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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA Corso di Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo. STORIA DEL NUOVO TEATRO Prof. Cristina Valenti Anno accademico 2008/2009. Lezione del 27/03/09 a cura di Alessandra Limatola I Parte. TEATRO DELLE ALBE

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  1. ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA Corso di Laurea Magistrale in Discipline dello Spettacolo dal vivo STORIA DEL NUOVO TEATRO Prof. Cristina Valenti Anno accademico 2008/2009 Lezione del 27/03/09 a cura di Alessandra Limatola I Parte

  2. TEATRO DELLE ALBE TRA RAVENNA E SCAMPIA

  3. LA NON-SCUOLA Nasce nel 1991, in concomitanza con la fondazione di Ravenna Teatro, centro teatrale in seguito riconosciuto come Teatro Stabile di Innovazione. Attività pedagogica di stampo antiaccademico rivolta agli adolescenti. Il mito asinino è il fondamento della non-scuola, la consapevolezza di Non-Sapere. Non-scuola: definizione creata a-posteriori da Cristina Ventrucci. Era ed è tutt’oggi un non modello di teatro e di scuola, la volontà di sovvertire le gerarchie presenti nel microcosmo scolastico come in tutte le istituzioni della società in cui viviamo; è la capacità di mettersi in ascolto, con quelle orecchie asinine, spropositate, eccessive nella loro grandezza, per tirar fuori dagli adolescenti quell’io ancora informe tipico della loro età.

  4. Fondamenti della non-scuola Adolescenza: età sbilenca in cui il ragazzo si guarda e non capisce bene cosa vede, si ascolta e sente dentro di sé tante voci, «il suo io è un condominio. E’ abitato dalle tante maschere che può diventare: santi, guerrieri, impiegati, ladri, assassini, artisti, cavalli, terremoti, fantasmi. E’ una condizione instabile… »[1]. Tradizione: «gli antichi mettono tanta carne al fuoco, ci puoi sguazzare, prendere tagliare riscrivere, hanno un respiro corale, i contemporanei sono dei lirici, ti parlano dell’io separato, realizzano partiture stitiche, di uno stitico sublime, certo, ma sempre stitico è, sui primi devi lavorare per sottrazione, con i secondi ti tocca accumulare se vuoi renderli utili per “servire” una ventina di adolescenti. Paradossalmente, parlando di non-scuola, gli antichi ci sono più vicini!»[2]. Scopo: mettere in relazione l’adolescente e la tradizione, in modo da innescare fecondi corto circuiti. [1] M. Martinelli, E. Montanari, Noboalfabeto, in AA.VV., Abbecedario della non-scuola del Teatro delle Albe, in allegato a “Lo straniero”, VIII, 44, 2004 , p. 17. [2] M. Martinelli, E. Montanari, Noboalfabeto, in AA.VV., Abbecedario della non-scuola del Teatro delle Albe, cit., p. 27.

  5. Corto Circuito Scuola e Teatro, secondo Marco Martinelli, erano e sono reciprocamente stranieri e il loro accoppiamento è qualcosa di mostruoso. Il teatro è palestra di umanità e ribellione, di eccessi e misura, attraverso il quale si diventa quello che non si è; la scuola invece è il grande teatro della gerarchia e dell’omologazione, dell’imparare a “stare in società”.

  6. Componenti Guida: «Non ci sono padri, non ci sono maestri nella non-scuola. Solo guide che conducono gli adolescenti verso lo spettacolo, che favoriscono il gioco. Possono essere registi, possono non esserlo. Quello che li distingue è il loro “stare in mezzo”, non come acqua stagnante, bensì a dissolvere le superfici apparenti, tra gli adolescenti e la Tradizione.»[3]. Insegnanti: figura necessaria, funge da sponda di serenità nel disordine delle prove, da punto di riferimento per i ragazzi e di raccordo per le istituzioni ma non può e non deve intervenire nel lavoro creativo, non può sostituirsi allo “straniero” portatore di scompiglio e libertà. Energia e Gioco: dogmi della non-scuola. Differenza tra Messa in Scena e Messa in Vita. Il coro. [3] M. Martinelli, E. Montanari, Noboalfabeto, in AA.VV., Abbecedario della non-scuola del Teatro delle Albe, cit., p. 9.

