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ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATO SAN BENEDETTO DEL TRONTO

TESINA MULTIMEDIALE PLURIDISCIPLINARE di . GIUGNO 2007. ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATO SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Dibra Marcela. INGLESE. STORIA. ITALIANO. SCIENZE DEI MATERIALI. GNATOLOGIA. ITALIANO. Romanzo del novecento. Introduzione

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Presentation Transcript


  1. TESINA MULTIMEDIALE PLURIDISCIPLINARE di GIUGNO 2007 ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATOPER L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATOSAN BENEDETTO DEL TRONTO Dibra Marcela

  2. INGLESE STORIA ITALIANO SCIENZE DEI MATERIALI GNATOLOGIA

  3. ITALIANO

  4. Romanzo del novecento Introduzione L'esperienza della Grande Guerra aveva lasciato negli animi degli intellettuali un senso di disperazione e di disorientamento: le opere di questo periodo, infatti, erano il segno evidente del disagio storico ed esistenziale, vissuto negli ambienti di cultura, ed, inoltre, di una concezione della vita segnata dalla precarietà delle cose e dalla costante presenza della morte. Il modello intellettuale che operava, quindi, nell'età fra le due guerre, si faceva portavoce di una fortissima eredità decadente, riscontrabile, questa, nella coscienza lacerata e nello stato di perenne viaggio e ricerca; teso ad esplorare gli angoli più riposti dell'"Io", destinato, però, a perdersi in un mondo estraneo ed indifferente alla sua sensibilità. Freud parlava di un intellettuale " sempre meno padrone in casa propria ", alla ricerca costante di un equilibrio tra la crisi esistenziale e l'esigenza di valori e ideologie cui fare riferimento; rivolto, attraverso il ricordo, a riaffermare uno spazio e un tempo lontani da lui. Si cominciò, quindi, a parlare di un passaggio dalla fase della "crisi", appartenente all'età decadente e ai primissimi anni del ‘900, alla “coscienza della crisi”. L'intellettuale, infatti, non si abbandonava più "alla malattia, alla follia, alla nevrosi, al delirio, al sogno e all'incubo, all'allucinazione, come strumenti privilegiati del conoscere", ma, con una maggiore consapevolezza critica, voleva indagare nella psiche umana, guardando attentamente alla propria realtà interiore e alle sue intime lacerazioni. A questa coscienza critica del proprio stato esistenziale corrisposero, dunque, notevoli innovazioni nell'arte e, in particolare, nella narrativa. Attraverso l'uso del monologo interiore e del "flusso di coscienza", infatti, scrittori, quali Italo Svevo, James Joyce e Virginia Woolf, attuarono un passaggio dal cosiddetto ROMANZO ESTETIZZANTE al nuovo ROMANZO PSICOLOGICO. In questi autori, quindi, non ritroviamo paesaggi e atmosfere, che erano state proprie di Oscar Wilde o Gabriele D'Annunzio; il loro era un "romanzo della crisi": la crisi e la frantumazione dell'"Io", della società, del narratore e del personaggio.

  5. Il romanzo dell'800 era nato come espressione di una società e di una cultura dai valori ben definiti, affidandosi a personaggi dall'identità ben precisa e collocando le vicende secondo un preciso ordine temporale e causale: si trattava, quindi, di una narrazione di fatti e di ambienti sociali descritti con esattezza e collocabili in un dato momento storico. Fu, invece, il romanzo decadente a ribaltare completamente questa concezione, introducendo, a sua volta, un'analisi più attenta dei sentimenti interiori. Nel '900, così, la mutata situazione culturale, determinata dalla consapevolezza dei limiti della conoscenza scientifica e dalla "relatività" dei concetti tradizionali di tempo e di spazio, generò un nuovo tipo di romanzo, quello psicologico Esso presentava personaggi INQUIETI, in cerca di un'identità precisa, nei quali il tempo era puramente interiore ed i fatti erano collegati secondo la soggettiva coscienza di ciascuno. In termini strutturali, a tale innovazione corrispondeva la dissoluzione della trama romanzesca tradizionale: nasceva, infatti, una nuova tecnica espressiva, il MONOLOGO INTERIORE, appunto, che univa le idee, non secondo un ordine logico e causale, ma secondo la SOGGETTIVITA' del personaggio. Si trattava di un romanzo non di fatti, cose, eventi, ma di riflessione, di analisi minuziosa degli stati d'animo e dei conflitti interiori. Per fare questo, naturalmente, diventava difficile, o addirittura impossibile, raccontare attraverso un punto di vista esterno, osservando, vale a dire, dall'alto i personaggi e la vicenda: ai fatti che si intersecavano in trame avvincenti ed entusiasmanti, si sostituivano, ora, i flussi di coscienza, ciò che accadeva nella mente, gli impulsi dei personaggi. I protagonisti vivevano in una condizione di normalità e le loro vicende erano più che altro interiori. Quando si raccontava con gli occhi dei personaggi, si dava voce alla memoria, alle emozioni e alle idee, in altre parole a qualcosa che non aveva una dimensione temporale: questo, quindi, comportava che il tempo della storia e quello della narrazione si allontanassero, a volte, a dismisura (nell'Ulysses di Joyce, ad esempio, si raccontava, in circa mille pagine, una sola giornata). La cultura di inizio secolo aveva fatto oramai comprendere come il tempo non fosse una realtà oggettiva, misurabile, ma una percezione individuale, soggettiva: il tempo non esisteva all'esterno dell'individuo, ma era INTERIORIZZATO, e ciò non si esplicava soltanto in "flashbacks" e in ricordi: i pensieri, i ricordi e gli affetti del cuore erano espressi attraverso la tecnica del monologo interiore e del flusso di coscienza; tecnica, questa, utilizzata nelle opere letterarie di Svevo, Joyce e Virginia Woolf.

  6. James Joyce Clongowes Wood College, frequentato da Joyce. James Joyce nasce a Dublino nel 1882, è educato dai Gesuiti e si laurea in lingue e letterature straniere all’University College di Dublino.Non ancora ventenne, compie un viaggio a Londra, che lo porta a contatto con realtà molto differenti da quella irlandese, e gli permette di inquadrare con maggior chiarezza la "paralizzata" situazione politica e sociale dell’Irlanda. Entra in contrasto con la maggior parte degli intellettuali irlandesi dell’epoca, come Yeats, che esalta l’orgoglio nazionale e la storia irlandese al fine di creare uno spirito nazionalistico che possa supportare la lotta per l’indipendenza. Joyce, al contrario, crede che l’unico modo per risvegliare l’Irlanda dal proprio torpore sia analizzare la situazione presente e metterne in luce i punti deboli, ma i suoi concittadini preferiscono le lusinghe alle critiche, così Joyce decide di lasciare l’Irlanda. Vi ritorna un anno dopo, poiché la madre si ammala gravemente, e nel 1904, a 22 anni, conosce e si innamora di Nora Barnacle, che rimarrà la sua compagna per tutta la vita. Il 16 giugno, la data del loro primo appuntamento, diventerà il "Bloomsday" dell’Ulisse. In ottobre lasciano l’Irlanda per non farvi più ritorno, e si stabiliscono a Trieste, dove rimarranno fino al 1915. Gli anni a Trieste sono travagliati da problemi finanziari. Proprio in quel periodo stringe amicizia con Svevo. Pubblica "Musica da camera", "Gente di Dublino" e "Ritratto dell’artista da giovane". Allo scoppio della guerra è costretto a trasferirsi con Nora e i due figli a Zurigo, e ritorna a Trieste solo alla fine del conflitto. Scrive l’Ulisse, ma non trova editori disposti a pubblicarlo, perché ritenuta un’opera pornografica. Finalmente, nel’34, il valore artistico dell’opera viene riconosciuto e il libro esce negli USA. Joyce comincia a scrivere la sua ultima opera, "La veglia di Finnegan", che non avrà grande successo perché di difficile lettura. Muore in Svizzera nel 1941.

