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Si “conosce” solo per interazione

Si “conosce” solo per interazione. A. B. A. B. Universo Platonico delle idee. =. Informazioni su A e B, legate al loro modo di interagire e alla loro compatibilità. I concetti di GRANDE e piccolo.

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Si “conosce” solo per interazione

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Presentation Transcript


  1. Si “conosce” solo per interazione A B A B Universo Platonico delle idee = Informazioni su A e B, legate al loro modo di interagire e alla loro compatibilità

  2. I concetti di GRANDE e piccolo • I concetti di grande e di piccolo risultano concetti puramente relativi e si riferiscono sia al grado di finezza dei nostri mezzi di osservazione, sia all’oggetto che si considera. • Per dare alla dimensione un significato assoluto, qual è richiesto a qualsiasi teoria della struttura intima della materia, dobbiamo supporre che esista un limite per il grado di finezza dei nostri mezzi di osservazione, e di conseguenza un estremo inferiore per l’entità della perturbazione che accompagna l’osservazione stessa, limite che è inerente alla natura stessa delle cose e che non può essere superato mediante tecniche migliori o maggior perizia da parte dell’ossservatoere.

  3. + a Effetto rilevabile a causa della sollecitazione su a Perturbazione conseguente non rilevabile Interazione con a a? + a Effetto rilevabile a causa della sollecitazione su a Perturbazione conseguente rilevabile Interazione con a

  4. Prima della misura MISURA Dopo la misura IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’ in Meccanica Classica In fisica classica è sempre possibile distinguere fra cause ed effetti. L’evoluzione temporale di un sistema avviene tramite equazioni differenziali associate a condizioni al contorno ben definite. Tali equazioni valgono anche durante il processo di misura, perché SI ASSUME che le perturbazioni siano sempre riducibili a piacere a Immediatamente prima della misura a* Un attimo dopo la misura a = a*

  5. IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’ in Meccanica Quantistica  Se un sistema è piccolo non potremo osservarlo senza produrre una notevole perturbazione  NON DOVREMO ASPETTARCI DI TROVARE ANCORA UNA RELAZIONE CAUSALE TRA I RISULTATI DELLE NOSTRE OSSERVAZIONI, IN QUANTO ESISTERA’ UN FLUSSO DI INTERAZUIONI NON CONTROLLABILE FRA OGGETTO E STRUMENTO DI MISURA  Va fatta un’ipotesi limite, senza la quale non è possibile procedere: si assume che 1)IL PRINCIPIO DI CAUSALITA’ VALGA ANCORA PER I SISTEMI NON DISTURBATI 2)LA MISURA CORRISPONDA AD UN PROCESSO NON CAUSALE

  6. . LE EQUAZIONI DELLA MQ (CAUSALI) HANNO UNA STRETTA CORRISPONDENZA CON QUELLE DELLA MECCANICA CLASSICA MA SONO CONNESSE SOLO INDIRETTAMENTE AI RISULTATI DELL’INTERAZIONE CI SARA’ DUNQUE UN’INEDVITABILE INDETERMINAZIONE NELLA PREVISIONE DEI RISULTATI SPERIMENTALI, ESSENDOLA TEORIA IN GRADO DI CALCOLARE, IN GENERALE, SOLO LA PROBABILITA’ DI OTTENERE UN DETERMINATO RISULTATO SPERIMENTALE QUANDO SI FACCIA UN’OSSERVAZIONE

  7. Immediatamente prima della misura … … … 1 a 2 … … … Prima della misura K MISURA … … n Un attimo dopo la misura Dopo la misura

