta di equivalente pittorico del linguaggio musicale. Infatti,l’Astrattismo fa un discorso analogo a quello della musica,basandosi su relazioni reciproche di colori,luci,linee,spazi e volumi.

    54. La data di nascita del FUTURISMO è segnata dal Manifeste du Futurisme,pubblicato da F.T.MARINETTI sul Figaro il 20 Febbraio 1909. I temi fondamentali del movimento erano individuati da Martinetti nell’amore per il pericolo,nell’abitudine all’energia,nel culto per il coraggio e l’audacia,nell’ammirazione per la velocità,nella lotta contro il passato (“noi vogliamo distruggere i musei,le biblioteche,le accademie di ogni specie”),nell’esaltazione del movimento aggressivo (“l’insonnia febbrile,il passo di corsa,il salto mortale,lo schiaffo e il pugno”) e della guerra,”sola igiene del mondo”. Proprio per questo ultimo tema,il Futurismo fu l’unico movimento d’avanguardia a schierarsi con la Destra italiana,nazionalista e interventista,confluendo poi nel Fascismo. Il termine METAFISICA fu usato per la prima volta da Andronico di Rodi per indicare i libri di Aristotele nei quali parlava delle “prime cause “della realtà.Oggi lo si usa per esprimere l’essenza intima della realtà al di là dell’esperienza sensibile.Per GIORGIO DE CHIRICO “metafisico” è un oggetto qualsiasi isolato dal contesto in cui vive e inserito in un altro. Questo suscita in noi inquietudine ed angoscia:quasi un senso di paura perché insolito ed inaspettato.De Chirico è nato in Grecia e viene a contatto con le rovine dell’età classica che suggeriscono un qualcosa di metafisico:perfette nella misura,illogiche perché non collegate all’ambiente nel quale erano state create.

    55. Dadaismo e surrealismo hanno in comune il tema della libertà in contrapposizione ad ogni limite esterno,però mentre il dadaismo si pone in atteggiamento negativo,il surrealismo cerca di attuare una ricostruzione. Questo è il periodo della Prima Guerra Mondiale,quando i valori umani apparivano travolti dalla distruzione del conflitto.Questo creò un rifiuto verso tutto ciò per cui si combatte,patria,onore,tradizione,cioè verso tutte le forme costitutive della realtà.DADA è una rivolta totale contro ogni aspetto della civiltà. Il movimento dadaista ha i suoi focolai a Zurigo e New York. I dadaisti fondano un nuovo modo di fare arte, basato sul dubbio e sulla rottura con il passato, l’opera d’arte non è mai bella in se stessa, non è una cosa oggettiva. Nel 1924,lo scrittore francese ANDRE’ BRETON pubblicò il MANIFESTO DEL SURREALISMO.Il movimento si presenta come il tentativo di esprimere il proprio “io” interiore in piena libertà,senza l’intervento di meccanismi razionali,che ci condizionano dalla nascita e ci portano a reprimere i nostri istinti. Per arrivare a questa libertà dobbiamo lasciarci condurre dall’inconscio,come durante i sogni,dove le immagini si susseguono nella nostra mente senza un filo logico determinato. Il surrealismo può essere anche paragonato al Romanticismo per l’esaltazione dell’immaginazione e del folle che si lascia condurre solo dalla fantasia.Solo che il Surrealismo non si limita alla sola descrizione del sogno ma vuole scoprire con quale meccanismo opera l’inconscio. I primi anni del XX secolo sono contraddistinti dall’attiva presenza delle AVANGUARDIE STORICHE,movimenti che si intersecano e si combattono.Il luogo dove si incontrano è Parigi:questa città permette loro di sviluppare liberamente le loro personalità e di scambiare idee. Questi artisti vengono identificati generalmente con la definizione di SCUOLA DI PARIGI,che non corrisponde alle profonde differenze che intercorrono tra loro.

    56. HERMAN HESSE Hermann Karl Hesse war ein deutsch-schweizerischer Dichter, Schriftsteller und Maler. Er wurde am 2. Juli 1877 in Calw, im Nordschwarzwald, geboren. Er stammte aus einer christlichen Missionarsfamilie. Hesse war ein sehr fantasievolles Kind, voller unterschiedlichster Gefühle und mit einem ausdrucksstarken Temperament. 1881 zog die Familie für fünf Jahre nach Basel, wo Hesse Schüler in der Internatsschule der Mission war. Die Familie zog dann aber im Juli 1886 wieder nach Cawl zurück, wo Hesse zunächst in die zweite Klasse der Cawler Lateinschule eintrat. Nach dem erfolgreichen Besuch der Lateinschule in Göppingen kam Hesse 1891 in das evangelisch-theologische Seminar in Maulbronn. Hier zeigte sich sein rebellischer Charakter im März 1892:Hesse flüchtete aus dem Seminar und wurde erst einen Tag später auf freiem Feld aufgegriffen. Hermann Hesse befand sich in einer depressiven Phase seiner Bipolaren Störung und äußerte in einem Brief vom 20. März 1892 Suizidgedanken („Ich möchte hingehen wie das Abendrot“). Ab Ende 1892 besuchte er das Gymnasium in Cannstatt. 1893 bestand er zwar dort das Einjährigen-Examen, brach aber dennoch die Schule ab. 1901 konnte der Autor sich einen großen Traum erfüllen und erstmals nach Italien reisen und dort Florenz, Ravenna und Venedig besuchen. Mit dem ersten Weltkrieg fiel er in eine tiefe,persönliche und künstlerische Krise. Er starb 1962 in Montagnola, in der Schweiz.

