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Economia delle Aziende, Pubbliche e Non Profit Le aziende non profit: introduzione e definizione

Economia delle Aziende, Pubbliche e Non Profit Le aziende non profit: introduzione e definizione. Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di Giurisprudenza. dott. Fabio Monteduro. Le definizioni delle aziende non profit (1 di 2).

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Economia delle Aziende, Pubbliche e Non Profit Le aziende non profit: introduzione e definizione

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  1. Economia delle Aziende, Pubbliche e Non ProfitLe aziende non profit: introduzione e definizione Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di Giurisprudenza dott. Fabio Monteduro

  2. Le definizioni delle aziende non profit (1 di 2) • Esistono diversi approcci definitori alle realtà non profit: • Approccio giuridico (sono non profit tutte quelle realtà a cui la legislazione attribuisce l’assenza di scopo di lucro) • Approccio statistico (sono non profit tutte quelle realtà che posseggono alcuni requisiti oggettivi) • Approccio economico-aziendale (sono non profit quelle realtà che presentano forme di attenuazione della concorrenza nei mercati di acquisizione dei fattori produttivi e/o di collocazione dei prodotti) dott. Fabio Monteduro

  3. Le definizioni delle aziende non profit (2 di 2) • Le definizioni/classificazioni sono sempre relative perché dipendono da chi propone una definizione e dalle finalità che esso si pone (differenze tra discipline) • Non esiste una definizione piùvera di un’altra ma solo definizioni più adatte a determinati scopi • Ad esempio utilizzando l’approccio giuridico individua con precisione una serie di fattispecie a cui è possibile applicare norme specifiche (agevolazioni fiscali, ecc.) ma non aiuta a fare comparazioni internazionali (ogni stato ha il suo sistema giuridico) né a capire il funzionamento economico dott. Fabio Monteduro

  4. L’approccio giuridico • Associazioni • Fondazioni • Comitati codice civile • Società di mutuo soccorso (L. 3818/1886) • IPAB (L. 6972/1890, L. 328/2000) • Organizzazioni di volontariato (L. 266/1991) • Cooperative sociali (L. 381/1991) • ONG (L.47/1987) • Associazioni di promozione sociale (L. 383/2000) • Imprese sociali (D.Lgs 155/2006) • Fondazioni di diritto speciale (familiari, bancarie, scolastiche, di culto, liriche, militari) legislazione speciale NON PROFIT • Onlus (D.Lgs 460/1997) legislazione fiscale dott. Fabio Monteduro

  5. L’approccio statistico • Definizione basata sulle fonti di entrata (organ. privata+ non distribuzioni utili+ vendita di beni e servizi a prezzi inferiori al 50% dei costi di produzione) • Definizione strutturale-operativa (formalità + stato giuridico privato + autogoverno+ divieto di distribuzione del profitto+ presenza di una certa quantità di lavoro volontario + non predominanza del fine politico o di culto) • Definizione strutturale-funzionale (ai requisiti della definizione strutturale operativa aggiungono quello dell’utilità sociale) dott. Fabio Monteduro

  6. L’approccio economico aziendale (1 di 5) Le aziende non profit sono quelle che operano sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta in un ambiente di competizione limitata o assente. In molti casi acquisiscono alcuni fattori produttivi gratuitamente o a valori non di mercato (es. donazioni, volontariato, ecc.) e cedono beni e servizi sempre gratuitamente o a valori non di mercato (servizi sociali, sanitari, ecc.). dott. Fabio Monteduro

  7. L’approccio economico aziendale (2 di 5) Cittadini Clienti beneficiari Lavoro Materiali Finanziamenti RISORSE (input) PRODOTTI E SERVIZI output Processo Relazioni di mercato /non di mercato Relazioni di mercato /non di mercato dott. Fabio Monteduro

  8. L’approccio economico aziendale (3 di 5) imprese Clienti Lavoro Materiali Mezzi finanziari RISORSE (input) PRODOTTI E SERVIZI output Processo Mercati concorrenziali Mercati concorrenziali dott. Fabio Monteduro

  9. L’approccio economico aziendale (4 di 5) Aziende pubbliche Livello di concorrenza cittadini Lavoro Materiali Mezzi finanziari 100% RISORSE (input) PRODOTTI E SERVIZI output Processo 100% 10% tasse Mercati non concorrenziali dott. Fabio Monteduro

  10. L’approccio economico aziendale (5 di 5) Livello di concorrenza Aziende non profit volontariato cittadini Lavoro Materiali Mezzi finanziari 30% RISORSE (input) PRODOTTI E SERVIZI output Processo 50% 10% donazioni Mercati non concorrenziali dott. Fabio Monteduro