  7. James Joyce Clongowes Wood College, frequentato da Joyce. James Joyce nasce a Dublino nel 1882, è educato dai Gesuiti e si laurea in lingue e letterature straniere all’University College di Dublino.Non ancora ventenne, compie un viaggio a Londra, che lo porta a contatto con realtà molto differenti da quella irlandese, e gli permette di inquadrare con maggior chiarezza la "paralizzata" situazione politica e sociale dell’Irlanda. Entra in contrasto con la maggior parte degli intellettuali irlandesi dell’epoca, come Yeats, che esalta l’orgoglio nazionale e la storia irlandese al fine di creare uno spirito nazionalistico che possa supportare la lotta per l’indipendenza. Joyce, al contrario, crede che l’unico modo per risvegliare l’Irlanda dal proprio torpore sia analizzare la situazione presente e metterne in luce i punti deboli, ma i suoi concittadini preferiscono le lusinghe alle critiche, così Joyce decide di lasciare l’Irlanda. Vi ritorna un anno dopo, poiché la madre si ammala gravemente, e nel 1904, a 22 anni, conosce e si innamora di Nora Barnacle, che rimarrà la sua compagna per tutta la vita. Il 16 giugno, la data del loro primo appuntamento, diventerà il "Bloomsday" dell’Ulisse. In ottobre lasciano l’Irlanda per non farvi più ritorno, e si stabiliscono a Trieste, dove rimarranno fino al 1915. Gli anni a Trieste sono travagliati da problemi finanziari. Proprio in quel periodo stringe amicizia con Svevo. Pubblica "Musica da camera", "Gente di Dublino" e "Ritratto dell’artista da giovane". Allo scoppio della guerra è costretto a trasferirsi con Nora e i due figli a Zurigo, e ritorna a Trieste solo alla fine del conflitto. Scrive l’Ulisse, ma non trova editori disposti a pubblicarlo, perché ritenuta un’opera pornografica. Finalmente, nel’34, il valore artistico dell’opera viene riconosciuto e il libro esce negli USA. Joyce comincia a scrivere la sua ultima opera, "La veglia di Finnegan", che non avrà grande successo perché di difficile lettura. Muore in Svizzera nel 1941.

  8. TECNICHE E TEMI RICORRENTI PARALISI E OPPRESSIONE ESILIO E FUGA EPIFANIA FLUSSO DI COSCIENZA TEMPO E SPAZIO DUBLINO RICERCA RIBELLIONE IMPERSONALITA' E ALIENAZIONE DALLA SOCIETA' MITO

  9. Joyce, appena ventenne, fugge dal clima di paralisi morale, sociale, politica e culturale che aleggia sull’Irlanda, per paura di non esserne totalmente immune. Egli crede che l’unico modo per risvegliare la coscienza nazionale sia mostrare le debolezze, l’impoverimento e l’apatia morale che pervadono l’Irlanda; infatti il tema della paralisi, del labirinto e del senso di oppressione ricorre in ogni sua opera. La naturale reazione al senso di oppressione, alla paralisi, è la fuga, l’esilio, che quasi tutti i suoi personaggi tentano, senza successo. Nessuno riesce a tagliare completamente i ponti col proprio mondo: né a cominciare altrove una nuova vita, né a liberarsi dall’oppressione e dalla paralisi psicologica. Neppure l’artista ribelle, Stephen Dedalus, riesce a partire; forse ritenterà con successo nel libro “Ulisse”, dopo l’incontro con Bloom.

  10. Un’epifania è un’improvvisa rivelazione spirituale causata da un gesto, un oggetto, una situazione quotidiani, banali; che di solito il protagonista sperimenta in un momento di crisi, e che si rivela di importanza fondamentale nella sua vita. E’ una specie di punto di non-ritorno, dopo il soggetto non vede più le cose con gli occhi di prima. Per Joyce, l’epifania svela significati più profondi dell’esistenza, ci porta oltre l’apparenza delle cose, ed è spesso il punto centrale, la chjave del romanzo. Il flusso di coscienza è la tecnica narrativa utilizzata da Joyce nei suoi romanzi. Nel primo (“Gente di Dublino”) è utilizzato il discorso indiretto libero; nei seguenti questa scelta linguistica viene sempre più esasperata, fino ad arrivare al flusso di coscienza estremo de “La veglia di Finnegan”, che rende la lettura molto difficoltosa. E’ utilizzato per rappresentare i pensieri dei personaggi liberamente, così come si presentano nella loro mente, prima di essere selezionati e logicamente organizzati in frasi dalla coscienza, dalla parte consapevole e razionale della mente. Non c’è mediazione del narratore. Joyce è influenzato dalle teorie psicanalitiche di Freud, che per primo analizza razionalmente l’inconscio. Grammaticalmente, questo stile è caratterizzato da carenza di punteggiatura, parole provenienti dai campi semantici più disparati, inventate, e variazioni di registri linguistici.

  11. Il tempo è visto come una linea continua, ininterrotta, come dice Stephen Dedalus: “Il passato si consuma nel presente, e il presente vive solo perché porta in se’ il seme del futuro.”. Le conseguenze del passato sono nel presente, e a sua volta il presente determina il futuro. Il tempo e lo spazio sono rappresentati, visti, soggettivamente, non più oggettivamente. Attraverso il flusso di coscienza, il personaggio può restare fisicamente fermo, e muoversi con la mente a proprio piacimento nel tempo e nello spazio, le dimensioni spaziali e temporali perdono consistenza materiale.Tutta la storia dell’Ulisse si svolge in meno di 24 ore, nella stessa città, benchè narri una vita intera. Tutte le opere di Joyce sono ambientate a Dublino, paradossalmente la città da cui egli è fuggito, ritenendola il centro della paralisi irlandese. Il perché non è certo, ma è probabile che volesse dare alla sua città un’importanza letteraria. Inoltre, la conosceva bene, così come conosceva bene le abitudini quotidiane dei suoi abitanti. Infine,nei suoi libri, Joyce faceva sempre riferimento alla situazione irlandese, anche se ciò gli serviva da base di partenza per allargare poi i propri orizzonti e descrivere emozioni, sentimenti, riflessioni umane a un livello più generale.

  12. Spesso gli eroi di Joyce sono alla ricerca, più o meno consapevolmente, di qualcosa: la libertà dalla paralisi e dall’oppressione, le relazioni con gli altri, la comprensione del mondo che li circonda, una guida, una figura paterna, come nel caso si Stephen, che li sappia guidare, di cui essere orgogliosi e da prendere a modello. Il tema della ribellione emerge con forza nel “Ritratto dell’artista da giovane”, dove Stephen passa dall’infantile accettazione dell’autorità, alla ribellione adulta. La ribellione è rappresentata sia in conflitti familiari, sia nel conflitto con la Chiesa, in particolare con quella Cattolica irlandese, vista come provinciale e filistea, che aveva acquistato notevole potere sulle menti della gente. La ribellione sfocia anche in conflitti politici fra i vari personaggi.

  13. Per Joyce, l’artista deve alienarsi dalla società, deve guardare la vita oggettivamente, per renderne un’immagine vera. Questo porta necessariamente ad un distacco dell’artista dalla società, affinché egli possa osservarla dall’esterno, senza coinvolgimenti e lucidamente. Questa idea si rispecchia anche nello stile, poiché la narrazione è affidata direttamente ai personaggi, senza mediazione dell’autore, o di un narratore onnisciente. Joyce era interessato alle verità universali e senza tempo contenute nei miti, e riferimenti mitologici sono presenti in abbondanza nelle sue opere. Ad esempio, la similitudine tra Dedalo e Stephen Dedalus, nel “Ritratto..”, o la struttura de “Ulisse”, che ricalca quella dell’Odissea, e i numerosi punti di contatto tra Leopold Bloom, il suo girovagare, e l’ Ulisse omerico e il suo viaggio di ritorno a casa.