  8. Aspetto duale (con manifestazioni complementari) della materia e delle onde elettromagnetiche Conoscenza parziale, non simultanea, della realtà fenomenica : Indeterminazione Non località Esperimenti che mettono in luce il comportamento NON CAUSALE dell’interazione: - FASCI COLLIMATI DI PARTICELLE - PARTICELLE SINGOLE - FOTONI /D <<1 (aspetti corpuscolari) /D  1 (aspetti ondulatori) Interazioni a livello delle dimensioni della lunghezza d’onda di De Broglie Relazioni di De Broglie E = h, p = h/ V V Esperimenti classici INTERFERENZA EFFETTO FOTOELETTRICO RIFRAZIONE MISURA DI PROPRIETA’ INTRINSECHE DELLE PARTICELLE: ELEMENTARI: SPIN, CARICA, , MOMENTI, MOMENTI ANGOLARI,… EFETTO COMPTON VERIFICA DI LEGGI CONSERVAZIONE E MISURA DI QUANTITA’ CONSERVATE DIFFRAZIONE PRODUZIONE E ANNICHILAZIONE DI COPPIE URTI per mezzo di FOTONI E PRODUZIONE DI RAGGI X CAMPI ESTERNI APPLICATI

  9. Fra le leggi fondamentali su cui fare affidamento per costruire la MQ la più importante e drastica è la LEGGE DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI STATI. Ci sono chiare evidenze sperimentali per ritenere che essa continui a valere anche a livello atomico e subatomico

  10. P P P  Asse  Asse  P P  Asse A. POLARIZZAZIONE DEI FOTONI Fascio di luce monocromatica di intensità I It = I0sen2() Ia = I0cos2() It ~ N sen2() It ~ N cos2()

  11. A. POLARIZZAZIONE DEI FOTONI Un fotone alla volta. Esame della singola prova P P P  Asse  Asse OPPURE P P P  Asse  Asse It ~ N sen2() It ~ N cos2() Dopo N “prove” fatte tutte nelle stesse identiche condizioni, risulta: Non è possibile prevedere in anticipo se un dato fotone verrà trasmesso o assorbito Si può solo affermare che esiste una probabilità pari a sen2() di trasmissione e che i fotoni trasmessi hanno polarizzazione ortogonale all’asse ottico del cristallo.

  12. FORMALIZZAZIONE Prima di individuare il filtro di tormalina lo stato di si può pensare come sovrapposizione di due stati fra loro ortogonali: | = a | b|  E’ L’INTERAZIONE CON IL FILTRO CHE COSTRINGE IL FOTONE A “DECIDERE” QUALI DELLE DUE DISTINTE, INTRINSECHE POSSIBILITA’ DI SCELTA ATTUARE Analogia “un po’ forzosa”: «l’elettore»

  13. B. INTERFERENZA DI FOTONI 1  Il fascio è localizzato e la sua frequenza è nota: esso si trova in uno stato di traslazione ben definito.  2  Fascio ben collimato di luce monocromatica Strumento per lo sdoppiamento del fascio Interferometro 1?  Singoli impulsi dovuti agli urti con lo schermo di rivelazione  2? Segnale luminoso costituito da un solo fotone Strumento per lo sdoppiamento del fascio Interferometro LA SUCCESSIONE DI N EVENTI PORTA A RICOSTRUIRE LA FIGURA DI INTERFERENZA Il fotone fa parte di uno stato di traslazione iniziale ben definito: non può pensarsi sdoppiato in due parti distinte: i fotoni sono indivisibili D’ALTRA PARTE un fotone sia in uno stato di traslazione ben definito può appartenere anche a due o più raggi

  14. Non dobbiamo farci condizionare dall’immaginario classico che ci indurrebbe a raffigurare il fotone come un ente fisico localizzabile, pur con una certa indeterminazione, in una porzione di spazio piuttosto che in un’altra. In questo caso il fotone è descritto dalla sovrapposizione di due funzioni d’onda, ciascuna corrispondente allo stato di traslazione relativo ai due raggi presi separatamente. | = a 1| 1a2| 2 E’ possibile immaginare che il fotone si trovi localizzato in una struttura spaziale, la quale è per lo sperimentatore scissa in componenti chiaramente differenziate ma, evidentemente, è solo una delle possibili configurazioni in cui esso può “vivere” CONCLUSIONI Poiché un fotone non può spezzarsi in due parti, la figura di interferenza è prodotta dall’interferenza di un fotone con se stesso. l’interazione con lo strumento di rilevazione costringe il fotone a presentarsi in una sola delle sue componenti, distruggendo la combinazione dei due stati traslatori e provocando il COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA Non è possibile stabilire qual è il percorso seguito da un singolo fotone [ammesso che questo esista]. Un sensore posto su una delle due fenditure, allo scopo di rivelare l’eventuale passaggio della particella, distrugge la figura di interferenza: la distribuzione degli impulsi sullo schermo presenta due picchi in corrispondenza dell’asse delle fenditure. + RIVELATORE DI POSIZIONE