  11. Dal welfare state alla welfare society Stato (min. Tesoro) Produzione Servizi pubblici Imposte contributi Sussidi defiscalizzazione Donazioni volontariato organizzazioni non profit produzione, riallocazione advocacy dott. Fabio Monteduro

  12. Perché esiste il non profit? Ci sono varie teorie: • fallimenti dello Stato (Weisbrod)  Stato no capace produrre beni pubblici efficienza e qualità • fallimenti del contratto (Hansmann)asimmetrie informative, fiducia • altre teorie • Imprese sociali come "strutture di incentivi” (Borzaga)  differenzia tra diverse tipologie organizzative di imprese non profit a seconda di chi sia il titolare del diritto di controllo (donatori, lavoratori o volontari, consumatori) e mette in evidenza che a ognuna di queste formule organizzative corrisponde una struttura di incentivi volta a ridurre eventuali comportamenti opportunistici • Principio di reciprocità (Zamagni)  una persona si impegna in azioni di volontariato perché si aspetta che l’altro farà lo stesso dott. Fabio Monteduro

  13. Il volontariato organizzato • Le caratteristiche del volontariato organizzato in Italia si desumono dalla Legge n. 266 del 11 agosto 1991: per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà(art. 2) • La legge istitutiva individua tre elementi centrali: • Gratuità: in nessun modo il volontario può essere retribuito. Vi può essere personale non volontario retribuito qualora necessario, ma in misura non prevalente. • Solidarietà: in realtà sono previsti una molteplicità di settori di intervento che copre ogni iniziativa privata e fini non di lucro. • Organizzazione: la legge fa riferimento a strutture stabili ed organizzate, privilegiando l’azione organizzata a quella individuale e sporadica • Se iscritte in un apposito registro regionale le OdV possono beneficiare di agevolazioni dott. Fabio Monteduro segue ….

  14. … continua • Nel 2003 l’ISTAT ha censito 21.021 organizzazioni di volontariato (+ 15% rispetto al 2001; + 152% rispetto al 1995). • Ulteriori caratteristiche che emergono dai dati sono (ISTAT 2003): • il forte radicamento delle organizzazioni di volontariato nelle regioni settentrionali, anche se negli anni aumentano in misura relativamente più accentuata le unità presenti nel Mezzogiorno; • la prevalenza relativa di piccole dimensioni organizzative, sia in termini di volontari attivi che di risorse economiche disponibili; • nelle organizzazioni di volontariato sono impiegati circa 12.000 dipendenti e 826.000 volontari. La maggiore presenza, tra i volontari, è uomini in età compresa tra i 30 e i 54 anni, diplomati e occupati; • la concentrazione relativa di unità nei settori della sanità (28%) e dell’assistenza sociale (27,8%), • I principali servizi sono: • ascolto, sostegno e assistenza morale (offerto dal 19,9% delle organizzazioni) • donazione di sangue (17,4%). • servizi ricreativi e di intrattenimento (14,5%), • accompagnamento e inserimento sociale (13,0%), • … • campagne di informazione e sensibilizzazione (11,8%), • assistenza domiciliare (11,8%), • trasporto anziani e disabili (11,4%), • prestazioni di soccorso e trasporto malati (10,7%) dott. Fabio Monteduro

  15. dott. Fabio Monteduro

  16. La cooperazione sociale • Le caratteristiche della cooperazione sociale si desumono dalla Legge n. 381/1991: Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. • Nella Cooperativa Sociale si “conciliano” una serie di fattori: • la mutualità, • l’imprenditorialità, • l’economicità, • la solidarietà e • la partecipazione attiva dell’utente nella determinazione del servizio • Beneficiano di agevolazioni (convezionamento con enti pubblici, regime tributario e contributivo, ecc.) dott. Fabio Monteduro segue ….