  14. L’inconscio Ossessioni, visioni, incubi, sogni esprimono la dimensione inconscia dell'animo umano. "Secondo una definizione intuitiva, l'inconscio è l'insieme di quegli aspetti della mente che non sono accessibili alla coscienza. In questo senso si può parlare di meccanismi inconsci, in quanto si suppone che esista una "fabbrica" dei pensieri e delle idee che noi non conosciamo. Ma si può parlare anche di idee inconsce e di fantasie inconsce. Si suppone che ci sia un mondo dietro lo specchio: da una parte il mondo che ci è accessibile, il mondo dei fenomeni che è percepito dalla nostra coscienza; dall'altra parte dello specchio una specie di doppio, in cui esistono altre idee, altri pensieri, altre immagini, altri ricordi " ( G. Jervis ) E' stato Sigmund Freud agli inizi del '900 a dare una definizione ed una configurazione scientifica al concetto, precisandolo in senso psicologico e non filosofico. Oltre al legame che Freud vede tra le dinamiche dell'inconscio e la sessualità, è importante l’analisi relativa all’idea di rimozione. Con questo termine Freud intende una sorta di autocensura della psiche a riconoscere, far emergere, dare significato a idee, ricordi, fantasie, desideri e pulsioni del nostro passato. Tali elementi continuano ad agire profondamente e segretamente dentro di noi, ma restano preclusi alla nostra coscienza. Essi si manifestano nei momenti di minor controllo della nostra ragione: ad esempio nei sogni, nelle visioni, ma anche attraverso gli atti mancati, i lapsus, i caratteri originali dei nostri atteggiamenti e del nostro linguaggio.

  15. Nell'arte e nella letteratura l'esistenza più o meno esplicitamente riconosciuta di una dimensione inconscia nell'animo umano, ha da sempre influenzato i linguaggi espressivi. In generale la scelta - apparentemente inspiegabile a livello comunicativo - di immagini, contesti, intrecci particolarmente lontani dalla realtà esperibile, si riconduce all'inconscio, che riproduce fertilmente - nell'abbandono dell'ispirazione artistica - ricchi repertori di elementi dal valore analogico e simbolico. In particolare il linguaggio poetico - con i suoi continui scarti semantici - sfrutta le potenzialità visionarie e talvolta allucinatorie del sogno e dell'immaginario in genere. Anche alcuni narratori sperimentano le potenzialità dell'inconscio, ricreando situazioni fortemente segnate da angosce, incubi, fobie, ansie persecutorie ( Poe, Kafka ) oppure dall'immagine conturbante del doppioche alberga misteriosamente nella nostra personalità ( Shelley, Stevenson, Wilde). Al di là degli esiti narrativi molto diversi, sarà interessante esaminare quali espedienti espressivi questi autori mettono in campo non solo per rappresentare la loro esperienza allucinatoria, ma anche in qualche modo per farla rivivere al lettore.

  16. Il grafo evidenzia quattro aree di analisi nella vastissima panoramica di ambiti e prospettive che abbraccia la tematica dell’inconscio. In basso a sinistra la parola chiave follia  richiama le degenerazioni, purtroppo stabili, della razionalità, che subisce la forza devastante dell'inconscio, perenne produttore di realtà sostitutive, provocando il pericolosoallontanamento dai rapporti comunicativi. In basso a sinistra si ricorda che il tema dell'inconscio è legato all'inscindibile legame della mente con il corpo, con i suoi desideri, le sue pulsioni, i suoi istinti. Esso si configura in Freud, ad esempio, come strumento per dar vita - in modalità simboliche e deviate - alla sessualità. Più generalmente la rimozione investe nel profondo la nostra psiche ed attinge - misteriosamente - dall'io i materiali per creare le sue realtà sostitutive ( sogni e visioni ad esempio). In alto a destra si richiamano alcune modalità di manifestazione dell’inconscio che la letteratura ha valorizzato. I concetti di memoria involontaria, di monologo interiore e di flusso di coscienza caratterizzano ogni recupero istintivo ed apparentemente incontrollato del passato, un passato perlustrato attraverso approssimazioni progressive, che fanno emergere sempre più nitidamente realtà ricomposte e rivisitate con gli occhi del presente. La casualità delle situazioni che producono lo scatto della memoria involontaria - accanto alla ricchezza delle elaborazioni mentali indotte – sono rintracciabili nell’opera di Proust Alla ricerca del tempo perduto e nell’opera di Joyce e Svevo. Tuttaviatale recuperodel passato appare - in molti casi - profondamente ambiguo, in quanto filtrato dalle esigenze della scrittura e dalle operazioni mentali che ne consentono il reinserimento nel reticolo narrativo.

  17. Il passato non è veramente enucleato come giacenza inesplorata dell'animo, ma piuttosto ricomposto grazie alle mediazioni del presente e ripresentato con tutti i compromessi ed i condizionamenti della suanuova collocazione.In tal senso la scrittura ( sotto forma di autobiografia, di diario, di confessione ) diventa un modoper rinnegare alcuni procedimenti della cura psicanalitica e riportare il discorso sul sè sotto l’alveo del controllo razionale. Infine nello spazio in alto a sinistra si richiama il legame che unisce le forze inconsce dell’animo alla caratterizzazioneanalogico-simbolicadella poesia moderna. Come si è già accennato solo l'abbandono dei legami comunicativi del linguaggio e l’assunzione dei suoi valori evocativi, associativi, correlativi, simbolici e metaforici... può produrre un'arte profonda e sincera, che accetta la sfida comunicativa con il lettore - ascoltatore, impegnandolo a penetrare in profondità l'individualità di ogni artista.

  18. ESILI EPIFANIE MUSICA DA CAMERA, 1907 GENTE DI DUBLINO, 1914 RITRATTO DELL'ARTISTA DA GIOVANE, 1917 ULISSE, 1918 LA VEGLIA DI FINNEGAN, 1934

  19. Scorcio dell'odierna Dublino: Cattedrale di St. Patrick;

  20. “Gente di Dublino” è una raccolta di 15 brevi storie, scritte per il settimanale “The Irish Homestead”. I protagonisti sono, come dice il titolo, dublinesi, ritratti in momenti di vita quotidiana. Proprio queste azioni comuni e banali rispecchiano i temi principali della raccolta, che ricorrono in tutte le storie: la paralisi e la fuga. La paralisi di cui parla Joyce è spirituale e morale, causa ed effetto della politica, religione e cultura irlandese del tempo, ma viene rappresentata nei racconti, spesso, attraverso una paralisi fisica o psicologica dei protagonisti, o tramite la descrizione di luoghi e oggetti vecchi e polverosi. L’acquisizione, da parte dei protagonisti, della consapevolezza di questa paralisi è il punto culminante del racconto, l’epifania. E’ questa rivelazione che rende l’episodio banale centrale nella vita dei protagonisti.La reazione a questa presa di coscienza è la fuga, che puntualmente fallisce. Nessun personaggio riesce a tagliare completamente i legami con il proprio mondo, né materialmente, né psicologicamente. Questa paralisi, questo senso di oppressione, impedisce loro anche di avere relazioni soddisfacenti con gli altri e col mondo. Attraverso l’abbondanza di banali dettagli, Joyce ci svela significati più profondi, e allo stesso tempo crea momenti di grande intensità emotiva. Ogni racconto è narrato dal punto di vista di un personaggio, con abbondante uso del discorso indiretto libero, e limitatissima intromissione del narratore. Il tipo di linguaggio utilizzato varia secondo l’età e la classe sociale del personaggio.

  21. Dublino agli inizi del Novecento

  22. Molti hanno visto quest’opera come semi-autobiografica, ed, in effetti, le somiglianze fra Stephen Dedalus, il protagonista, e il giovane Joyce sono molte: il college gesuita che Stephen frequenta, la vista debole, l’intelligenza acuta e la costituzione delicata. Ma la questione ha un’importanza relativa. In questo libro Joyce, come dice il titolo, offre “A portrait”, cioè UN ritratto dell’artista, con molti degli stereotipi che solitamente gli sono associati, primo fra tutti, l’alienazione dalla società. Il conflitto con la società si caratterizza nel conflitto col padre, con numerosi compagni, con la Chiesa e con l’istituzione politica, fino a sfociare nella decisione di un volontario esilio. Stephen passa dalla passiva accettazione dell’autorità, da bambino, alla ribellione; il romanzo si estende, infatti, dall’infanzia del protagonista alla sua decisione di partire, quando è ormai uno studente universitario. Il punto centrale della vita di Stephen, e di tutto il romanzo, è il momento in cui scopre la sua vocazione di scrittore, l’epifania più importante.Temi principali del libro, oltre all’oppressione e alla conseguente fuga, sono: la ricerca del padre, o meglio, di una figura paterna, poiché il vero padre di Stephen è per lui solo fonte di umiliazione; e il mito, come si può notare già dal nome del protagonista. Stefano è, infatti, il primo martire cristiano, così come Stephen è un martire dell’arte, e Dedalus richiama alla mente Dedalo, il mitico personaggio che deve “spiccare il volo” per fuggire dal labirinto. Il labirinto, politico e sociale, per Stephen è Dublino, dal quale deve “volare via”. Inoltre, Stephen scopre la sua vocazione vedendo una ragazza, sulla spiaggia, che egli paragona a un uccello marino, venuto a chiamarlo, a portargli il messaggio. La tecnica narrativa utilizzata è il flusso di coscienza.