  7. Metodologia Tre fasi laboratoriali Improvvisazioni: nodo centrale del metodo della non scuola; «l’improvvisazione lascia venire fuori i loro (dei ragazzi) corpi-pensiero, il loro immaginario»[4]. Tramite fondamentale per la costruzione del coro, altro elemento importantissimo, proprio perché «gli spettacoli devono avere un fondo corale robusto, devono porsi come manifestazione di un provvisorio “essere tribù”»[5]. Costruzione di “scheletri” drammaturgici: si espone la trama della piéce, in modo da concedere ai ragazzi piena libertà, nell’intento di ricostruirla e attualizzarla, senza però perdere di vista i temi fondamentali e i nodi strutturali. Definizione struttura: lo spettacolo inizia ad assumere una forma. Non sarà una somma aritmetica delle sequenze e delle scene trovate ma un lavoro da “artigiano”, in cui l’ascolto è ancora un elemento fondamentale. [4] M. Martinelli, Dioniso a Scampia, in “Lo straniero”, X, 72 (giugno 2006), p. 80. [5] AA.VV., Abbecedario della non-scuola del Teatro delle Albe, cit., p. 33.

  8. Arrevuoto Progetto di Pedagogia Teatrale Direttoda Marco Martinelli Prodottodal Teatro Mercadante di Napoli. A cura di Roberta Carlotto. In collaborazione conil Teatro delle Albe/Ravenna Teatro. Triennio 2005-2008

  9. Napoli comincia a Scampia Le Vele a Scampia.

  10. Interno delle Vele a Scampia. Angoli di Scampia.

  11. SCAMPIA Il quartiere nasce intorno al 1964, in seguito alla legge 167 (per anni la zona è stata denominata proprio con i tre numeri della legge per l’edilizia popolare), emanata il 18 aprile 1962, che prevedeva la costruzione di centri residenziali per lo sventramento del centro di Napoli e per i baraccati del dopo guerra; progettato per accogliere sessantamila abitanti, è arrivato a contenerne circa centomila tra proprietari, affittuari, abusivi e sfollati a causa di calamità naturali. A Scampia ci sono 21 lottiabitativi identificati con le lettere dell’alfabeto e delimitati da un’imponente rete stradale a scorrimento veloce; questa rete viaria si articola intorno ad un nucleo centrale che sembra quasi dividere il quartiere in due blocchi frontalmente contrapposti: Settore Baku e Settore Labriola. Gli stabili sono definiti dagli abitanti stessi “aree di parcheggio” e l’architettura del quartiere, spoglio, senza riferimenti tra i suoi elementi, senza una strutturazione logica d’insieme, sfornito di servizi e attrezzature collettive, così come di iniziative produttive e commerciali, provoca negli abitanti stessi una sensazione di sradicamento e alterità.

  12. La Faida Negli anni ’90, Paolo Di Lauro, assieme al suo clan, diviene l’epicentro della camorra. Secondigliano e Scampia diventano il fulcro delle attività del “sistema”. Gli equilibri, all’interno di questa famiglia, sono però instabili, si cerca fin da subito di raggiungere primati e poteri personali, lasciando da parte il dialogo. Gli omicidi, elemento costante del fenomeno camorristico, si fanno più frequenti e, lentamente, iniziano ad attirare l’attenzione dei media. La situazione diventa sempre più esasperata fino a giungere, nel 2004, ad una vera e propria rottura. Una costola del clan Di Lauro, i cosiddetti “scissionisti”, tenta prepotentemente di affermare la sua autonomia attraverso degli atti intimidatori.Il 28 ottobre del 2004 la faida diventa ufficiale e le sparatorie, gli omicidi efferati si moltiplicano in modo esponenziale. In pochi mesi, dal novembre del 2004 al febbraio del 2005, le vittime della camorra sono più di sessanta.

  13. 2005: Pubblicazione dell’Indagine condotta da M. Braucci e G. Zoppoli, Napoli comincia a Scampia, edita dall’Ancora del Mediterraneo. Goffredo Fofi decide di intervenire sul territorio. Bisogna partire dai ragazzi, vittime prescelte della manipolazione economica e mediatica, politica e sociale, alienati, sfruttati da adulti indegni; bisogna partire, inoltre, dal fallimento dei mezzi di comunicazione di massa trasformatisi in mezzi di pubblicità e propaganda, formazione del consenso e invito al consumo. La cultura e l’arte, come gli adolescenti, sono stati travolti da meccanismi clientelari, da un sistema abbacinante e mistificatorio che confonde e inganna; e così l’arte diviene intrattenimento e la cultura commercio. Adolescenti e comunicazione, Scuola e teatro, Democrazia e arte: questi i punti focali sui quali intervenire. Necessità di un Progetto che riuscisse a radicarsi sul territorio e che non fosse, al contrario, un fuoco d’artificio.

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