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La traiettoria di Karl Polanyi

La traiettoria di Karl Polanyi. Michele Cangiani cangiani@unive.it Urbino, 13 febbraio 2014. Oggi. Concentrazione del potere delle grandi imprese e loro influenza politica; mercificazione del lavoro; “ post-democrazia ” , “non-death of neoliberalism”, capitalism and society (C. Crouch);

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La traiettoria di Karl Polanyi

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  1. La traiettoria di Karl Polanyi Michele Cangiani cangiani@unive.it Urbino, 13 febbraio 2014

  2. Oggi • Concentrazione del potere delle grandi imprese e loro influenza politica; • mercificazione del lavoro; • “post-democrazia”, “non-death of neoliberalism”, capitalism and society (C. Crouch); • inefficienza del sistema economico in conseguenza della sua “chiusura” e “autoreferenzialità” (povertà, disuguaglianza, spreco, “costi sociali”). • Karl Polanyi: “riconsiderare completamente” l’economia “per accrescere la nostra libertà di adattamento creativo” e quindi “le nostre possibilità di sopravvivenza” (SU, 7).

  3. Il “diverso esilio” (1) Karl Polanyi, 1886-1964 La formazione centro-europea: • Budapest fino al 1919. Modernizzazione e socialismo (O. Jászi, Mannheim, Popper, Lukács). • Vienna“rossa”. E. Mach e Austro-marxismo. Guild Socialism (G.D.H. Cole). Evoluzione del pensiero politico. Il lavoro di giornalista.

  4. Il “diverso esilio” (2) • Inghilterra: le trasformazioni del presente e la storia del capitalismo. Insegnamento agli adulti (WEA, Tawney). Marxismo e Cristianesimo. • Nordamerica: analisi comparata dei sistemi economici e critica della scienza economica (concetto di economia, “posto” dell’economia). Istituzionalismo.

  5. Quale istituzionalismo? (1) • Una teoria del capitalismo come sistema storico, della sua dinamica e delle sue “trasformazioni” istituzionali. • Analisi comparata dei sistemi economici. • Definizione “sostanziale” dell’economia e sua natura istituzionale: “interscambio tra il soggetto e il suo ambiente naturale e sociale” finalizzato all’acquisizione dei mezzi materiali per soddisfare bisogni (TM: 297). (Marx, LF, Einaudi, p. 10: “ogni produzione è appropriazione della natura da parte dell’individuo all’interno e a mezzo di una determinata forma sociale”.)

  6. Quale istituzionalismo? (2) • Approccio “olistico”. • L’economia come sistema “aperto”. • La questione della sua efficacia sociale. • Le teorie economiche in rapporto con i problemi sociali e lo sviluppo storico. Esse sono inevitabilmente normative. • L’economia istituzionalista costituisce un’alternativa teorica all’economia neoclassica convenzionale, e una critica di essa.

  7. Quale istituzionalismo? (3) • Istituzionalismo mainstream, generale, radicale e applicato (Allan G. Gruchy, “The Current State of Institutional Economics”, Am. Jour. of Economics and Sociology, 1982, 3). • Polanyi: fra mainstream e radical.: – una teoria del capitalismo come sistema storico, della sua dinamica e delle sue trasformazioni istituzionali. – La definizione “substantive” e la natura istituzionale dell’economia.

  8. Società di mercato – capitalismo (1) • Veblen (1901): le attività divengono tipicamente “pecuniarie”, orientate al profitto mediante transazioni di mercato e organizzate come business. Queste istituzioni (“habits of thought”) sono il “controlling factor” del moderno processo economico. • Weber (ES, 1922, p. I, cap. 2): i “principi organizzativi” del capitalismo moderno sono il “calcolo del capitale” in una “situazione di mercato”. Razionalità economica “formale”. Tipici motivi, la fame e il guadagno. Il contesto “sociologico”. • Polanyi (SU: 32): esseri umani e terra liberamente comprati e venduti, e combinati “in unità industriali dirette da privati impegnati soprattutto a comprare e a vendere allo scopo di realizzare un profitto”. “Un’intera società incorporata nel meccanismo della sua stessa economia: una società di mercato”.

  9. Società di mercato – capitalismo (2) • Marx (C, I, 1964, p. 112, nota 32): il “modo borghese di produzione” è “caratterizzato storicamente” come “un tipo particolare di produzione sociale”. (Critica dell’ec. pol.: una specifica “forma” sociale). (LF: 451): “la separazione del lavoro libero dalle condizioni oggettive della sua realizzazione” come presupposto. (LF: 452): “il porre l’individuo come lavoratore in forma così nuda” è “un prodotto storico”. • Polanyi(GT: 210): il lavoro – merce “fittizia” – viene separato “dalle altre attività della vita”; scompaiono le precedenti “forme organiche di esistenza”; l’istituzione del mercato del lavoro implica “la distruzione di strutture sociali per estrarne l’elemento lavoro” e “la sanzione della fame”. Cesura (“violent break”) con il passato.