  23. Portrait of an artist as a young man Trama 1. Stephen Dedalus vive, bambino, nell'Irlanda cattolica: il padre, Simon, è un magistrato; in casa sua si riuniscono i parenti e gli amici (lo zio Charles, la signora Dante, Riordan, Mr. John Casey) a discutere vivamente di politica (Parnell è stato ucciso). Stephen viene mandato in collegio dai gesuiti: Il suo maestro è il comprensivo Padre Arnall, ma il collegio è terrorizzato dal crudele padre Dolan, che picchia gli allievi sulle dita; quando questi lo punisce ingiustamente (ha rotto gli occhiali e non può fare i compiti), Stephen (che è il migliore della classe, ed un po' deriso dai compagni) va a chiedere giustizia dal rettore. 2. La vita collegiale è movimentata da alcuni episodi: una rappresentazione teatrale, l'amore platonico per una ragazza, le zuffe verbali e corporali con Vincent Heron e gli altri compagni che lo scherniscono per la sua segreta infatuazione, o lo stuzzicano criticando i suoi scrittori preferiti. Suo padre, un orgoglioso irlandese ed un fedele cattolico, lo educa ai sani principi della sua gente, e lo trasferisce nel collegio dove studiò lui stesso, ma Stephen, adesso padrone della propria vita, si dà alle spese folli e, nonostante la coscienza l’accusi di peccato mortale, va a conoscere il sesso in un bordello.

  24. 3. Durante il ritiro spirituale, suggestionato dalle severe prediche dei suoi insegnanti, Stephen viene colto dal terrore della perdizione; in preda ad un delirio di visioni apocalittiche, vaga per le strade finché trova la forza d'entrare in una chiesa e farsi confessare. Riconquista così la pace dell'anima, ed è ossessionato dall'idea di poter peccare di nuovo. Il peccato lo tormenta: ogni volta che si confessa deve confessare di nuovo lo stesso peccato; l'espiazione non ha fine. Lunghi deliri in un'atmosfera d'incubo descrivono i moti della coscienza di Dedalus, la sua subconscia interpretazione dei fatti della vita. 4. Il direttore del collegio pensa invece che, sia per il carattere, sia per il profitto dei suoi studi, Stephen sia vocato alla vita sacerdotale; ma Stephen non è attratto dalla grigia esistenza dei gesuiti: vuole vivere, "ricreare" continuamente "vita dalla vita". 5. All'università, gli studenti (fra cui Stephen, che è uno dei meno loquaci, ma anche dei più acuti), discutono di filosofia e politica; Stephen è ancora innamorato platonicamente della stessa ragazza che conobbe bambina, anche se è affetto da un senso di colpa per le proprie crisi di lussuria. Il suo credo si fa sempre meno ecclesiastico e più eretico, sempre meno patriottico e più universale. Stephen decide di lasciare l'Irlanda per andare incontro alla propria missione, benché sappia di spezzare il cuore di sua madre. Autobiografismo con flusso di coscienza intriso di lirismo.

  25. JAMES JOYCE E IL MONOLOGO INTERIORE La prima parte del XX secolo rappresenta un'epoca di sperimentazione in tutti i campi della cultura. Nella narrativa la ricerca di nuove forme espressive conduce i romanzieri ad un interesse nuovo nell'interiorità dei personaggi, nel contenuto e negli aspetti formali del romanzo. Sperimentando nuove forme i modernisti concentrano la loro attenzione sui processi mentali che si sviluppano nella mente umana, cercando di esplorarli attraverso la tecnica dello “strema of conscjousness”. Questa riguarda quell'area della mente umana che sta al di là della comunicazione e che non è quindi controllata razionalmente né logicamente ordinata. Le tecniche usate per esprimere il flusso di coscienza includono il " flash back ", la storia nella storia, l’uso di similitudini e metafore e di una particolare punteggiatura. Il metodo utilizzato per tradurre in parole il flusso di coscienza è il monologo interiore che disdegna spesso i passaggi logici, la sintassi formale e la punteggiatura convenzionale proprio per riflettere la sequenza caotica dei pensieri. James Joyce andò oltre, con l'uso del monologo interiore diretto, nel quale passa improvvisamente da un pensiero ad un altro senza alcun apparente rispetto delle regole grammaticali e sintattiche della lingua. Ammiratore di Walter Pater, Joyce fu influenzato dall'estetismo, soprattutto nel suo estremo interesse per la forma e nell'idea della totale indipendenza dell'arte dalla morale, sebbene dell'estetismo non condividesse il credo dell' " Arte per l'Arte " poiché per lui l'arte era necessariamente uno strumento di conoscenza.

  26. Il ruolo dell'artista non era quello di insegnare ma di presentare la realtà in tutti i suoi aspetti nel modo più impersonale ed oggettivo possibile e di lasciare al lettore la possibilità di comprenderla attraverso la sua personale percezione. Gli aspetti formali del romanzo erano quindi per Joyce estremamente importanti. Nelle sue opere adottò tecniche differenti, dalla narrazione in terza persona allo strema of conscjousness e differenti stili linguistici. " Ulysses ", scritto nel 1922, è considerato il capolavoro di Joyce e il punto di arrivo della sua sperimentazione. E' ambientato a Dublino e descrive gli eventi di un singolo giorno, il 16 giugno 1904, seguendo il percorso fisico e psicologico dei tre personaggi principali: Lepold Bloom, un uomo comune, sua moglie Molly e l’artista Stephen Dedalus. Il romanzo si apre con Dedalus che, rifiutato il padre, è alla ricerca di una figura che possa sostituirlo. La seconda parte descrive le attività giornaliere di Leopold dal momento in cui esce da casa per recarsi al lavoro al suo incontro con Dedalus. Leopold conduce quest''ultimo a casa dove sua moglie Molly è già a letto. Il romanzo, che non ha un intreccio tradizionale, è basato sui dettagli insignificanti della vita di tutti i giorni e della vita interiore dei personaggi. E' scritto con una varietà di stili e tecniche, è realistico ma anche altamente simbolico ed una chiave per la sua interpretazione è data dal parallelo con l'odissea omerica. I suoi 18 capitoli, infatti, corrispondono ad altrettanti episodi del poema omerico; Leopoldo Bloom rappresenta Ulisse, Molly Penelope e Stephen il figlio Telemaco. Ma l'eroe di Joyce è un uomo comune e le sue avventure sono gli avvenimenti della vita di un giorno qualunque in una città moderna. Alla fine della giornata egli fa ritorno a casa da una moglie infedele.Il monologo di Molly appartiene all'ultima parte del romanzo, intitolata Penelope, e ne è la conclusione.I pensieri e le impressioni di Molly sono presentati così come affiorano nella sua mente. L'autore non interviene mai a spiegarli, commentarli e ordinarli, raggiungendo in tal modo il massimo dell'oggettività. Essi non seguono né un ordine cronologico, passando dal presente al futuro immediato a specifici episodi del passato, né un ordine di causa-effetto. Le caratteristiche più evidenti del monologo sono: l'assenza di punteggiatura e di connessioni logiche, l’uso della prima persona, la ricorrenza di certe parole ed immagini.