    57. Narziss und Goldmund „Narziss und Goldmund“ ist eine Erzählung und erschien 1930. Die Geschichte, die im Mittelalter spielt, handelt von der Freundschaft der zwei Hauptfiguren, Narziss, dem frommen Lehrgehilfen einer Klosterschule, und Goldmund, einem Schüler. Goldmund ist ohne Mutter und Geschwister aufgewachsen und wird von seinem Vater zum Studium ins Kloster gebracht. Im Kloster verbindet Goldmund schon bald eine tiefe Freundschaft mit Narziss, dessen durchblickenden Scharfsinn er besonders bewundert. Goldmund wird von der Erinnerung seiner Mutter gequält. Das Bild seiner Mutter, zwischen Leidenschaft und Sesshaftigkeit, treibt ihn dazu an, andere Lebensformen zu entdecken. Er beginnt eine unbewusste Bildungsreise zur unbekannten Welt des Lebens und der Kunst. Daraufhin geht Goldmund seit langer Zeit einmal wieder in die Kirche, um dort zu beichten. In dieser Kirche steht Goldmund vor einer Marienstatue, die ihn an seine Mutter erinnert und so vollkommen ist, dass er so von ihr fasziniert, den Meister dieser Figur aufsucht, um bei diesem das Kunsthandwerk zu erlernen. Er folgt seiner Berufung zur Kunst. Aber dieses Bild der Mutter treibt ihn an, die Bischofsstadt zu verlassen, um neue Lebenserfahrungen zu sammeln. Nach vielen Abenteuern wird Goldmund zum Tode verurteilt und möchte seine Sünden bekennen. Er entdeckt, dass Narziss der Abt ist. Narziss rettet Goldmund vor seiner Verurteilung. Daraufhin reist Goldmund wieder durch die Welt, bis er eines Tages krank und alt zurückkehrt und stirbt. In Narziss Herz brennen seine letzen Worte wie Feuer: "Ohne Mutter kann man nicht sterben“. Interpretation: Bereits der Titel des Buches lässt annehmen, dass es sich bei den Hauptpersonen in Hesses Roman „Narziss und Goldmund“ um zwei gegensätzliche Charaktere handelt. Beide sind, jeder auf seine Art, besondere Menschen auf der Suche nach der Vollkommenheit. Der Gegensatz zwischen Natur, Sinnlichkeit und Geist auf der Suche nach der Wahrheit. Narziss verkörpert den Geist, Goldmund verkörpert die Natur( die Sinne ) und sie fühlen sich in ihrer Suche unbefriedigt, weil sie nur den Geist oder die Sinne benutzen. Am Ende finden sie Frieden, weil sie gemäß ihrer Natur leben.

    58. LENTAMENTE MUORE… Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni   giorno gli stessi percorsi,   chi non cambia la marcia,   chi non rischia e cambia colore dei vestiti,   chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione,   chi preferisce il nero su bianco   e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,   proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che   fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore   davanti all'errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,   chi e' infelice sul lavoro,   chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,   chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai   consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia,   chi non legge,   chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia   aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o   della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,   chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non   risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere   vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto   di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una   splendida felicita'.

    59. Bibliografia Only connect,Marina Spiazzi e Marina Tavella,Zanichelli Mrs Dalloway,Virginia Woolf Beaubourg,Bestini,Accorsero,Dongiovanni,Giachino,Einaudi Scuola Dell’arte e degli artisti,Adorno,Mastrangelo,Cas editrice D’Anna Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione,Mursia A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza, Roma-Bari, vol. II, 1991 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, in Id., Opere complete, trad. it. di S. Giametta, vol. VIII, tomo II, Adelphi, Milano 1971 F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Id., Opere scelte, a cura di L.Scalero, Longanesi, Milano, 1964 (2a ed.) F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere scelte a cura di L. Scalero, Longanesi, Milano, 1964 F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Id., Opere scelte, a cura di L.Scalero, Longanesi, Milano, 1964 (2a ed.) Senilità,Italo Svevo,1898 La coscienza di Zeno,Italo Svevo,1923 http://www.studenti.it

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