  15. + RIVELATORE DI POSIZIONE OPPURE CONTRADDIZIONI IL FENOMENO HA NATURA STATISTICA la funzione d’onda associata ad un fotone da’ informazioni sulla probabilita’ che il singolo fotone si trovi in una determinata regione dello spazio la funzione d’onda non da’, direttamente, informazioni sulnumero probabile di fotoni presente in una data regione (ciò dipende dal tipo di interazione a cui è soggetto il fascio) Ammettere interazioni fra fotoni differenti comporta che l’ENERGIA del sistema NON SI CONSERVI a   b INTERFERENZA COSTRUTTIVA = INTERFERENZA DISTRUTTIVA ANNICHILAZIONE DELLA COPPIA PRODUZIONE DI QUATTRO FOTONI c   d

  16. GLI ESPERIMENTI DISCUSSI CON I FOTONI VALGONO PER OGNI OGGETTO PARTICELLARE In accordo con le relazioni di De Broglie, ogni particella e in linea di principio qualsiasi oggetto macroscopico, può manifestare comportamenti corpuscolari o ondulatori. sarà l’esperimento a mettere in luce l’uno o l’altro comportamento sperimentale. Per un oggetto massivo compariranno manifestazioni di carattere ondulatorio solo quando la lunghezza d’onda di De Broglie avrà dimensioni tali da essere evidenziata sperimentalmente ESEMPIO Calcolare la lunghezza d’onda di De Broglie, T , per una palla da tennis di massa M = 0,1 Kg che si muove con velocità v = 50 m/s. Confrontare T con quella di un elettrone: a) con uguale velocità; b) con energia cinetica di 100eV Ricordiamo che se le dimensioni “D” dell’apparato di misurazione sono grandi rispetto all’ente fisico su cui si esegue la misura non è possibile mettere in luce la natura ondulatoria della propagazione. Solo quando D e  diventano confrontabili emergono fenomeni di diffrazione ad angoli  dell’ordine di /D.

  17. COSA SONO GLI STATI A B Oggetti astratti di carattere OLISTICO Variabili che caratterizzano il sistema in interazione | A  = a 1|A1 + a2|A2 + a3| A3 +  Principio di sovrapposizione Stati di base: legati alle possibili configurazioni consentite dalle leggi dinamiche | A k Numeri complessi: legati alla probabilità di realizzazione degli stati | A k ak Coefficienti della sovrapposizione Sperimentalmente è sempre possibile preparare un sistema fisico (particella materiale, fotone, ente complesso costituito da più oggetti microscopici in evoluzione temporale) in modo da selezionare le componenti fondamentali che lo realizzano Ciò si ottiene per mezzo di opportuni filtraggi successivi (Polaroid, campi E e B, ecc)

  18. LE EQUAZIONI DELLA MECCANICA QUANTISTICA REGOLANO L’EVOLUZIONE TEMPORALE DEGLI STATI DEL SISTEMA. PER GARANTIRE LA VALIDITA’ DEL PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE, ESSE SONO EQUAZIONI DIFFERENZIALI LINEARI (Nel tempo e nelle coordinate generalizzate che ne descrivono il comportamento)