  27. “ULYSSES" "Ulysses" è la chiave di volta della carriera artistica di James Joyce, e uno dei grandi successi della letteratura del XX secolo. Composto a Trieste e a Zurigo durante la I guerra mondiale e completato a Parigi dopo il conflitto, l'epica di Joyce esprime pienamente il caos e il dramma di "un mondo in transizione".L'opera rappresenta il massimo approdo artistico dello SPERIMENTALISMO linguistico e dell'analisi psicologica dell'autore che, rifacendosi alle peregrinazioni dell'Ulisse omerico, trasforma quelle peripezie nei movimenti di Leopold Bloom e del giovane Stephen Dedalus, per le strade di Dublino. I due personaggi sono destinati ad incontrarsi per una sorta di reciproco richiamo: l'uno, Leopold (Ulisse), rappresenta il "padre" che va alla ricerca del figlio, essendogliene morto uno in tenera età; l'altro, Stephen (Telemaco), raffigura il "figlio", che va alla ricerca di un padre che possa compensarne le carenze affettive e gli squilibri mentali ed interiori. Tutto ciò accade nell'arco dell'intera giornata del 16 giugno 1904 nella città di Dublino, dove avvengono l'incontro e la reciproca identificazione dell'uno nell'altro, con il finale ricongiungimento a casa di Leopold e di sua moglie Molly (Penelope). Joyce imposta l'opera su una suddivisione in tre momenti: la prima parte, "Telemachia", ovvero il figlio alla ricerca del padre; la seconda parte, "Odissea", ovvero le peregrinazioni di Leopold alla ricerca del figlio; la terza parte, "Nostos", cioè il ritorno dei due a casa. E proprio lo stesso Joyce, nel 1918, a proposito del romanzo, lo definirà come un' "Odissea moderna": si era rifatto ad Omero per guidare gli inquieti vagabondaggi del suo eroe moderno, Leopold Bloom. L'opera, però, non nasceva come un caso isolato, bensì si collocava come continuazione di due opere precedenti, "Dubliners" e "A portrait of the artist as a young man". Ne ereditava gli spunti autobiografici e le vicende interiori di alcuni personaggi, come Stephen Dedalus, ma, allo stesso tempo, ne approfondiva anche l'analisi psicologica, allargando lo sguardo alla città e smascherando la realtà desolata che essa racchiudeva e i suoi effetti sull'individualità.

  28. E la singola giornata che Joyce descrive riassume in sé tutti i valori negativi della moderna società postbellica: oramai non c'è più posto per l'autenticità dei rapporti umani, ma solo per le ipocrisie, per le volgarità, per le alienazioni, per il rifugio nelle fantasticherie sessuali (come in Molly Bloom), capaci di compensarw la tristezza e la mancanza d'amore. Ed è proprio in questo caso che si può parlare dell'"Ulysses" come "Odissea moderna": non più l'eroe classico, risoluto nei propri intenti, fermo nelle certezze, uomo d'ingegno e di grande forza interiore; ma l'uomo del '900, con la coscienza frantumata e i valori dissacrati, con le paure e le inquietudini; "l'uomo che ai mari sterminati sostituisce l'opprimente città, che trasforma il mito nella caotica società urbana". Ed è su quest'uomo che si posa l'occhio di Joyce, come testimone impietoso, ma anche sofferto, della crisi della nostra civiltà. Analizzando l'intera opera, mi è piaciuto soffermarmi sul famosissimo "MONOLOGO INTERIORE DI MOLLY BLOOM", nella parte finale del libro, rappresentante il disordinato e tumultuoso scorrere notturno dei flussi mentali della donna. E' difficile dare una caratterizzazione logico-razionale ad un contenuto mentale che si presenta come un "flusso di coscienza", come un'immediata registrazione del pensiero, colto nelle sue libere e analogiche associazioni in uno stato di dormiveglia. Siamo nella parte terminale dell'opera: il personaggio è rappresentato in un momento di insonnia alle due e un quarto di notte, nel pieno delle sue divagazioni sul sonno. Ed ecco, in un susseguirsi simultaneo di immagini, i cinesi che già si stanno alzando, data la differenza di fuso orario tra Dublino e la Cina; l'angelus dublinese che sta quasi per suonare; la "sveglia di quelli accanto" che "al primo chicchirichì si fa uscire il cervello a forza di far fracasso" ed, infine, il tentativo di contare per addormentarsi. Dal nulla, poi, come frutto dell'inconscio, sorgono nella mente di Molly simbolismi floreali, che si configurano nell'idea di "una bella piantina" e nel desiderio di sentirsi circondata da rose. Tutto ciò nasconde la straordinarietà del personaggio, amante della natura e sensibile verso "ogni specie di forme e odori e colori", segno, questi, della presenza regolatrice di Dio, negato dagli "atei" che, comunque, non hanno alcun potere sulla natura da riuscire ad "impedire che domani sorga il sole".

  29. Ed è a questo punto che la naturalità e la femminilità di Molly emergono, definendosi meglio come vera e propria sensualità. La libera associazione di idee, infatti, si focalizza sull'immagine del sole che, prima è visto come fatto astronomico, poi si trasforma nel simbolo del calore passionale, "e il sole splende per te disse lui". Affiora il ricordo del primo bacio datole dal marito 16 anni prima, immersi nello scenario naturale dei rododendri, il cui colore rosso si tinge di simbolismi sessuali, perché segno della passione. E di qui il pensiero corre verso il primo rapporto amoroso con il marito, tra il profumo del suo petto femminile, i battiti impazziti del cuore del giovane e l'inno finale alla vita e alla speranza, scandito dal cadere vorticoso di quei "sì", nei quali si condensa tutto l'impeto istintuale, la fisicità travolgente e l'accettazione incondizionata del suo essere donna. La grande rivoluzione dell'"Ulysses" si ha, proprio, nella particolare tecnica narrativa di cui si serve Joyce, lo "stream of consciousness", il "flusso di coscienza", e di cui il monologo di Molly è il migliore esempio. Esso si risolve nell'adesione immediata dello scrittore allo svolgersi dei pensieri, delle percezioni sensoriali, degli stati d'animo, delle emozioni, delle associazioni di pensieri, colte in una zona della psiche in cui le parole scorrono fluide e libere, caotiche e disordinate, prive di strutture causali e consequenziali. Ciò significa, quindi, disgregare sintatticamente la frase, abolire la punteggiatura, sperimentare nuovi linguaggi e nuovi stili, deformare le parole ed eliminare ogni ordine logico-grammaticale. Con il flusso di coscienza il narratore funge da "registratore del pensiero", riproducendolo allo stato puro, nel suo attuarsi. E' questo un "viaggio all'interno della coscienza", dove l'autore "si è proposto non soltanto di rendere, nei minimi particolari, con estrema precisione e bellezza, gli spettacoli e i suoni tra cui si muovono i suoi personaggi, ma, rivelandoci il mondo come essi lo percepiscono, di scoprire quel vocabolario e quel ritmo che, unici, possano rappresentare il pensiero di ognuno." E l'arte di Joyce è pienamente riuscita nei suoi intenti.

  30. Joyce a Trieste Joyce arrivò a Trieste per la prima volta il 20 ottobre 1904, attratto dalla possibilità di ottenere un posto di insegnante presso la locale Berlitz School. Purtroppo, però, il posto che gli era stato prospettato non era disponibile ed egli fu indirizzato a Pola - la principale base navale austriaca sulla costa istriana - dove da poco avevano aperto una nuova sede della scuola. A Pola Joyce rimase fino agli inizi di marzo del 1905 quando - finalmente - potè rientrare a Trieste in tempo per la nascita, il 27 luglio 1905, del primo figlio avuto dalla sua compagna, Nora Barnacle, cui venne dato il nome di Giorgio. 