  10. Embedded/disembedded • Si forma “una ‘sfera economica’ nettamente distinta dalle altre istituzioni sociali”. Emerge “una società ‘economica’” come mai ce n’erano state: l’economia, “integrata” (istituita, organizzata) dal “meccanismo del mercato”, tende a divenire autonoma e quindi “determinante per la vita del corpo sociale”. “L’economia dell’uomo, di regola, è immersa nei suoi rapporti sociali”; “una società che è, invece, immersa nel sistema economico” costituisce uno sviluppo assolutamente nuovo. (P., “La nostra obsoleta…”, 62-64). • La specificità della società di mercato. Una società “economica” perché le sue istituzioni essenziali sono il capitale e il mercato. (Marx [Il Cap., I, 203]: la forma di merce del lavoro determina “un’epoca del processo sociale di produzione”).

  11. Embedded/disembedded • Dalle società in cui l’economia era “embedded”, “submerged” nei rapporti sociali (non ‘economici’) alla società embedded nei rapporti economici (v. p. 69). • Il mercato fornisce un reddito e orienta la produzione. • Nel “secondo quarto del XIX secolo”… (cfr. Weber: quando il capitalismo “fa epoca”). • Studio delle società primitive e antiche. Trade and Market… (Sahlins; Godelier e la riformulazione del materialismo storico). • Le riforme degli anni 1830 e ‘40 e “i tre dogmi del liberalismo economico”: mercato del lavoro, gold standard e libero scambio. 11

  12. Due concetti di economia • Formale: i motivi e la forma dell’agire economico possono essere definiti in generale e analizzati come tali in qualsiasi società. • Sociale o istituzionale: l’economia è sempre istituita, organizzata socialmente in modo specifico. Ha una forma sociale (storica, specifica) e un rapporto corrispondente con le risorse naturali. Polanyi: la “fallacia economicistica”; la definizione “sostanziale”, la critica della “scarsità”, la “triade catallattica” (moneta, commercio, mercato).

  13. Istituzioni: realtà e ideologia Capitalismo e mercato sono le istituzioni fondamentali, dalle quali – derivano più o meno direttamente le altre: divisione di classe, politica, conoscenza, famiglia, gusto estetico… – sono determinati i “motivi” dell’agire individuale e la concezione stessa della natura umana. Solo i “motivi materiali” (distinti da quelli “ideali”) e la componente “razionale” dell’uomo appaiono attinenti alla produzione. Questo “determinismo economico” viene considerato “una legge generale valida per tutte le società”. 13

  14. L’efficacia sociale • Veblen (1901): dato il dominio dell’attività “pecuniaria” finalizzata al profitto mediante il mercato, l’utilità sociale (“serviceability for society at large”) riceve un’attenzione subordinata e strumentale. • Weber (1922): la scelta dei bisogni da soddisfare dipende dal potere d’acquisto e dalla misura del profitto. I produttori possono “orientare” e “suscitare” i bisogni. La “razionalità formale” dell’economia tende a invadere il campo di quella “materiale”. • Polanyi(1922): l’organizzazione capitalista non s’indirizza di per sé alla “utilità sociale”; manca di un “organo di senso” per “la valutazione sociale” dei fini e per “gli effetti retroattivi del processo di produzione” sull’ambiente (naturale, umano, sociale).

  15. “La civiltà del XIX secolo”(La grande trasformaz.) I suoi quattro pilastri istituzionali: – l’equilibrio tra le grandi potenze; – la base aurea internazionale; – il mercato autoregolantesi; – lo stato liberale. Il “collasso” di tali istituzioni comporta la crisi definitiva del capitalismo liberale e la necessità di una trasformazione istituzionale. Il fallimento dell’alternativa socialista (articoli di P. fino al 1926). La continuità della filosofia politica di P., il realismo delle sue analisi.

  16. Trasformazioni del capitalismo (1) Due livelli di astrazione nella Grande trasformazione: • La società di mercato (il capitalismo) in generale (livello “etnologico”). A questo livello appartiene la critica delle teorie economiche e del concetto di economia. • Il “sistema istituzionale della società del XIX° secolo” (la “società liberale” o “vittoriana”, “di mercato” in senso stretto), la sua inevitabile e irreversibile crisi, e le successive trasformazioni (livello dello sviluppo storico). Con la trasformazione, l’economia non cessa di essere “disembedded”. “Il capitalismo […] esce indenne” dalla crisi della società liberale, assumendo “forme non liberali, cioè corporative” (Polanyi 1935: 96).