  19. L’architettura della teoria. Gli oggetti e i concetti fondamentali  Variabili dinamiche e Ossevabili  Stati – Basi. Spazi vettoriali. BRA e KET  Operatori lineari  Autovalori e autovettori di un operatore lineare  Ampiezze di probabilità. Valori medi di un osservabile.  Osservabili compatibili. Regole di commutazione.  Relazioni di indeterminazione.  Rappresentazioni  Le equazioni del moto. Visuali di Schroedinger e di Heisenberg  Misura quantistica. Il problema del collasso della funzione d’onda

  20. BRAE … KET Fissato lo spazio dei KET quello dei BRA è univocamente determinato dalla richiesta che si possano costruire funzioni lineari dei vettori di stato. Lo spazio vettoriale dei BRA, matematicamente parlando, è lo spazio DUALE dello spazio dei KET. Un vettore di stato non è una grandezza fisicamente misurabile ma rappresenta solamente, in potenza, tutto quello che si può dire in merito alle condizioni che caratterizzano un ente fisico in un determinato istante o in certe condizioni sperimentali. Anche le variabili dinamiche non sono descritte, in genere, da grandezze reali, bensì da quantità complesse. Lo spazio dei BRA non è uno spazio ordinario di vettori ma uno spazio di funzioni lineari; per ogni KET esiste una funzione lineare BRA univocamente determinata da tale KET. | a,b,c,…  < a,b,c,… | Gli stati, BRA o KET, considerati da soli, non corrispondono a nulla di effettivamente reale: solo l’effetto che li associa è imputabile alla realtà, individuandone cause ed effetto. Analogia: “Il musicista”

  21. La corrispondenza fra BRA e KET si realizza, matematicamente, per mezzo di una operazione del tutto analoga al prodotto scalare tra vettori < l,m,n,…| a,b,c,… > Questo è legato alla proiezione di uno dei due nella direzione dell’altro: è massimo se i due vettori sono paralleli, è zero se essi sono ortogonali. Se i vettori sono paralleli essi determinano una coppia BRA – KET che si corrisponde e l’effetto di previsione è qualcosa di veramente reale; nel caso si prendano due vettori non corrispondenti, il numero che si ottiene non è massimo, è un numero complesso (nel senso della tipologia matematica), e contiene informazioni legate alle affinità fra quei due vettori. Se il prodotto scalare risultasse nullo i due vettori sarebbero ortogonali e nessuno conterrebbe informazioni legate all’altro (non esisterebbe proiezione dell’uno sull’altro). Tali vettori darebbero informazioni complementari. Vettori di questo tipo si dicono vettori indipendenti. |< a,b,c,…| a,b,c,… >|2 DENSITA’ DI PROBABILITA’ ASSOCIATA ALLO STATO GRANDEZZA REALE  SIGNIFICATO FISICO IMMEDIATO |< a,b,c,…| l,m,n,… >|2 NON LEGATE DIRETTAMENTE AI RISULTATI SPERIMENTALI AMPIEZZE DI TRANSIZIONE

  22. | A  = a 1|A1 + a2|A2 + a3| A3 +  < B | = < B1 |b 1 + < B2 | b 2+ < B3| b 3+ … OPPURE ANALOGIA FORMALE CON LO SVILUPPO IN SERIE DI FOURIER DI UN SEGNALE Un’altra differenza importante con il caso classico è dovuta al fatto che in meccanica quantistica uno stato |A> e un suo multiplo k|A> (con k numero complesso) rappresentano lo stesso stato (vettori paralleli). Ciò è ovviamente falso nel caso di un fenomeno ondulatorio, in cui k rappresenta l’ampiezza del fenomeno oscillatorio. Se così non fosse la teoria quantistica entrerebbe in contraddizione. Infatti la sovrapposizione di uno stato con se stesso DEVE ora GENERARE lo stesso stato (Nel caso contrario non si conserverebbe l’energia, annichilazione di fotoni, …)  |< Ak |Ak>|2 = 1  a k =