  31. Ben presto, in ottobre, la famiglia si allargò a comprendere il fratello di James, Stanislaus, che a sua volta si trasferì dall'Irlanda nella città adriatica e a sua volta ottenne un posto di insegnante alla Berlitz School. Nel giugno del 1906 James e Nora si trasferirono a Roma, dove Joyce aveva trovato un impiego presso la Nast, Kolb & Schumacher Bank, ma già nel marzo del 1907 fecero ritorno a Trieste. In aprile di quell'anno, Joyce ebbe occasione di tenere delle conferenze per conto dell'UniversitàPopolare e in maggio riuscì a far pubblicare Chamber Music. Sempre in maggio, Joyce si ammalò gravemente di una “febbre reumatica”, che lo rese inabile per molti mesi. Il 26 luglio nacque la figlia Lucia. Durante questo periodo Joyce iniziò a rimaneggiare Stephen Hero e il Portrait, tentò di pubblicare Dubliners e, nel corso dell'autunno 1907, lasciò la Berlitz School per insegnare privatamente a diversi allievi della buona borghesia, fra cui Italo Svevo. Nell’agosto 1908 Nora ebbe un aborto e la coppia perse il terzo figlio. In questo terribile anno Joyce cominciò a prendere lezioni di canto al Conservatorio di Musica di Trieste con il maestro triestino Romeo Bartoli e nel luglio 1909 prese parte al quintetto dell’opera Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner. Nell’estate del 1909 Joyce si recò a Dublino per presentare il figlio Giorgio alla sua famiglia, ritornandovi una seconda volta in autunno per sovrintendere all’apertura del cinema "Volta": un'iniziativa imprenditoriale promossa dallo stesso Joyce e destinata a un rapido fallimento. Rientrato a Trieste nel gennaio del 1910, trascorse i due anni successivi continuando a insegnare privatamente in una scuola serale e tentando più volte di pubblicare Dubliners. Nel febbraio del '12 tenne altre conferenze all’ Università Popolare, occupandosi di Blake e Defoe. In aprile si recò a Padova per sostenere gli esami di abilitazione che gli avrebbero permesso di insegnare nelle scuole statali italiane; superò la prova in modo brillante, ma invano, perché il suo titolo di studio non fu riconosciuto in Italia. Nell’estate del 1912 ritornò in Irlanda con Nora e Lucia, facendo tappa anche a Galway.

  32. In settembre, dopo il ritorno a Trieste, la famiglia Joyce si trasferì in via Bramante, 4. Dal novembre 1912 fino al febbraio 1913, Joyce diede una serie di conferenze su Amleto, mentre nell'ottobre di quel 1913 iniziò ad insegnare alla Scuola Superiore di Commercio Revoltella. È del dicembre 1913 il primo contatto con il poeta americano Ezra Pound, che desiderava pubblicare alcuni dei suoi versi e, a partire da questo momento, la fortuna letteraria di James Joyce ebbe una decisa impennata: il suo Portrait of the Artist as a Young Man, appena portato a termine, venne pubblicato a puntate su "The Egoist" nel 1914 e Dubliners vide finalmente la luce nel maggio di quell’anno. Inoltre, in quel periodo, Joyce scrisse Exiles e iniziò a progettare e a stendere alcune parti di Ulysses. Allo scoppio della prima Guerra Mondiale, tuttavia, la situazione della famiglia Joyce si fece una

  33. volta di più precaria: già nel dicembre del 1914 Stanislaus, in quanto suddito di un paese nemico, fu internato; il fratello maggiore non subì la stessa sorte, ma la Scuola Revoltella chiuse nel 1915 per mancanza di studenti e insegnanti e i Joyce dovette lasciare Trieste alla volta di Zurigo alcune settimane dopo. La famiglia potè fare ritorno a Trieste solo nell’ottobre 1919, rimanendovi fino al giugno del 1920. Durante questo periodo Joyce riprese a insegnare alla Scuola Revoltella. Scrisse  Nausicaa e Oxen of the Sun, due episodi dell'Ulysses, e iniziò l’episodio intitolato Circe. Tuttavia Joyce non si sentiva più a casa propria in questa sua città adottiva e, dopo aver incontrato Ezra Pound a Sirmione, si lasciò convincere a trasferirsi a Parigi. Non sarebbe mai più ritornato a Trieste, ma avrebbe mantenuto i contatti con i suoi amici triestini fino agli ultimi giorni della sua vita. Quando Joyce lasciò Trieste per l’ultima volta nel luglio 1920, quasi 16 anni dopo il suo primo arrivo nella città adriatica nell’ottobre 1904, stava abbandonando il luogo dove aveva scritto e aveva visto pubblicate tutte le sue opere giovanili – Chamber Music, Dubliners, Portrait of the Artist as a Young Man, Exiles e Giacomo Joyce e dove aveva steso i primi, importantissimi episodi di Ulysses, il romanzo che ha cambiato il corso della letteratura moderna già prima del 1922, data della sua pubblicazione. Non solo: stava anche lasciando la città nella quale, all’ età di 38 anni, aveva trascorso la maggior parte della sua vita adulta. PANORAMA

  34. Quando parliamo del rapporto fra lo scrittore James Joyce e la città di Trieste, quindi, stiamo parlando di un aspetto estremamente significativo non solo della sua biografia ma anche della sua evoluzione in quanto autore, oltre che di un dato essenziale per comprendere a fondo alcune caratteristiche delle sue opere. Se Dublino fu la città dove la personalità di Joyce venne creata e plasmata, Trieste è quella dove si sviluppò e maturò; il luogo in cui, per dirlo con le parole del noto romanziere irlandese Colm Toibin, «Joyce crebbe». Trieste fu il periplum di Joyce come il Mediterraneo era stato quello di Ulisse; fu il luogo in cui navigò per più di dieci anni, in cui conobbe molte persone che dovevano avere un ruolo importante nella sua vita. Fu il luogo in cui ebbe molte esperienze diverse e fondamentali: qui divenne padre di due bambin,i perdendone però un terzo in seguito ad un aborto; qui incontrò la malattia, la dura povertà e una lunga serie di problemi personali e letterari, ma conobbe anche un crescente numero di successi. A Trieste fu insegnante, conferenziere, giornalista, impiegato, studente di canto, traduttore, aspirante imprenditore (oltre che "marito", padre, fratello e amico - o conoscente - di molti componenti dell’élite economica, politica e intellettuale della città). A Trieste Joyce sviluppò e perfezionò la sua arte, traendo molta della sua ispirazione da fatti, persone e luoghi che vi vide ed elaborandone i caratteri nelle sue rivoluzionarie opere.

  35. STORIA

  36. La 1° guerra mondiale

  37. Il 28 Giugno 1914 l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico era in visita ufficiale a Sarajevo, in Bosnia. Un gruppo di studenti organizzò un attentato e uno di loro, Gavril Prinzip, mischiatosi nella folla riuscì a uccidere l’Arciduca e a ferire gravemente la moglie.Gli attentatori lottavano per l’indipendenza della Bosnia e dell’Erzegovina, due paesi annessi all’Impero austro-ungarico pochi anni prima. Essi erano stati aiutati da un regno slavo della penisola balcanica, la Serbia mirava a espellere l’Austria dalla penisola balcanica ed assumere il ruolo di stato guida di quell’area. Per questa ragione l’Austria ritenne la Serbia responsabile dell’attentato e il 28 Luglio bombardò Belgrado, la sua capitale. In realtà l’assassinio non fu che un semplice pretesto per scatenare una guerra che era già nell’aria da tempo e che appariva come conseguenza quasi inevitabile della scelte politiche ed economiche effettuate dalle grandi potenze industriali nel trentennio precedente. Le cause politiche del conflitto erano il contrasto tre Austria e Russia per il controllo dei Balcani e il contrasto tra Germania e Francia per le regioni dell’Alsazia e la Lorena.A queste ragioni politiche se ne aggiungevano altre di natura economica: ogni potenza infatti desiderava accaparrarsi nuovi mercati per la vendita dei prodotti e nuove regioni da cui trarre materie prime.

  38. La guerra non rimase un conflitto circoscritto ai due contendenti ma si estese rapidamente, coinvolgendo tutte le potenze europee. In pochi giorni si verificò una catena di dichiarazioni di guerra: la Russia intervenne in favore della Serbia dichiarando guerra all’Austria, la Germania in nome della Triplice Alleanza entrò in guerra contro la Russia e contro la Francia. L’entrata in guerra della Francia chiamò in causa l’Inghilterra. In pochi mesi tutti gli Stati europei entrarono in guerra in conseguenza del fatto che dagli inizi del secolo l’Europa era divisa in due blocchi contrapposti: l’Intesa tra Francia, Inghilterra e Russia e la Triplice Alleanza tra Austria, Germania, e Italia. Ora, le possibilità erano due: o guerra o pace generale, ma le ostilità fra Austria e Serbia sembravano favorire la prima prospettiva. Ma la guerra generale uscì dai confini europei infatti il 23 agosto il Giappone scese in guerra a fianco dell’Intesa . scoppiava cosi la prima guerra mondiale. La situazione di tensione tra le grandi potenze portò ad una politica sempre più aggressiva, che scatenò una corsa agli armamenti. L’esplosione della guerra dipese anche dalla diffusione del nazionalismo che però di trasformò in aggressività imperialistica e in spirito di potenza, in odio per lo straniero e il razzismo ma soprattutto nell’esaltazione della guerra.