  17. … continua • Nel 2003 l’ISTAT ha censito 6.159 cooperative sociali (+ 11,7% rispetto al 2001) • Ulteriori caratteristiche che emergono dai dati sono (ISTAT 2003): • prevalenza delle cooperative sociali di tipo A: 60,2% dei casi (3.707 unità) rispetto al 32,1% di cooperative di tipo B (1.979 unità), al 4% di cooperative ad oggetto misto (249) e al 3,6% di consorzi (224). • si tratta di aziende labour intensive e più professionalizzate nel senso che rispetto alle organizzazioni di volontariato, sono meno caratterizzate dal lavoro volontario: Nelle cooperative sociali sono impiegati circa 190.000 lavoratori retribuiti e 32.000 non retribuiti. Il 70% circa delle risorse umane è costituito da donne. • hanno natura imprenditoriale: dal punto di vista economico, le cooperative sociali registrano nel complesso circa 4,5 miliardi di euro di entrate (+ 13% rispetto al 2001; valore medio della produzione di 770.000 euro per le cooperative di tipo A; di 473.000 euro per cooperative di tipo B). • hanno una più equilibrata distribuzione sul territorio nazionale rispetto alle organizzazioni di volontariato. • fonti di entrata prevalentemente pubbliche: • la maggioranza assoluta delle cooperative sociali (64,4%) registra entrate di origine prevalentemente pubblica e il 35,6% di fonte prevalentemente privata. • la prevalenza del ricorso al finanziamento pubblico è relativamente più accentuata per le cooperative di tipo A (71,9%), mentre lo è meno per le cooperative di tipo B (50,4%) • le cooperative localizzate nel Mezzogiorno mostrano quote di entrate di fonte prevalentemente pubblica (73,7%) superiore alla media nazionale dott. Fabio Monteduro segue ….

  18. … continua • prevalenza della componente sociale rispetto a quella sanitaria: • il 58,5% delle cooperative di tipo A opera nel campo dell’Assistenza sociale. La vocazione socio-assistenziale risulta relativamente più marcata nelle regioni del Mezzogiorno. • il 20,7% nel settore dell’Istruzione e ricerca • il 13,2% nel settore della Cultura, sport e ricreazione • il 7,6% opera nella Sanità • rispetto alla gamma di servizi offerti dalle cooperative di tipo A i più diffusi sono: • assistenza domiciliare (erogata dal 36,2% delle cooperative di tipo A; più frequente al centro-Sud), • assistenza in residenze protette (offerta dal 34,1% delle cooperative di tipo A; più frequente al Nord) • prestazioni di ricreazione, intrattenimento e animazione (32,3%). • nel corso del 2003 le cooperative sociali di tipo A hanno offerto servizi a più di 2.400.000 utenti (+ 13,8% rispetto al 2001) • rispetto al tipo di utenza, le categorie più numerose sono i minori (30,4%), gli utenti senza specifici disagi (26,4%) e gli anziani non autosufficienti (10,3%). dott. Fabio Monteduro

  19. Le Fondazioni Caratteristiche principali: • enti dotati di personalità giuridica che consistono di un patrimonio devoluto ad un fine specifico fissato nello statuto (patrimonio per uno scopo) • Possono essere di tipo erogativo (erogano fondi) ma in genere sono tipo operativo, producono cioè servizi (ricerca, sanità, servizi sociali, ecc.) • Le fondazioni erogative sono in genere enti di con poco personale, ma finanziariamente solidi e patrimonializzati • Le fondazioni operative sono enti con un numero consistente di personale, con un capitale che si aggira intorno ai 500.000 € dott. Fabio Monteduro

  20. Le Fondazioni di origine bancaria Caratteristiche principali: • Sono state definite come “patrimonio alla ricerca di uno scopo”  ricercano spesso un partner “progettuale” e/o operativo. • Nel 2005 le Fondazioni hanno complessivamente erogato 1.372,9 milioni di euro (115,7 milioni solo in sanità), attraverso 25.397 interventi. • L’importo medio per iniziativa è di 54.043 euro. • Destinazione delle erogazioni: • arte, attività e beni culturali (30,6%), • volontariato, filantropia e beneficenza(21,5%), • educazione, istruzione e formazione (11,0%), • ricerca scientifica e tecnologica (10,7%), • salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa (8,4%), • sviluppo locale ed edilizia popolare locale(6,5%) • assistenza agli anziani (3,7%) dott. Fabio Monteduro

  21. Uno sguardo di sintesi (1) dott. Fabio Monteduro

  22. Il ruolo delle aziende non profit • Ruolo di advocacy • Ruolo di ri-allocazione di risorse • Ruolo produttivo dott. Fabio Monteduro

  23. Il ruolo delle aziende non profit : esempio http://www.cittadinanzattiva.it dott. Fabio Monteduro Segue …

  24. Il ruolo delle aziende non profit : riallocazione delle risorse (esempi) http://www.telethon.it Nel 2002, 32 miliardi destinati alla ricerca dott. Fabio Monteduro

  25. Il ruolo delle aziende non profit : riallocazione delle risorse (esempi) http://www.airc.it principale polo privato di finanziamento della ricerca sul cancro Nel 2002 AIRC e FIRC, insieme, hanno destinato oltre 44 milioni di euro alla ricerca italiana su temi oncologici. dott. Fabio Monteduro

  26. Il ruolo delle aziende non profit : riallocazione delle risorse (esempi) http://www.ail.it/ dott. Fabio Monteduro

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