  17. Il “doppio movimento” • Il tentativo di stabilire e di far funzionare il meccanismo di mercato è sempre stato limitato dalla “difesa della società”, attuata da istituzioni pubbliche o dall’iniziativa privata. • Lo sviluppo stesso del sistema comporta una crescente complessità istituzionale; in particolare, comporta la crisi definitiva delle istituzioni del capitalismo liberale. • Rapporti economici diversi da quelli “di mercato” persistono o vengono creati, ai margini del sistema.

  18. La grande crisi Mai superata la crisi del dopoguerra. Un deficit accumulatosi per anni. Le pretese di rentiers, operai, contadini. Vincitori e vinti. Debiti e riparazioni di guerra. Finanziamento del consumo: a) trasferimento del reddito interno a favore dei privilegiati (svalutazione del denaro, dazi); b) consumo del capitale (in parte venduto all’estero); c) nuovo indebitamento. Il ritorno all’oro esclude l’inflazione. Politica USA di protezionismo, “credito facile” e inflazione. Livello di vita troppo alto mantenuto con il credito. Dal sovraindebitamento alla crisi. (Conosce Keynes e Marx, ma ne usa poco la teoria).

  19. Trasformazioni (2) Le “forme non liberali”: – il corporativismo fascista; – Le riforme corporative democratiche nel Regno Unito e egli Stati Uniti d’A. negli anni Trenta; – Le democrazie neocorporative nel secondo dopoguerra; – Il neoliberalismo nell’ultimo quarto del XX° secolo e oltre; – L’evoluzione verso “a Mafia capitalism – and a Mafia political system” (J. Stiglitz, Prefazione a P., GT, 2001: XV).

  20. L’impasse sociale Di là dalla crisi economica, la crisi di un sistema: il capitalismo liberale e, ancora al di là, il capitalismo. Il conflitto fra le classi, ‘barricate’ rispettivamente nella sfera economica e in quella politica. La crisi della democrazia. Democrazia e capitalismo. È possibile un’alternativa democratica (nei mezzi oltre che dei fini?). “Governo popolare”. Bauer. Laski. Importanza della lotta delle classi: ma il successo di una lotta dipende dall’aderenza ai problemi reali e profondi della società e da un vasto consenso (GT cap. 13). L’impasse: occorre trasformare le istituzioni, ma proprio per questo la classe dominante tiene al potere.

  21. Trasformazioni (3) • “Presso i liberali, l’idea della libertà degenera nella mera difesa della libera impresa – ridotta oggi a una finzione dalla dura realtà dei trusts giganti e del dominio dei monopoli” (P., GT, 1945: 257). • La tendenza versounasocietà “più intimamente adattata al sistema economico”, più embedded nella sua economia disembedded; questa tendenza è sostenuta da coloro che desiderano mantenere il sistema economico “intatto” nei suoi caratteri essenziali, che “credono nelle élites e nelle aristocrazie, nel managerialismo e nella grande impresa”. Un “Brave New World, ove l’individuo è condizionato a sostenere un ordine che è stato divisato per lui” da un’aristocrazia. (Pol. 1947, “La nostra obsoleta…”: 74-75).

  22. La tendenza alternativa Una società autenticamente democratica, in cui la produzione verrebbe organizzata e svolta “per mezzo dell’intervento programmato degli stessi produttori e consumatori”. In tale agire “consapevole e responsabile” può realizzarsi “la libertà in una società complessa”. (Il processo di produzione “come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano”: Marx, Il capitale, cap. I, p. 111). 22

  23. La realtà della società • Unità di moventi, pienezza della vita, reinserimento dell’economia nella società, adattamento creativo. • Ricerca di nuove vie, sulla base del rifiuto dell’utopia liberale, del superamento del liberalismo classico. [V. GT e artt. precedenti]. • La società complessa non può fare a meno di “un potere centrale organizzato”. • La libertà promessa dalla “filosofia liberale” è “immaginaria”, poiché “il potere e il valore economico sono un paradigma della realtà sociale”.

  24. Conclusione metodologica 1 . Sia l’analisi storica delle trasformazioni della società di mercato sia l’analisi socio-economica del funzionamento complesso della società attuale presuppongono la definizione del “sistema di mercato” in generale, a livello ‘etnologico’. 2 . Conviene dunque distinguere diversi oggetti di analisi e impiegare concetti congrui con ognuno, corrispondenti a diversi livelli di astrazione-generalità. 3 . Riguardo alla nostra società, avremo: – definizione generale, mediante comparazione con altre società (qui è pertinente la distinzione embedded/disembedded); – le trasformazioni da un “sistema istituzionale” all’altro; – la “protezione” della società, il “contromovimento”, la complessità istituzionale e personale, l’intervento politico, le attività economiche concepite e realizzate in alternativa al mercato ecc. 24

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