  39. In un primo tempo il governo italiano dichiarò la sua neutralità perchè sebbene fosse legata ad Austria e Germania nella Triplice alleanza gli accordi prevedevano che ognuno dei tre stati sarebbero dovuti intervenire a fianco degli altri soltanto in caso di guerra difensiva. Via via che il conflitto si andava allargando l’Italia si divise tra neutralisti e interventisti. Facevano parte del fronte interventista i liberali più conservatori guidati da Salandra e da Sonnino e appoggiati dal re e quindi dai nazionalisti. Gli interventisti democratici invece, vedevano nella guerra l’occasione per completare l’unità d’Italia. Vi erano poi alcuni gruppi di socialisti rivoluzionari guidati da Benito Mussolini che vedevano la guerra come l’inizio di un processo sociale rivoluzionario. Mentre erano neutralisti i liberali Giolittiani i quali ritenevano che l’Italia avrebbe potuto ottenere per via negoziale dall’Austria quelle concessioni territoriali che gli interventisti si proponevano di conquistare con una guerra. Infatti Giolitti era convinto che la guerra sarebbe stata molto lunga. Gli interventisti svolsero un’intensa opera di propaganda. Il 26 Aprile 1915il ministro Sonnino si accordò con l’Intesa all’insaputa del parlamento, firmando il Patto di Londra, in cui l’Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese e avrebbe ottenuto, in caso di vittoria molte acquisizioni territoriali. Il 24 Maggio 1915 l’Italia entrò in guerra a fianco dell’Intesa. L’esercito italiano si schierò su un fronte di oltre 600 chilometri sul confine nord-orientale.

  40. Col passare del tempo appariva ormai chiaro che la guerra di trincea non avrebbe mai portato a vittorie definite. La Francia e l’Inghilterra avevano praticato un blocco del commercio marittimo ai danni dell’imperi centrali sequestrando i prodotti di guerra. Ogni tentativo della flotta tedesca di lasciare i porti del mare del Nord veniva sistematicamente stroncato dalle corrazzate inglesi. Così la Germania diede inizio alla guerra sottomarina, condotta con i piccoli ma micidiali sottomarini U-Boote. La caratteristica principale del conflitto del 1914-18 è che esso coinvolse non soltanto eserciti e governi, ma anche le popolazioni civili. La guerra di trincea, costosa e logorante , imponeva sacrifici non soltanto ai soldati: in quasi tutti i paesi la popolazione soffrì gravi restrizioni. Nel 1917 la situazione alimentare divenne particolarmente critica in Austria e in Germania ma anche in Russia e in Italia le cose non andavano meglio. Alle difficoltà per reperire i generi alimentari si aggiungeva un generale rialzo dei prezzi. Si diffusero anche malattie come il tifo la tubercolosi e il colera. All’inizio la guerra era stata accolta in ogni paese con entusiasmo, anche grazie all’intensa opera di propaganda a favore del conflitto. Anche i partiti socialisti europei malgrado la loro iniziale opposizione, avevano poi appoggiato la scelta di entrare in guerra.

  41. Nel frattempo però l’immobilismo della guerra di trincea sembrava allontanare la fine del conflitto. In Francia, Inghilterra e Italia si formarono dei governi coalizione nazionale, ma malgrado questi provvedimenti, l’opposizione alla guerra continuava a crescere. I lavoratori entrarono in sciopero e dettero vita a manifestazioni spesso violente. Anche l’atteggiamento dei soldati al fronte iniziò a cambiare e si diffuse un clima di rassegnazione e di ribellione. Si incominciarono a vedere anche diversi episodi di diserzione. IL 1917 fu un anno molto difficile la rivoluzione russa e l’intervento degli stati uniti nel conflitto furono eventi molto importanti per l’evoluzione della guerra. Il 3 marzo del 1918 venne definitivamente firmata la pace tra russi e tedeschi la resa della Russia andava a favore degli imperi centrali ma un peso maggiore ebbe la decisione degli Stati Uniti di entrare in guerra a fianco dell’intesa. Fin dall’inizio del conflitto gli aiuti economici degli americani erano stati fondamentali per gli eserciti anglo-francesi. Quando nel 1915 i sottomarini tedeschi affondarono per sbaglio la nave-passeggeri inglese Lusitania il presidente Wilson aveva avvertito la Germania che se fossero continuati gli attacchi sottomarini gli Stati Uniti sarebbero intervenuti. Nel 1917 per bloccare rifornimenti americani all’Inghilterra la Germania aveva annunciato una guerra sottomarina totale,che prevedeva l’affondamento i tutte le navi di qualunque tipo.Con questa guerra sottomarina gli Stati Uniti volevano salvaguardare la libertà di commercio. Dopo il ritiro della Russia, Austria e Germania hanno concentrato tutte le loro forze sul Fronte italiano; Il 24 ottobre fu sferrato un attacco a Caporetto a cui L’esercito italiano affiancato da Cadorna non riuscì a resistere.

  42. La “rotta” di Caporetto testimoniò la disorganizzazione,l’incapacità strategica e la mancanza di compattezza delle truppe italiane. Quando tutto sembrava perduto il paese diede prova di un forte capacità di reazione e formò un governo di solidarietà nazionale con a capo Vittorio Emanuele Orlando. Cadorna fu destituito e il comando dell’esercito fu affidato al generale Armando Diaz. Per ottenere di nuovo la fiducia dei soldati il governo promise vantaggi economici per il dopo guerra, inclusa una distribuzione di terre ai contadini. Grazie a questo progetto e ad una mobilitazione eccezionale Diaz riuscì ad arginare la rotta delle truppe italiane. Nella primavera del 1918 l’esercito tedesco sferrò una grande offensiva per cercare dei piegare la Francia. Tra Marzo e Luglio il fronte occidentale venne sfondato più volte e le truppe tedesche penetrarono nelle linee degli anglo-francesi; I quali sferrarono un violento e vittorioso contrattacco che sfondò il fronte tedesco. L’imperatore tedesco propose un armistizio, ma il comando dell’Intesa pretese una resa totale. Dopo aver resistito con successo agli attacchi austriaci L’esercito italiano Riuscì a sconfiggerli definitivamente a Vittorio Veneto il 24 ottobre 1918. L’Austria firmò l’armistizio il 4 Novembre 1918 e la Germania l’11. La grande guerra era finita ma si lasciava alle spalle una pesante eredità di distruzioni economiche, di conflitti sociali e di tensioni politiche.

  43. Il periodo che precedette il primo conflitto mondiale fu caratterizzato da unperiodo relativamente stabile e pacifico, che degenerò a partire dal 1914: il mondo intero fu letteralmente sconvolto in proporzioni fino allora ancora sconosciute. Sono molte le ragioni per cui la Prima Guerra Mondiale, conosciuta anche con il nome di “Grande Guerra” si differenziò nettamente da tutte quelle che la precedettero. LE TAPPE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

  44. Per la prima volta furono coinvolte in un conflitto nato nel cuore dell'Europa anche le potenze extra-europee, come Giappone e Stati Uniti. Inoltre la 1 Guerra  Mondiale fu caratterizzata dall'utilizzo da parte di tutte le nazioni coinvolte di uno spiegamento di forze senza precedenti e dall’utilizzo di nuove armi: gli aerei, inventati pochi decenni prima, i carri armati e sottomarini. Fu introdotto anche l’utilizzo delle più devastanti armi chimiche. Ma il motivo principale che differenzio la Prima Guerra Mondiale da tutti gli altri conflitti antecedenti furono gli effetti: si trattò proprio di una guerra “totale”, che coinvolse tutta la compagine degli Stati belligeranti: non solo a livello bellico, ma anche economico, amministrativo e politico. Notevole, inoltre, l’utilizzo di mirate campagne propagandistiche. Le cause del conflitto sono da ricercarsi, da una parte, nella crisi dei rapporti internazionali europei, dall’altra, nella rapida e significativa ascesa della Germania a potenza navale, con conseguenti ripercussioni sul mondo coloniale. Inoltre, nei movimenti nazionalisti e irredentisti, specie nelle seguenti zone strategiche dell’Europa: Balcani, Alsazia, Lorena, Trentino e Trieste. Il pretesto fu dato dall’attentato a Sarajevo, ai danni dell’erede al trono austriaco Francesco Ferdinando, da parte di un indipendentista slavo. L’Austria mandò immediatamente un ultimatum alla Serbia, la quale, rifiutandosi di scendere a patti, emise la dichiarazione di guerra il 28 luglio del 1914.