  23. OPERATORI LINEARI, VARIABILI DINAMICHE | A > | B > < A | < B |   Ad ogni variabile dinamica w fisicamente misurabile è associato un operatore lineare . Questo è in grado di estrarre da un generico KET o BRA del sistema tutte le proprietà legate al modo di manifestarsi di quella specifica variabile dinamica: a) valori numerici ammessi per la variabile ; b) stati che la possono realizzare.  | A > = | B >, < A |  = < B | MOLTI OPERATORI DELLA MQ NONC OMMUTANO, perché legati a manifestazioni reali in cui l’ordine temporale in cui i fenomeni appaiono porta a risultati differenti. L’operatore piu’ semplice: l’operatore di proiezione  = | A >< B | | C > = | A >< B |C > = | A > c = c | A > < C | = < C |A >< B| = c* < B|

  24. AUTOVETTORI E AUTOVALORI DI UN OPERATORE LINEARE Possibilità di scelta delle basi per la sovrapposizione | A  = a 1|A1+ a2|A2+ a3| A3+  | A  = b 1|B1+ b2|B2+ b3| B3+  …… | C  = c 1|C1+ c2|C2+ c3| C3+  Analogia con la sintesi armonica di un segnale mediante armoniche di Fourier, polinomi di: Lagrange, di Čebicev, di Hermite, di Laguerre, … Ogni operatore lineare,corrispondente ad una particolare variabile dinamica, individua una base di vettori fondamentali per mezzo della quale si ottiene la più significativa rappresentazione in grado di evidenziare le proprietà del sistema relative a quella variabile.  |Wk> = wk |Wk> |Wk> : AUTOSTATI DI  wk: AUTOVALORI DI  Gli operatori associati a variabili dinamiche osservabili hanno autostati tutti fra loro ortonormali (appartengono cioè a un sistema che costituisce una base di vettori di lunghezza unitaria per mezzo dei quali è possibile rappresentare un qualsiasi vettore di stato del sistema). Tale base di “colori” attraverso la quale il sistema fisico può essere decomposto, mette in luce tutte le proprietà del sistema legate ad .

  25. In corrispondenza ad ogni autostato, l’autovalore associato rappresenta un possibile risultato di una misura di  | A > | B > = w1|W1+ w2|W2+ w3| W3+  

  26. UN ANALOGIA FORMALE HARDWARE 1 2 3 4 5 …… SOFTWARE | A > | B > | C > 1 | A > = | B > = w1|W1+ w2|W2+ w3| W3+ + wk| Wk+  2 | A > = | B > = g1|G1+ g2|G2+ g3| G3+ + gk| Gk+  3 | A > = | B > = p1|P1+ p2|P2+ p3| P3+ + pk| Pk+ 

  27. Risolvendo le equazioni agli autovalori è possibile prevedere quali saranno gli autostati e i corrispondenti autovalori di un dato operatore. Può accadere che gli autostati siano infiniti e si susseguano con continuità ma che questi siano individuati da un numero finitodi autovalori (per ogni autovalore esistono più autostati ortonormali) Può presentarsi il caso che sia gli autostati che gli autovalori siano in numero infinito. In questo caso avremo un comportamento analogo a quello classico (i possibili risultati di una misura sono distribuiti con continuità entro un determinato intervallo). Infine, è possibile che emerga solo un numero discreto di autostati e di autovalori. Questo è un tipico risultato quantistico, in genere non presente nella meccanica classica per la quale tutti i risultati di una misura sono accessibili sperimentalmente. LA DIFFERENZA CON LA MECCANICA CLASSICA SI DIFFERENZIA A CAUSA della piccolezza degli oggetti considerati (entra in gioco h) per l’aspetto duale dell’interazione e per la conseguente non commutabilità di molti degli operatori della teoria)

  28. CHE COSA SIGNIFICA FARE UNA MISURA Fare una misura vuol dire sottometter il sistema ad una interazione esterna in grado di far emergere le proprietà legate ad . Poiché il risultato è probabilistico, saranno necessarie diverse determinazioni per ricavare un valor medio di . Ad ogni misura lo stato del sistema COLLASSA in un autostato di . In altre parole, viene proiettato in un sottospazio degli autostati dell’osservabile <W| |W> = <W|w |W> = w <W|W> = w. <| |> = <| |( ) = <|wi|Wi> = wi <Wi|Wi> =wi Le grandezze più importanti <| |> sono dette ampiezze di probabilità, per sottolineare il fatto che esprimono valori medi degli osservabili . Una misura reale non produce certamente un risultato univoco; una successione di misure, eseguite nelle stesse identiche condizioni, individua un campione statistico e un conseguente valor medio.

  29. OSSERVABILI COMPATIBILI. COMMUTABILITA’ 12 21  [1, 2] = 0. 1 2 COMPATIBILI BASE DI RAPPRESENTAZIONE COMUNE MISURE SIMULTANEE SUL SISTEMA [1, 2]  0. 1 2 NON COMPATIBILI NON ESISTE BASE DI RAPPRESENTAZIONE COMUNE NON SI POSSONO ESEGUIRE MISURE SIMULTANEE SUL SISTEMA SENZA INTRODURRE UNA PERTURBAZIONE CHE NE MODIFICHI IN MANIERA IRREVERSIBILE LE CARATTERISTICHE RELAZIONI DI INDETERMINAZIONE

  30. ESEMPIO RELAZIONI DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG [P, X] = iħ p  x  ħ/2 [E, T] = iħ E  t  ħ/2 Entrano nel microscopio solo i quanti di luce con valori di px compresi fra Per la conservazione della quantità di moto (trascuro l’effetto Compton), l’elettrone subisce un rinculo nella componente x per cui . Per ridurre tale valore avremo solo due possibilità: diminuire il diametro della lente obiettivo, oppure aumentare la lunghezza d’onda dei fiotoni. Ciò porterebbe inevitabilmente a diminuire le possibilità di conoscere la posizione della particella. La figura di diffrazione prodotta dal microscopio per un oggetto puntiforme è, infatti, proporzionale al potere risolutivo dello strumento: . Il prodotto delle due variazioni in x e p dà

  31. RAPPRESENTAZIONI MQ Teoria assiomatica Teoria astratta Il modo in cui le quantità astratte possano venire sostituite da numeri non è unico, analogamente alla possibilità di scegliere in geometria diversi sistemi di coordinate. Ciascuno dei modi possibili di effettuare tale sostituzione è detto rappresentazione. E l’insieme di numeri che sostituisce una data quantità astratta si dice l’insieme rappresentativo di essa nella rappresentazione considerata. BRAKETvettori a n dimensioni, Operatori linearimatrici nn.

  32. ULTERIORI ASSUNZIONI E CONDIZIONI NECESSARIE PER COSTRUIRE UNA MECCANICA QUANTISTICA EQUAZIONI MQ ћ  0 EQUAZIONI CLASSICHE PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA OPERATORIQUANTISTICI GRANEDZZE DINAMICHE CLASSICHE PARENTESI DI PIOSSON Confronto con le formulazioni Lagrangiana o Hamiltoniana delle equazioni del moto classiche RELAZIONI DI COMMUTAZIONE della Meccanica Quantistica

  33. rappresentazione delle coordinate RAPPRESENTAZIONE di SCHROEDINGER rappresentazionedegliimpulsi RAPPRESENTAZIONE di HEISENBERG Sistema di coordinate associate ad osservabili compatibili Sistema di coordinate associate ad osservabili compatibili Xk Pk [Xr, Pk] = iћrk La rappresentazione di Schroedinger fu usata da Schroedinger nel 1926 per la sua formulazione originaria della meccanica quantistica Esiste un analogia formale fra lo sviluppo quantistico e lo sviluppo in serie di Fourier di una funzione d’onda.