  45. Il sistema delle alleanze fu presto stabilito. Da una parte si schierarono l’Austria e la Germania, dall’altra l’Inghilterra, la Francia e la Russia, mobilitate in difesa della Serbia. La Germania invase quindi la Francia, passando attraverso il Belgio e violandone così la neutralità, cosa che suscitò molto scalpore soprattutto in Inghilterra, che per questo motivo scese in campo al fianco delle truppe francesi. L’intenzione tedesca era di portare avanti una “guerra di movimento”, rapida e veloce, ma il tentativo fallì: il conflitto si rivelò lungo ed estenuante, in quel che fu definita una “Guerra di Trincea”. Dopo l’avanzata tedesca in Francia ed il blocco continentale operato dalla flotta inglese, nel 1915 anche l’Italia entra in guerra. In quel periodo l’opinione pubblica era divisa i due fazioni, da una parte c’erano i “neutralisti”, dall’altra gli “interventisti”. Il 26 aprile del 1915, il governo italiano si alleò segretamente con la Triplice Intesa (Inghilterra, Francia, Russia), stipulando il Patto di Londra. Attraverso tale accordo, l’Italia si impegnava nella guerra contro l’Austria ed, in caso di vittoria, avrebbe dovuto ottenere le terre irredente di Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Istria e della la città di Valona, in Albania. Il 23 maggio le truppe italiane entrarono in guerra. Sul fronte italo-austriaco, il conflitto si presentò subito estremamente lento, combattuto nelle trincee scavate nelle montagne del Friuli da soldati reclutati tra le fasce più povere della popolazione.

  46. Il sistema delle alleanze fu presto stabilito. Da una parte si schierarono l’Austria e la Germania, dall’altra l’Inghilterra, la Francia e la Russia, mobilitate in difesa della Serbia. La Germania invase quindi la Francia, passando attraverso il Belgio e violandone così la neutralità, cosa che suscitò molto scalpore soprattutto in Inghilterra, che per questo motivo scese in campo al fianco delle truppe francesi. L’intenzione tedesca era di portare avanti una “guerra di movimento”, rapida e veloce, ma il tentativo fallì: il conflitto si rivelò lungo ed estenuante, in quel che fu definita una “Guerra di Trincea”. Dopo l’avanzata tedesca in Francia ed il blocco continentale operato dalla flotta inglese, nel 1915 anche l’Italia entra in guerra. In quel periodo l’opinione pubblica era divisa i due fazioni, da una parte c’erano i “neutralisti”, dall’altra gli “interventisti”. Il 26 aprile del 1915, il governo italiano si alleò segretamente con la Triplice Intesa (Inghilterra, Francia, Russia), stipulando il Patto di Londra. Attraverso tale accordo, l’Italia si impegnava nella guerra contro l’Austria ed, in caso di vittoria, avrebbe dovuto ottenere le terre irredente di Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Istria e della la città di Valona, in Albania. Il 23 maggio le truppe italiane entrarono in guerra. Sul fronte italo-austriaco, il conflitto si presentò subito estremamente lento, combattuto nelle trincee scavate nelle montagne del Friuli da soldati reclutati tra le fasce più povere della popolazione.

  47. Nel 1917, si ribaltò la situazione, con l’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti a fianco della Triplice Intesa ed il ritiro della Russia, impegnata entro i propri confini con la Rivoluzione. L’offensiva austriaca divenne sempre più pressante, finché l’esercito italiano subì la famosa sconfitta di Caporetto, il 24 ottobre del 1917, con gravi ripercussioni anche sulla vita economica e sociale del Paese. Ebbero infatti inizio una serie di scioperi e di manifestazioni, tali da costringere il governo a fare grandi promesse ai soldati, al fine di risollevarne il morale, evitando defezioni ed ammutinamenti. Il 1918 fu l’anno decisivo del conflitto, che ne segnò anche la conclusione della Prima Guerra Mondiale con la vittoria della Francia. Sul fronte italo-austriaco, l’esercito italiano, guidato dal un nuovo generale Armando Diaz, riuscì a conquistare Trento e Trieste, stipulando un armistizio con l’Austria e giungendo finalmente alla pace. La Conferenza di Pace di Parigi penalizzò duramente i paesi perdenti, in particolar modo la Germania, facendo prevalere gli interessi delle due potenze europee: Francia ed Inghilterra. All’Italia furono concessi i territori di Trentino, Alto Adige, Trieste ed Istria. Dallo smembramento dell’impero austro-ungarico nacquero quindi nuove realtà territoriali e politiche: l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia. Rimase però sospesa la questione della città di Fiume, poiché non ne venne prevista l’annessione all’Italia.

  48. Fu così che, nel settembre del 1919, un gruppo di volontari guidato dal poeta Gabriele D’Annunzio, prese possesso della città, instaurandovi un governo definito “Reggenza del Carnaro”. In seguito, la città di Fiume venne liberata con il trattato di Rapallo, stipulato tra Italia e Jugoslavia. A livello internazionale, ad ogni modo, le soluzioni dei diversi trattati di pace si dimostrarono poco rispettose nei confronti delle varie identità nazionali, alimentando le cause che spinsero le potenze mondiali a scontrarsi in un nuovo e devastante conflitto mondiale.

  49. Concezione di Totalitarismo e Democrazia nel XX° secolo La manifestazione storica del Totalitarismo in quest’ultimo secolo ha assorbito connotazioni completamente differenti rispetto al Totalitarismo antico nella Grecia e Roma antica, anche se le analogie con esse non mancano certamente. Il termine Totalitarismo venne utilizzato inizialmente da Benito Mussolini per indicare quel regime volto all’unificazione della società tramite anche la violenza e con basi l’antidemocrazia e antiliberalità. Tuttavia nei corsi dei decenni si sono fatte lettura alquanto superficiali ed errate riguardanti il fenomeno del totalitarismo. Dopo il secondo conflitto mondiale, venne utilizzato durante la Guerra Fredda da parte dei Paesi liberali per accomunare, in modo propagandistico, tutti quei Paesi facenti parti al blocco sovietico.

  50. Al contrario un regime totalitario ha delle caratteristiche piuttosto differenti da quelle degli Stati sovietici. L’origine del blocco Sovietico e di quello Occidentale, in particolare, fu dovuto alla spartizione dell’Europa da parte dei vincitori del conflitto mondiale, fu quasi un Totalitarismo nato per necessità di un ordine che era stato destabilizzato dalla guerra. Il Totalitarismo sovietico post-stalinista era differente dal regime di Stalin già per tipologia, non era un totalitarismo negativo assoluto, ma era un totalitarismo negativo rappresentativo o oligarchico cioè presentava un grandissimo apparato burocratico, e il potere esecutivo era effettivamente in mano ad un partito unico. Il totalitarismo stalinista come quello hitleriano e mussoliniano era ben differente da quei totalitarismi sviluppatosi nella seconda metà del ‘900. Il termine totalitarismo, quindi, negli ultimi 50 anni è stato altamente abusato e spropriato dei suoi effettivi valori. Il totalitarismo divenne ciò che è negativo, o il male manifestato nella politica e nella cultura; questa concezione venne ampliata soprattutto dagli Stati Uniti, come già detto, dopo il conflitto mondiale. Si cercò, cioè, di dividere la sfera politica mondiale, in due sfere caratteristiche e valori completamente differenti: l’una doveva esse necessariamente la manifestazione del bene, dell’unica speranza di giustizia, la “protettrice” della democrazia, rappresentata dai Paesi liberali anglo-sassoni; l’altra, invece, doveva essere l’essenza del bisogno, della povertà e miseria.

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