  34. lx x Px Lx x = LE OPERAZIONI DI SIMMETRIA E LE GRANDEZZE CONSERVATE Rotazione nello spazio Operatori delle isometrie Isometrie Lx Invarianza per applicazione di isometrie a variabili dinamiche a KET o BRA Traslazione nello spazio QUANTITA’ DINAMICHE CONSERVATE Traslazione nel tempo  T In MQ le leggi di conservazione sono una conseguenza naturale delle operazioni di simmetria H(t) E Costanti del moto

  35. Le equazioni L’aspetto duale della teoria, la quale produce risultati mettendo in tensione BRA e KET, stati e osservabili, indica la possibilità di ottenere due insiemi complementari di equazioni del moto. Il primo gruppo viene costruito pensando di far EVOLVERE NEL TEMPO GLI STATI (KET) mantenendo gli OPERATORI LINEARI FERMI NEL TEMPO Equazione di Schroedinger Rappresentazione delle coordinate Il secondo considera gli STATI IN QUIETE e le VARIABILI DINAMICHE IN MOVIMENTO. Equazione di Heisenberg L’equazione di Schroedinger è di grande utilità perché permette di determinare le funzioni d’onda di un qualsiasi sistema quantistico. Essa permette di ricavare gli autostati che caratterizzano il sistema e per mezzo di questi gli autovalori e l e densità di probabilità degli autostati delle varie variabili dinamiche coinvolte nella descrizione (Posizione, quantità di moto, momento angolare, spin, …).

  36. IL COLLASSO DELLA FUNZIONE D’ONDA Equazione causale | t0 +t > INTERPRETAZIONE PROBABILISTICA MISURA | t0 > | t0 > WK Processo NON CAUSALE | t0 > wK CONIZIONI AL CONTORNO DESCRIZIONE DETERMINISTICA dell’evoluzione degli stati  ? Se si vuole costruire un esperimento quantistico, tutto quello che si può fare è preparare il sistema in modo da essere certi che esso si trovi in un determinato stato. Si sottopone allora il sistema ad una misura che provochi il collasso della funzione d’onda in una precisa direzione (questo è sempre teoricamente possibile, per quanto, in pratica, possa essere a volte difficile da ottenere). Se il sistema dipende da osservabili compatibili (i cui operatori commutino), si sottopone lo stato ad una successione di misure che alla fine diano il risultato voluto. Una volta preparato lo stato, lo si fa evolvere per mezzo delle equazioni del moto, nelle quali sono state incluse tutte le informazioni legate alle interazioni e all’energia in gioco. SULLO STATO COSÌ PREPARATO, EFFETTUIAMO INFINE LA MISURA PREVISTA.

  37. Si potrebbe ritenere che l’interazione, dovuta alla misura, sia ancora schematizzabile e incorporabile nelle equazioni del moto ma la teoria richiede che questo non sia un processo causale e, pertanto, che si debba applicare il postulato del collasso. PERCHE’ LA DINAMICA NON FUNZIONA QUANDO VIENE EFFETTUATA UNA MISURA. ESEMPIO Se il dispositivo è preparato in modo corretto e la dinamica vale in ogni caso le equazioni del moto richiedono che |pronto>m|duro>e |”duro”>m|duro>e oppure |pronto>m|tenero>e  |”tenero”>m| tenero >e

  38. Un elettrone NERO attraversato il dispositivo sperimentale Gli osservabili COLORE e DUREZZA sono OSSERVABILI COMPATIBILI Esiste una base comune di autostati ESPRESSO NELLA BASE DELLA DUREZZA LO STATO DI e- NERO, lo stato iniziale dell’elettrone e del dispositivo risulta |pronto>m|nero>e = |pronto>m( |duro>e + |tenero>e ) = |pronto>m|duro>e + |pronto>m|tenero> Se la dinamica funzionasse correttamente si dovrebbe avere |pronto>m|nero>e | “duro”>m|duro>e + |“tenero”>m|tenero> e

  39. Il postulato del collasso ci dice invece che si presenterà, con probabilità del 50%, uno dei due casi |”duro”>m| duro>e |”tenero”>m| tenero>e Osserviamo che l’espressione dello stato previsto dalla dinamica è effettivamente strana! Lo stato risultante è costituito da una macchina con indice che punta su duro e tenero contemporaneamente

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